
Sulla fede niente equivoci
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,52-59)
In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.
Il commento
“Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita” (6,53). Queste parole sono inequivocabili. Non bastava affermare di essere “il pane della vita” (6,48); per evitare un’interpretazione simbolica, chiede di mangiare la sua carne e bere il suo sangue. Un linguaggio incomprensibile e scandaloso per i Giudei ma Gesù non sembra affatto preoccupato delle inevitabili reazioni negative. Avrebbe potuto usare altre parole per venire incontro alla difficoltà culturale dei suoi interlocutori e invece sceglie la via più ostica, vuole evitare che una verità così importante possa essere equivocata o interpretata in chiave simbolica. Mi sembra una questione di metodo. Vi sono cose opinabili sulle quali possiamo e dobbiamo cercare l’accordo più ragionevole; e vi sono verità che appartengono alla grammatica essenziale della vita umana sulle quali non possiamo in alcun modo transigere e che, anzi, dobbiamo affermare con nitidezza per evitare che le ombre possano alimentare dubbi o interpretazioni riduttive.
Il Quarto Vangelo inizia con l’annuncio che Colui che “era in principio presso Dio […] si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (1,1.14). Anche nel brano odierno troviamo lo stesso vocabolo [sarx]. In questo caso però non indica solo la veste umana del Figlio di Dio ma la condizione essenziale per ricevere la vita divina. Dio si è fatto uomo per vestire di luce divina la nostra umanità. Admirabile commercium, dicevano i Padri. Per essere e diventare discepoli di Gesù non basta accogliere le sue idee, non basta proclamare quei valori di umanità che trovano nel Vangelo la sua fonte. È necessario essere così uniti a lui da diventare una sola cosa con Lui. Tutto questo non avviene attraverso un processo identificativo che trova nella volontà umana la sua forza ma passa attraverso la mensa eucaristica. Chi mangia la carne di Gesù diviene partecipe della sua stessa vita, quella che dura per sempre. Riascoltiamo queste parole stando in ginocchio dinanzi al Tabernacolo e rendiamo grazie per aver ricevuto una grazia che supera ogni umana attesa.
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