DIGNITAS PERSONAE

“Dignitas Personae”: la Chiesa ribadisce la sua posizione su fecondazione in vitro e altre questioni etiche

Come la pensa la Chiesa sulla ricerca sulle cellule staminali, sulla fecondazione in vitro, sulla terapia genica, sulla clonazione umana, sulla diagnosi preimpianto? Il documento “Dignitas Personae”, approvato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, espone la posizione del Magistero su questi e altri temi di bioetica, concernenti l’inizio della vita. 

Il documento “Dignitas Personae” prende le mosse dalla considerazione che “le scienze mediche hanno sviluppato in modo considerevole le loro conoscenze sulla vita umana negli stadi iniziali della sua esistenza”. Se “questi sviluppi sono certamente positivi e meritano di essere sostenuti, quando servono a superare o a correggere patologie e concorrono a ristabilire il normale svolgimento dei processi generativi”, essi “sono invece negativi, e pertanto non si possono condividere, quando implicano la soppressione di esseri umani o usano mezzi che ledono la dignità della persona oppure sono adottati per finalità contrarie al bene integrale dell’uomo”.

Una delle premesse del documento riguarda la dignità dell’embrione: “Il frutto della generazione umana dal primo momento della sua esistenza, e cioè a partire dal costituirsi dello zigote, esige il rispetto incondizionato che è moralmente dovuto all’essere umano nella sua totalità corporale e spirituale”.

Inoltre, “l’origine della vita umana”, si ribadisce nel documento, “ha il suo autentico contesto nel matrimonio e nella famiglia, in cui viene generata attraverso un atto che esprime l’amore reciproco tra l’uomo e la donna.  Dunque, nell’introduzione del documento si spiega che l’embrione ha una sua dignità e che il matrimonio è il contesto più adeguato perché si origini la vita.

Alla luce di questi principi basilari, il documento prende poi in esame alcuni problemi riguardanti la procreazione. Le nuove tecniche mediche, per essere realmente – e senza contraddizioni – al servizio della persona, devono rispettare tre beni fondamentali: a) il diritto alla vita e all’integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento fino alla morte naturale; b) l’unità del matrimonio, che comporta il reciproco rispetto del diritto dei coniugi a diventare padre e madre soltanto l’uno attraverso l’altro; c) i valori specificamente umani della sessualità, che “esigono che la procreazione di una persona umana debba essere perseguita come il frutto dell’atto coniugale specifico dell’amore tra gli sposi”. 

Alla luce di tali criteri “sono da escludere tutte le tecniche di fecondazione artificiale eterologa e le tecniche di fecondazione artificiale omologa che sono sostitutive dell’atto coniugale”. 

Sono invece “ammissibili le tecniche che si configurano come un aiuto all’atto coniugale e alla sua fecondità”

Sono “certamente leciti gli interventi che mirano a rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla fertilità naturale, come ad esempio la cura ormonale dell’infertilità di origine gonadica, la cura chirurgica di una endometriosi, la disostruzione delle tube, oppure la restaurazione microchirurgica della pervietà tubarica”. 

Tutte queste tecniche “possono essere considerate come autentiche terapie”, nella misura in cui, “una volta risolto il problema che era all’origine dell’infertilità, la coppia possa porre atti coniugali con un esito procreativo, senza che il medico debba interferire direttamente nell’atto coniugale stesso”. 

Tuttavia, “per venire incontro al desiderio di non poche coppie sterili ad avere un figlio, sarebbe inoltre auspicabile incoraggiare, promuovere e facilitare, con opportune misure legislative, la procedura dell’adozione dei numerosi bambini orfani”. Meritano, inoltre, un incoraggiamento “le ricerche e gli investimenti dedicati alla prevenzione della sterilità”.

Altro argomento controverso affrontato nel documento è la fecondazione in vitro, che comporta assai frequentemente l’eliminazione volontaria di embrioni

Se “circa un terzo delle donne che ricorrono alla procreazione artificiale giunge ad avere un bambino”, occorre tuttavia rilevare che, “considerando il rapporto tra il numero totale di embrioni prodotti e di quelli effettivamente nati, il numero di embrioni sacrificati è altissimo” Guardando solo al numero di bambini nati non si tiene effettivamente conto del diritto di ogni vita umana ad essere rispettata e amata.

Un altro tema preso in considerazione dal documento è quello della crioconservazione di una parte importante degli embrioni ottenuti in vitro, un atto “incompatibile con il rispetto dovuto agli embrioni umani”. Infatti, “la maggior parte degli embrioni non utilizzati rimangono ‘orfani’”.

Tuttavia, “per quanto riguarda il gran numero di embrioni congelati già esistenti si pone la domanda: che fare di loro?” 

Sono “chiaramente inaccettabili le proposte di usare tali embrioni per la ricerca o di destinarli a usi terapeutici, perché trattano gli embrioni come semplice materiale biologico e comportano la loro distruzione. Neppure la proposta di scongelare questi embrioni e, senza riattivarli, usarli per la ricerca come se fossero dei normali cadaveri, è ammissibile”.

Anche la proposta di metterli a disposizione di coppie infertili, come terapia dell’infertilità, non è eticamente accettabile “a causa delle stesse ragioni che rendono illecita sia la procreazione artificiale eterologa sia ogni forma di maternità surrogata”. 

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Occorre costatare, in definitiva, che “le migliaia di embrioni in stato di abbandono determinano una situazione di ingiustizia di fatto irreparabile”, come già aveva notato Giovanni Paolo, invitando i responsabili del mondo scientifico ad interrompere ogni azione di questo tipo. 

