terrorismo

Quale funzione ha internet nell’adescamento e nella radicalizzazione dei giovani da parte dell’ISIS?

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di Ida Giangrande

Da Bruxelles a Dacca, da Parigi agli Usa, da Nizza alla Germania, si susseguono gli attentati compiuti da giovani in nome del sedicente Stato islamico, in qualche caso lupi solitari, in altri appartenenti a gruppi radicalizzati. Quale funzione ha internet nell’adescamento e nella radicalizzazione di questi giovani? Ce lo spiega Alessandro Orsini, prof. di Sociologia del terrorismo alla Luiss di Roma.

Dopo gli ultimi, drammatici eventi di cronaca ricollegabili allo Stato islamico, sono tante le domande che si fanno strada nei cuori di molte persone: perché? E soprattutto a chi toccherà la prossima volta? Ma gli attentatori giovani o meno giovani, quasi sempre figli del nichilismo morale della nostra epoca, sono davvero carnefici? Oppure sono essi stessi vittime di un processo di annientamento della loro stessa dignità che passa purtroppo anche attraverso Internet? Ce lo spiega ai microfoni di Radio Vaticana il prof. Alessandro Orsini docente di Sociologia del terrorismo alla Luiss di Roma e autore del volume “Isis” per l’editrice Rizzoli. Nella radicalizzazione di un giovane, Internet ha un ruolo decisivo, secondo Orsini: “Ho studiato le vite di tutti i ragazzi dal 2001 fino al 2015, quindi le vite dei ragazzi che sono riusciti a realizzare una strage, un omicidio nelle città occidentali. Quello che ho trovato è che nella quasi totalità dei casi Internet aveva avuto un ruolo decisivo. Questo accade anche perché si tratta di ragazzi che – come sappiamo – hanno una particolare dimestichezza con la Rete. Quindi internet ha un ruolo fondamentale nel processo di radicalizzazione”. C’è da chiedersi quindi come possiamo arginare questo pericolo che corre in rete: “Le strategie dal punto di vista culturale sono numerose. Una delle più importanti è sviluppare una contro-narrazione. Qui sono chiaramente impegnati soprattutto gli studiosi e i giornalisti e devo dire che, in molti casi, sia gli uni che gli altri assumono un atteggiamento fortemente deresponsabilizzante nei confronti del problema del terrorismo perché tengono a scaricare tutti i problemi sulle forze di polizia o sui governi, senza rendersi conto che, soprattutto in una prospettiva di lungo periodo, il ruolo degli intellettuali – i professori universitari in particolare – e dei giornalisti è di immensa importanza. Molto spesso anche i giornalisti sviluppano un tipo di narrazione che favorisce i processi di radicalizzazione perché tendono a ingigantire la forza dello Stato islamico che in realtà, dati alla mano, è molto più debole di ciò che noi pensiamo. Però così il gioco dell’informazione è quello di spettacolarizzare tutto e il fatto che così tante persone pensino, sbagliando, che lo Stato islamico sia in ascesa, tutto questo favorisce i processi di radicalizzazione perché i simpatizzanti dell’Is si galvanizzano. Si deve considerare che il rapporto che esiste tra i simpatizzanti e l’Is è lo stesso rapporto che esiste tra i tifosi di calcio e la squadra del cuore. Quando una squadra vince tutte le partite lo stadio si riempie, quando invece le perde i tifosi si deprimono e abbandonano gli spalti”. Ad ingigantire e propagandare la logica del terrore dell’Isis contribuiscono in maniera decisiva anche post e video pubblicati su Facebook che ritraggono scene di esecuzione e di corpi dilaniati, stimoli negativi che turbano, scioccano e in taluni casi affascinano e attraggono i giovani e gli adolescenti più esposti e sensibili.   

Vedi anche: https://www.puntofamiglia.net/puntofamiglia/2015/02/25/parla-al-tuo-ragazzo-dellisis-prima-che-lo-faccia-lisis/




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