4 agosto 2019

4 Agosto 2019

Dio vuole il nostro bene

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 12,13-21)
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Il commento

Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede” (12,15). In queste parole possiamo individuare il punto focale dell’insegnamento di Gesù, si tratta di un’affermazione che, nel contesto attuale. appare ancora più necessario ribadire: il benessere della persona non coincide con i beni materiali. Anzi, tra il vero bene e i beni vi è spesso un insanabile conflitto: la ricerca dei beni impedisce di pensare e di cercare ciò che veramente conta e di cui abbiamo assolutamente bisogno. Non è un pericolo remoto ma una realtà sempre più diffusa, soprattutto nel mondo occidentale. Cerchiamo una sazietà che spesso ci riempie di vuoto. L’abbondanza dei beni materiali coincide con una preoccupante scarsità di beni spirituali. Lo sviluppo tecnologico avviene secondo ritmi impressionanti ma non è affatto accompagnato da un’adeguata crescita della coscienza morale, anzi quanto più l’uomo riempie la vita di cose, tanto più è privo di quei valori che danno senso e dignità alla sua vita e a quella dell’intera società. Aveva ragione Raissa Maritain quando diceva: “Noi non possediamo veramente che quello che amiamo” (Diario, Morcelliana, Brescia 200, 57).

L’uomo ricco della parabola si sente padrone della sua vita, programma come se tutto dipendesse da lui. L’abbondanza dei beni genera in lui una sorta di onnipotenza: è un uomo che si sente sicuro e pensa di essere al sicuro. È uno che ci sa fare ed è convinto di non aver bisogno di nessuno. Il giudizio di Gesù è senza appello: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”  (Lc 12,20). Siamo nelle mani di Dio. Accumulare i bene non significa diventare padroni della nostra vita. Il vero peccato non consiste tanto nel possedere i beni ma nel pensare di trovare nell’avere la propria felicità. Il credente sa che tutto appartiene a Dio ed è pronto a dare tutto per rimanere fedeli a Lui, come la vedova del Vangelo (Lc 21, 1-4) e come hanno fatto nel corso dei secoli tanti uomini e donne. Imparare a donare o a condividere i beni è segno che Dio sazia di gioia la nostra vita. Non abbiamo bisogno di altro.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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