Tra i temi del documento anche la crioconservazione di ovociti: anch’essa, “in ordine al processo di procreazione artificiale è da considerare moralmente inaccettabile”.

Non è ammessa neppure la diagnosi pre-impiantatoria: una forma di diagnosi prenatale, legata alle tecniche di fecondazione artificiale, che “prevede la diagnosi genetica degli embrioni formati in vitro, prima del loro trasferimento nel grembo materno. Essa viene effettuata allo scopo di avere la sicurezza di trasferire nella madre solo embrioni privi di difetti o con un sesso determinato o con certe qualità particolari”. “Diversamente da altre forme di diagnosi prenatale, dove la fase diagnostica è ben separata dalla fase dell’eventuale eliminazione e nell’ambito della quale le coppie rimangono libere di accogliere il bambino malato, alla diagnosi pre-impiantatoria segue ordinariamente l’eliminazione dell’embrione designato come “sospetto” di difetti genetici o cromosomici, o portatore di un sesso non voluto o di qualità non desiderate”. Si cade, in questo modo, in una mentalità eugenetica, “che accetta l’aborto selettivo”.

In merito alla contraccezione, invece, si parla di “mezzi tecnici che agiscono dopo la fecondazione, quando l’embrione è già costituito, prima o dopo l’impianto in utero. Queste tecniche sono intercettive, se intercettano l’embrione prima del suo impianto nell’utero materno, e contragestative, se provocano l’eliminazione dell’embrione appena impiantato”.

In questo caso, vale lo stesso discorso dell’aborto: “è l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita”.

Il documento affronta poi nel dettaglio la questione della terapia genica: “sono ammessi gli interventi sulle cellule somatiche con finalità strettamente terapeutica”. “Tali interventi intendono ripristinare la normale configurazione genetica del soggetto oppure contrastare i danni derivanti da anomalie genetiche presenti o da altre patologie correlate. Dato che la terapia genica può comportare rischi significativi per il paziente, bisogna osservare il principio deontologico generale secondo cui, per attuare un intervento terapeutico, è necessario assicurare previamente che il soggetto trattato non sia esposto a rischi per la sua salute o per l’integrità fisica, che siano eccessivi o sproporzionati rispetto alla gravità della patologia”.

Diversa è la valutazione morale della terapia genica germinale: “qualunque modifica genetica apportata alle cellule germinali di un soggetto sarebbe trasmessa alla sua eventuale discendenza. Poiché i rischi legati ad ogni manipolazione genetica sono significativi e ancora poco controllabili, allo stato attuale della ricerca non è moralmente ammissibile agire in modo che i potenziali danni derivanti si diffondano nella progenie. Nell’ipotesi dell’applicazione della terapia genica sull’embrione, poi, occorre aggiungere che essa necessita di essere attuata in un contesto tecnico di fecondazione in vitro, andando incontro quindi a tutte le obiezioni etiche relative a tali procedure”.

Un paragrafo del documento è dedicato alla clonazione umana: essa è sempre intrinsecamente illecita

Un discorso approfondito lo meritano, poi, le cure attraverso le cellule staminali.

“Nell’uomo, le fonti di cellule staminali finora individuate sono: l’embrione nei primi stadi del suo sviluppo, il feto, il sangue del cordone ombelicale, vari tessuti dell’adulto (midollo osseo, cordone ombelicale, cervello, mesenchima di vari organi, ecc.) e il liquido amniotico. Inizialmente, gli studi si sono concentrati sulle cellule staminali embrionali, poiché si riteneva che solo queste possedessero grandi potenzialità di moltiplicazione e di differenziazione. Numerosi studi, però, dimostrano che anche le cellule staminali adulte presentano una loro versatilità. Anche se tali cellule non sembrano avere la medesima capacità di rinnovamento e la stessa plasticità delle cellule staminali di origine embrionale, tuttavia studi e sperimentazioni di alto livello scientifico tendono ad accreditare a queste cellule dei risultati più positivi se confrontati con quelle embrionali. I protocolli terapeutici attualmente praticati prevedono l’uso di cellule staminali adulte e sono al riguardo state avviate molte linee di ricerca, che aprono nuovi e promettenti orizzonti”.

Per concludere, “l’insegnamento morale della Chiesa è stato talvolta accusato di contenere troppi divieti. In realtà esso è fondato sul riconoscimento e sulla promozione di tutti i doni che il Creatore ha concesso all’uomo, come la vita, la conoscenza, la libertà e l’amore. Un particolare apprezzamento meritano perciò non soltanto le attività conoscitive dell’uomo, ma anche quelle pratiche, come il lavoro e l’attività tecnologica. Con queste ultime, infatti, l’uomo, partecipe del potere creatore di Dio, è chiamato a trasformare il creato, ordinandone le molteplici risorse in favore della dignità e del benessere di tutti gli uomini e di tutto l’uomo, e ad esserne anche il custode del valore e dell’intrinseca bellezza”.

Tuttavia, “la storia dell’umanità è testimone di come l’uomo abbia abusato, e abusi ancora, del potere e delle capacità che gli sono state affidate da Dio, dando luogo a diverse forme di ingiusta discriminazione e di oppressione nei confronti dei più deboli e dei più indifesi”.

Perciò, “in virtù della missione dottrinale e pastorale della Chiesa, la Congregazione per la Dottrina della Fede si è sentita in dovere di riaffermare la dignità e i diritti fondamentali e inalienabili di ogni singolo essere umano, anche negli stadi iniziali della sua esistenza, e di esplicitare le esigenze di tutela e di rispetto che il riconoscimento di tale dignità a tutti richiede”.




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