
Dialogo orante
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9,18-22)
Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Il commento
“Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare” (9,18). Nonostante la sua estrema concisione questo brano evangelico contiene gli elementi fondamentali dell’esperienza di fede. Il dialogo è introdotto da un’annotazione che non dobbiamo trascurare. Il riferimento alla preghiera è tipicamente lucano e vuole sottolineare che i passaggi decisivi della Rivelazione avvengono nel contesto di quel dialogo misterioso che immerge l’uomo nella luce di Dio. Stando a Luca è solo Gesù che prega ma i discepoli “sono con lui”, essi perciò sono coinvolti, vengono chiamati in causa. La preghiera diventa perciò la cornice in cui Dio interpella e provoca l’uomo. È lo spazio in cui la Parola non risuona come una dottrina accademica o un insegnamento impersonale ma come una sfida che manda in crisi le nostre certezze. Non possiamo essere placidi spettatori. Gesù pone le domande essenziali, a partire da quella che riguarda la sua persona: “Ma voi, chi dite che io sia?” (9,20). Non possiamo far finta di nulla né restare dietro le quinte. La Parola ci costringe a prendere posizione e ci chiede di riconoscere Gesù come l’Inviato di Dio, Colui che compie le antiche promesse e risponde alle attese dell’uomo. Questa fede è solo la premessa di un dialogo orante che, poco alla volta, ci conduce a capire che la storia di Dio passa attraverso l’esperienza della croce. La preghiera appare, dunque, come un passaggio essenziale in cui Dio si fa riconoscere come il Signore e ci fa conoscere i passi che dobbiamo compiere per vivere fedelmente la nostra vocazione. È la premessa e la cornice in cui si svolge la nostra vita. Ci riporta al principio e dona la grazia di ricominciare e il coraggio di andare fino in fondo. Tutto questo, però, è bene dirlo avviene solo se impariamo a stare dinanzi al Signore con piena disponibilità ad accogliere la luce. Oggi preghiamo per i consacrati perché, testimoniando la forza e la fecondità della vita orante, aiutino tutti i battezzati a vivere la preghiera come incontro e dialogo.
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