“Sessualità” può fare rima con “santità”? Rispondendo ad una modella

coppia

Una modella ironizza sul fatto che “diventerà santa”, perché da un po’ non ha rapporti sessuali con nessuno. Tuttavia, il sesso non è qualcosa di sbagliato o sporco in sé. Esistono sposi santi (che vivono il vincolo sessuale) e sacerdoti o suore santi (che non lo vivono). Non è avere rapporti sessuali oppure no a renderci persone più o meno pure; il punto è – se si ha questo tipo di legame – come lo si vive, con chi, perché.

Una modella e influencer, di cui non farò il nome, ha dichiarato sui social di essere diventata praticamente “santa” perché non sta facendo sesso da un po’. “D’altronde, siamo anche in Quaresima”, ha aggiunto, per poi spiegare che l’organo sessuale più attivo, in lei, è il cervello. Se non è attratta mentalmente da una persona, non riesce a provare attrazione. E quindi “anche fosse solo per un’avventura, deve valerne la pena, devo essere coinvolta”.

In più occasioni la sessuologa e consulente famigliare Nicoletta Musso Oreglia ha affermato che una reale attrazione e dunque il vero piacere nell’intimità si provano quando si stabilisce un contatto tra due persone che sia molto più di un contatto fisico.

Tuttavia, è interessante riflettere sulla prima parte del discorso della modella e sulla conclusione. Emerge chiaramente, dalle sue parole, una visione per cui “fare sesso” equivalga a “peccare” (non essere “bravi”); al contrario non farlo significa “essere santi”, come se ci fosse qualcosa di “sporco” nel sesso; mentre l’astinenza è di per sé sinonimo di “purezza”.

Questa equazione, però, è molto forviante e cozza con la visione cristiana sulla sessualità. È in netto contrasto con la cosiddetta teologia del corpo, di Giovanni Paolo II.

Perché?

Andiamo con ordine.

  1. Il discrimine, per condurre una vita pura e dunque “santa” non è nell’avere rapporti sessuali oppure no.

Esistono sposi santi (che vivono dunque il vincolo sessuale) e sacerdoti o suore santi (che non lo vivono).

Non è avere rapporti sessuali oppure no a renderci persone più o meno sante; il punto è – nel caso in cui si ha questo tipo di legame – come lo si vive, con chi, perché.

In sostanza, ti doni all’altra persona o la usi?

La accogli, o è solo è un gioco?

La vuoi custodire per sempre o non vuoi assumerti questa responsabilità?

Leggi anche: Da marito dovrei chiedermi: “Come desidera essere amata mia moglie?” E viceversa… (puntofamiglia.net)

  1. Una sessualità vissuta nell’amore dona pace, non rimorsi!

Forse la ragazza si ritiene “santa” nel momento in cui si trova nell’astinenza e nella continenza sessuale, perché, quando invece vive dei rapporti sessuali, non lo fa all’interno di un progetto di vita stabile (quale il matrimonio), ma nell’ambito di relazioni precarie o per puro piacere, senza impegno (“anche fosse solo un’avventura deve valerne la pena”).

È un peccato che i ragazzi pensino che avere rapporti sessuali sia qualcosa di sporco in sé, perché non è la verità. Al contrario, l’intimità sessuale è un’occasione unica per dedicarsi attenzioni, cura, amore.

E se vivi la tua sessualità nella logica del dono non avverti una frattura, non ti senti diviso o divisa tra ciò che “dovresti fare” e ciò che “fai”. Una sessualità vissuta come appartenenza nell’amore non crea rimorsi, scrupoli, senso di fatica o di colpa, non toglie pace, non fa sentire di essere nel peccato. Ci si sente solo più uniti, più liberi, più in pace, più sereni.

  1. La castità è la virtù che dona armonia e pace interiore

Sarebbe così bello se i giovani potessero capire che “sessualità” può fare rima con “santità”! Due sposi, infatti, che nel reciproco dono rafforzano la loro unione proprio mediante il vincolo sessuale, si santificano! E vivono la gioiosa esperienza di un’intimità liberata e liberante. Sanno che quell’aspetto, così centrale e insostituibile nella loro relazione, li rende più vicini, più capaci di comunione, più forti nella vita insieme.

Dobbiamo testimoniare tutto questo con forza, dobbiamo far capire ai ragazzi che la sessualità può essere vissuta nella pace: dipende da quanto siamo guariti nella nostra affettività e da quanto sincero sia il dono che viviamo con il nostro corpo.

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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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