
Problemi di selfite
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 6,1-6.16-18)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
Il commento
“State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro” (6,1). L’insegnamento di Gesù è un sapiente intreccio di proposte e ammonimenti. Un buon Maestro deve usare due registri complementari: da una parte consegnare ai discepoli uno stile di vita, fatto di gesti e parole; e dall’altra segnalare i rischi, cioè quegli atteggiamenti che possono inquinare i buoni propositi. La parola che oggi meditiamo appartiene alla seconda categoria. Gesù mette da in guardia dalla… selfite, una patologia antica che oggi riappare con prepotenza, sostenuta da una cultura che pone l’uomo al centro di ogni cosa. La tradizione spirituale parla di vanagloria o di amor proprio che consiste nell’attirare su di sé l’attenzione degli altri per essere ammirati, cioè ricevere consenso e/o quel giusto riconoscimento per le cose che abbiamo realizzato. In fondo, ci sembra di non rubare nulla a nessuno perché chiediamo solo quello che ci è dovuto. Si tratta invece di un tarlo che rischia di vanificare anche le migliori intenzioni perché offusca quel primato che appartiene a Dio solo. Dobbiamo ripetere più spesso con il salmista: “Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome da’ gloria” (sal 115,1). Non dobbiamo in alcun modo ricercare onori e dobbiamo rifiutare con assoluta determinazione quelli che ci vengono offerti, a meno che non siano necessari per dare gloria a Dio. Se abbiamo fatto qualcosa di buono è solo grazie a Lui che ci ha resi buoni. Il Santo Curato d’Ars (1786-1859), icona di un’umiltà oggi diventata più rara, diceva: “Noi eravamo indegni di pregare ma Dio, nella sua bontà, ci ha permesso di parlare con lui”. San Massimo il Confessore, monaco e teologo (580-662), non aveva dubbi: “Chi respinge la madre delle passioni, che è l’amor proprio, con l’aiuto di Dio allontana facilmente anche le altre, come l’ira, la tristezza, il rancore e il resto. Chi invece è dominato dalla prima passione, è ferito dalle altre, anche senza volerlo”. Nella scia di questi santi, oggi chiediamo la grazia di camminare nella via dell’umiltà.
Nessun commento per “Problemi di selfite”