1 novembre 2018

1 Novembre 2018

Benedetta imperfezione

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,1-12a)

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Parola del Signore

Il commento

Beati i puri di cuore perché vedranno Dio” (5,8). Le beatitudini rappresentano un mosaico luminoso che Matteo pone all’inizio del suo Vangelo come una porta che lascia intravedere la bellezza e la pienezza di chi sceglie di seguire Gesù. È una pagina che affascina e… spaventa. Un tale ideale può apparire troppo grande rispetto all’orizzonte ordinario della vita. Vi sono quelli che si ritirano prima ancora di cominciare perché pensano di non poter raggiungere una meta così ambiziosa. Se viene a mancare un ideale grande, più grande delle nostre forze, rischiamo di cadere nella placida sterilità di una vita comoda. Il documento finale del recente Sinodo, citando Papa Francesco, ha ricordato che “ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente”. È bene però ribadire che non c’è santità se non riconosciamo la nostra debolezza, se non domandiamo frequentemente di essere purificati, se non ricorriamo spesso alla grazia dei sacramenti, se non siamo disposti ad andare controcorrente, se abbiamo paura dei giudizi altrui. Il santo è colui che vive in compagnia di Gesù, il “santo di Dio”, non si sofferma troppo sulle proprie sulle miserie ma si lascia raggiungere dalla luce che viene da Dio. Teresa di Lisieux non aveva paura di riconoscere la sua imperfezione, anzi ha fatto della debolezza la sua forza. La sua spiritualità è tutta fondata sulla confidenza nell’amore misericordioso del Padre. Scrive così al seminarista Bellière: “…non sono un angelo, come lei sembra credere, ma una povera piccola carmelitana molto imperfetta e che tuttavia, malgrado la sua povertà ha, come lei, il desiderio di lavorare per la gloria del buon Dio” (LT 213). Nello stesso periodo, segnato dalla malattia, confessa questa sua intima convinzione: “Oh, come sono felice di vedermi imperfetta e di avere tanto bisogno della misericordia del buon Dio al momento della morte!” (Ultimi colloqui, 29 luglio). Affidandoci all’intercessione dei santi, oggi chiediamo la grazia di essere testimoni della fede per manifestare il volto autentico della Chiesa.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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