2 gennaio 2018

2 Gennaio 2018

Tu chi sei?

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,19-28)
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elìa, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Il commento

I Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?»” (1,19). In questa settimana, fino all’Epifania, la liturgia propone di rileggere i primi passi della fede secondo il quarto Vangelo. Il primo testimone che appare sulla scena è Giovanni Battista. Il consenso popolare di cui gode muove anche le autorità religiose che inviano i loro esperti per cercare di capire cosa accade. “Tu chi sei?”: la domanda che pongono costringe il profeta a scrutare bene in se stesso. Non è facile rispondere a chi ci chiede di definire la nostra identità. È facile descrivere ciò che facciamo e anche spiegare il perché. Quante persone rispondono elencando ciò fanno, a partire dalla professione. Più difficile è dire chi siamo, qual è il nucleo essenziale del nostro essere. Eppure è proprio questo l’inevitabile punto di partenza e dovrebbe restare il costante riferimento delle nostre scelte. Giovanni non fatica a trovare la risposta perché è un uomo di Dio, un uomo che accoglie con immediatezza la luce di Dio. Egli riconosce di essere soltanto “voce di uno che grida nel deserto: rendete diritta la via del Signorecome disse il profeta Isaia” (1,23). Tutta la sua vita è racchiusa in questa missione che Dio gli ha consegnato, tutto il suo essere è in relazione al Messia. La coscienza di essere un profeta – cioè un uomo inviato da Dio, un uomo che parla con l’autorità di Dio – non lo esalta al punto da occupare abusivamente un posto che non gli compete. Egli sa e vuole essere soltanto una debole voce che prepara il popolo ad accogliere l’ultima e definitiva Parola di Dio. In un mondo dove tutti cercano di accaparrarsi titoli e onori, Giovanni ci insegna a restare a camminare nei sentieri dell’umiltà.

Entrando in monastero Teresa di Lisieux, di cui oggi ricordiamo la nascita, scrive che vuole essere e restare “un piccolo granello di sabbia molto oscuro, assolutamente nascosto agli occhi di tutti, che Gesù solo possa vederlo; che diventi sempre più piccolo, che sia ridotto a nulla…” (LT 49, maggio 1888). Mi pare un buon proposito.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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