Legge 40

La vita di ogni bambino è “res publica”

di don Silvio Longobardi

A distanza di 40 anni dalla legge sull’aborto, dobbiamo constatare che l’aborto è ormai diventato uno dei pilastri della modernità. Siamo costretti ad affermare che non c’è alcuna volontà di affrontare il tema della vita nascente e di aiutare le donne a non abortire. Lo Stato si occupa del bambino a partire dalla nascita, se mai ci arrivi.

Sono passati 40 anni dall’approvazione della legge che permette, favorisce e finanzia l’aborto. Fu presentata come un’inderogabile necessità sociale. Non si metteva in dubbio il diritto alla vita ma, così allora diceva la propaganda abortista, vi erano situazioni eccezionali in cui l’aborto era l’unica soluzione possibile, una sorta di extrema ratio, dolorosa ma inevitabile. Era una menzogna. E tutti lo sapevano. D’altra parte, la legge non richiedeva alle strutture pubbliche alcuna indagine preventiva né imponeva alle richiedenti l’obbligo di provare la condizione di disagio. L’aborto era possibile sempre e comunque. La parola della donna era – ed è – più che sufficiente.

Unico punto a favore di quanti erano fermamente contrari erano quegli articoli in cui si chiedeva agli enti locali di mettere a disposizione risorse adatte a superare le cause che inducevano le donne ad abortire. Verba volant, scripta manent, dicevano i latini. Si sbagliavano. Anche le parole scritte sono evaporate, come per magia. Provate a chiedere ai servizi sociali dei Comuni quanto viene speso per accompagnare le donne che chiedono di accogliere il bambino che già portano in grembo. È una voce inesistente. Tra i molteplici e sempre più numerosi capitoli della solidarietà, non c’è spazio per il sostegno alle donne in gravidanza. Questo è un affare privato. Se chiedi il perché di questa chiusura, solerti assistenti sociali rispondono: lo Stato si occupa del bambino a partire dalla nascita, se mai ci arrivi.

Per quanto invece riguarda le donne, ci sono due categorie: quelle che rifiutano la vita che portano in grembo, trovano uno Stato compassionevole e porte sempre aperte per risolvere il problema. Le altre, quelle che vorrebbero custodire il bambino, devono sbrigarsela da sole. Se il bambino è un problema… fatti loro. Può apparire una sintesi grossolana ma è quella che racconta la realtà istituzionale, senza troppi giri di parole.

A distanza di 40 anni dalla legge, dobbiamo purtroppo constatare che l’aborto è ormai diventato uno dei pilastri della modernità, una certezza in un mondo dove tutto è relativo. Con amarezza, anzi con profonda tristezza siamo costretti ad affermare che non c’è alcuna volontà di affrontare il tema della vita nascente e di aiutare le donne a non abortire. L’ideologia è cieca e sorda. Non vede le ragioni né ascolta il grido dei poveri.

Se mai qualcuno poteva dubitarne, oggi lo sappiamo con certezza. I fatti sono incontrovertibili. Alcune settimane fa il Comune di Verona ha deciso di destinare pochi spiccioli per venire incontro alle difficoltà di quelle madri che intendono custodire la vita. Niente di eccezionale, a dire il vero. Un piccolo gesto di umana solidarietà, segno di uno Stato che non abbandona nessuno. Se invece di donne in attesa, fossero state donne immigrate, sarebbe stato un coro di osanna, ma dal momento che riguarda l’aborto, s’innalza il grido: crucifige. Niente da fare. Non c’è dialogo. Il muro innalzato dagli abortisti non sopporta la più piccola crepa.

Per eseguire gli aborti non mancano le risorse, anche in tempi di crisi. Sarebbe interessante sapere quanto spende lo Stato per mantenere in piedi questa moderna ghigliottina che ogni anno condanna a morte migliaia di vittime innocenti. Ma niente – assolutamente niente – deve essere dato ai Movimenti pro life; e nessuna risorsa deve essere messa a disposizione di quelle donne che chiedono di non abortire. Come se la vita di un bambino fosse un bene privato, una scelta individuale di cui ciascuno porta le conseguenze. E invece, si tratta di un bene pubblico che interpella la società e chiede allo Stato di provvedere con iniziative mirate.

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In Italia ci sono specifiche leggi per costruire abitazioni a favore dei meno abbienti a prezzi calmierati. Grazie a questi contributi, tante famiglie hanno potuto avere una casa e godere di una sostanziale stabilità. Negli ultimi anni questo principio è stato applicato anche ai cittadini non comunitari, sono stati stanziati decine e decine di milioni di euro per rispondere all’esigenza abitativa dei soggetti più deboli. Tutto bene. Anzi benissimo. La solidarietà non può rimanere una parola astratta ma deve tradursi in scelte concrete che danno sollievo a chi vive nel disagio. Ma allora perché questo stesso principio non viene applicato anche alle donne in attesa, perché lo Stato non si prende cura di loro, perché nei vari capitoli di spesa degli enti locali non ci sono specifiche voci a favore di queste persone che, come tanti altri, sperimentano una dura precarietà. 

Se poi qualcuno ancora oggi – e nonostante la tecnologia diagnostica prenatale di cui disponiamo – si ostina a dire che quello che si muove nel grembo materno non è un bambino ma solo materiale biologico, allora lanciamo una sfida agli abortiti duri e puri: provate a fare vedere a tutte le mamme che chiedono l’aborto le immagini del bambino che si va formando nel grembo, quelle stesse che fanno impazzire di gioia i giovani sposi alla prima gravidanza.

Se si tratta solo di materiale biologico, quelle mamme andranno diritto alla sala operatoria, con la consapevolezza di aver fatto la cosa giusta. Sarebbe la prova provata che gli abortisti hanno ragione. Ma se il 90% di quelle donne, dopo aver visto quelle immagini, decide di rinunciare, significa che l’aborto è una grande menzogna, la più colossale menzogna della storia. E chi lo promuove e lo difende come un diritto, che lo sappia o no, sta seminando odio e violenza, pone le basi per una società in cui l’individualismo soffoca ogni forma di solidarietà. 

La vita di ogni bambino è res publica, un bene di cui tutti dovrebbero farsi carico. Che nessuno si tiri indietro. A distanza di 40 anni dalla legge – e nonostante tutte le intimidazioni del Potere – il popolo della vita è più combattivo che mai. È una bella notizia. Quella che ci permette di poter dire che la menzogna non può trionfare.

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