Disabilità Che ne sarà dei nostri figli disabili “dopo di noi”? Autore articolo Di PUNTO FAMIGLIA Data dell'articolo 5 Luglio 2019 Nessun commento su Che ne sarà dei nostri figli disabili “dopo di noi”? di Ida Giangrande A Tarquinia una iniziativa della Onlus “Semi di pace” sperimenta percorsi di autonomia per ragazzi con disabilità dal titolo “Noi speriamo che ce la caviamo da soli…”. La disabilità non è un problema da affrontare ma una condizione da vivere imparando a farlo passo dopo passo. Una delle maggiori preoccupazioni dei genitori di figli con disabilità è proprio il domani. La domanda più frequente “cosa accadrà quando noi non ci saremo più?”. Una prospettiva che spaventa e a cui la società civile in qualche modo è chiamata a far fronte. È in questa logica che si colloca l’iniziativa della Onlus “Semi di pace” di Tarquinia (VT) promotrice di un progetto di sperimentazione di percorsi di autonomia per ragazzi con disabilità dal titolo “Noi speriamo che ce la caviamo da soli…”. Si tratta di un progetto finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e che coinvolge tredici associazioni in dodici regioni nel tentativo di risposta alle disposizioni della legge 112/2016, nota come legge sul “dopo di noi”. Interessante il commento che la referente del progetto, Nina Maurizi ha rilasciato all’Agenzia Sir: “La nostra associazione ha sperimentato il primo progetto di autonomia nel 1995. Questo nuovo programma permette di strutturare meglio un servizio per cui l’obiettivo non è agire sull’emergenza ma lavorare per un percorso graduale verso l’autonomia”. Il progetto, che a livello nazionale interessa 52 persone con disabilità, 26 operatori e 108 volontari, a Tarquinia coinvolge 10 ragazzi con disabilità soprattutto psichiche dai 15 ai 25 anni, 2 operatori, una psicologa, 4 ragazzi del servizio civile e una serie di volontari. “Svolgono insieme attività bisettimanali come andare insieme a fare la spesa e imparare a gestire il denaro, prendere autonomamente i mezzi pubblici e orientarsi sul territorio, individuando e imparando a usufruire dei servizi – aggiunge Nina Maurizi – da settembre, quattro di loro faranno esperienza di autonomia abitativa in una casa al centro di Tarquinia. Alcuni dei ragazzi sono inoltre inseriti attivamente nelle iniziative dell’associazione, per favorire un reale inserimento nella società”. Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia Cari lettori di Punto Famiglia, stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11). CONTINUA A LEGGERE ANNUNCIO ANNUNCIO Lascia un commento Annulla rispostaIl tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy. Ho letto e accettato la Privacy Policy * Ti potrebbe interessare: Papa Francesco: “La superbia è un veleno: ne basta una goccia per guastare tutta la vita” Perché alzare la voce contro i volontari per la vita? La “lezione” di Pd e M5s… “Grazie, Karol, perché per me ci sei sempre”: lettera di una giovane a Giovanni Paolo II Dire quello che pensi? Prima pensa a quello che dici. Il consiglio di Papa Francesco A chi fanno paura i volontari della Vita? Aiutare economicamente le donne per non farle abortire? Per alcuni politici influenzerebbe troppo la scelta… Spot di patatine offende l’Eucaristia: censura dall’Istituto di autodisciplina pubblicitaria Papa Francesco all’udienza: “Un cristiano senza coraggio è un cristiano inutile” San Giovanni Paolo II e “La bottega dell’orefice”: meditando sull’amore coniugale Far sentire il battito a una donna che vuole abortire? A Belluno e Torino i medici dicono no