Disabilità

La vita di Bryan finisce in tribunale: per i genitori non aveva diritto a nascere

nascere

di Giovanna Abbagnara

Bryan è nato da pochi giorni ma è già al centro di una grande diaspora legale tra i genitori e i medici che non si sono accorti durante gli esami di routine della gravidanza della sua malformazione. Una lotta tra il diritto di Bryan di vivere e il presunto diritto negato dei genitori di scegliere di interrompere la sua vita prima della nascita.

Bryan è nato all’ospedale di Parma in una notte speciale, quella del Natale, quando il canto degli angeli si unisce a quello che dalle parrocchie si leva per la messa di mezzanotte. I genitori e il fratellino di sette anni lo attendevano con gioia. Tutto era amore, fino al momento in cui si sono accorti della sua menomazione. Dopo la sua nascita, l’infermiera è intervenuta tempestivamente fasciando il frugoletto in modo che il padre non lo vedesse. «Dovevamo prepararlo alla brutta notizia, sia lui, sia la madre», dicono all’ospedale. Bryan non ha le gambe, dal ginocchio in giù e nessuna ecografia fatta durante la gravidanza aveva evidenziato l’handicap. Bryan era stato bravo a nascondersi, in caso contrario il suo destino era già stato deciso. Mamma Monica e papa Hector si appellano al diritto negato “di gestire consapevolmente la gravidanza per poter scegliere eventualmente l’interruzione volontaria ma non sono stati messi nelle condizioni di poterlo fare” affermano attraverso il loro legale. Hanno preannunciato una causa civile per danni, hanno incaricato un consulente affinché ricostruisca l’intera vicenda, hanno spedito lettere di diffida all’Asl, all’azienda ospedaliera e al ginecologo privato che ha assistito la signora, senza escludere denunce penali. Vogliono nomi, foto, referti. Di fronte ad una nuova vita, si fa appello al diritto di uccidere. E il diritto di Bryan di vivere? Il diritto di godere dell’amore dei suoi genitori, degli abbracci del fratello più grande? E come la mettiamo con la consapevolezza di crescere sapendo che i genitori avrebbero voluto abortirlo? L’amore fa miracoli. È quello che ci auguriamo per il piccolo Bryan. Piuttosto che pensare alle denunce da fare e alle colpe da addossare cerchiamo un modo per aiutare le famiglie che hanno figli disabili. Hanno bisogno di sostegno psicologico ed economico. Hanno bisogno di amicizia e condivisione. Anche Monica ed Hector hanno bisogno di una rete di persone che li aiuti a guardare Bryan come il figlio atteso.




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