21 novembre 2020

21 Novembre 2020

Quando il dolore bussa, è l’amore che deve rispondere

di Giovanna Abbagnara

Cosa accade quando la malattia bussa alla porta di un matrimonio e i coniugi si trovano ad affrontare il tempo del dolore? Come vivere con fede la prova e come continuare a custodire uno sguardo cristiano sugli eventi della vita? La malattia e la sofferenza mettono a dura prova l’uomo e lo costringono a porsi quelle domande essenziali che prima o poi attendono tutti. Quando poi la malattia colpisce la persona che più amiamo al mondo, il nostro sposo, la nostra sposa, allora tutto sembra crollare intorno a noi inghiottito dalla paura di ciò che la malattia possa comportare e dell’esito di questo tempo doloroso.

Vorrei partire da una storia che ha riempito in estate le prime pagine dei giornali all’indomani di una sentenza della Corte di Corte di Assise di Massa che sollevava, dall’accusa di istigazione e aiuto al suicidio per la morte di Davide Trentini, Mina Welby, vedova di Piergiorgio e Marco Cappato. Una sentenza salutata con grande soddisfazione dall’Associazione Luca Coscioni e da tutti quelli che desiderano introdurre in Italia l’eutanasia.

Ebbene dietro questa vicenda si nasconde una storia d’amore sì: quella tra Mina e Piergiorgio Welby e che la stessa Mina racconta in un piccolo libro-intervista dal titolo emblematico: “L’ultimo gesto di amore”. La storia di una malattia lunga e faticosa in cui il dolore è stato arginato dai sentimenti e dall’amore senza dubbio.

Piergiorgio Welby, attivista, giornalista, politico, affetto da distrofia muscolare, nel luglio del 1997, vicino al compimento dei suoi 52 anni ebbe una grave crisi respiratoria. Da quel momento Piergiorgio avrà bisogno di un respiratore artificiale e, uscito dal coma sarà sottoposto ad una tracheotomia. Nel 2006 chiese ufficialmente di porre fine alla sua vita e la sua richiesta suscitò in Italia un acceso dibattito sulle questioni di fine vita. Nel frattempo, Mina racconta nel libro i giorni che trascorreva vicino al marito. Girava intorno al letto di Piergiorgio col suo sorriso e con il suo entusiasmo, cercava nuovi interessi, nuovi stimoli che lo coinvolgessero e lo distogliessero dalla sua idea di chiedere la morte. Una sposa che ama il proprio marito sa da che parte sta il bene e la verità.  Solo che forse la stanchezza, il proposito fermo di Piergiorgio, gli amici che giravano intorno a questa storia, la mancanza di un accompagnamento che le mostrasse non solo un lato della vita ma anche quello più profondo sul senso della stessa vita, la convincono ad appoggiare la scelta del marito. E così lo aiutò nel suo proposito con l’aiuto di un anestesista.

Ecco come racconta gli ultimi giorni: “Negli ultimi giorni stava malissimo. Respirava a fatica, aveva dolori nel petto, non dormiva. Non ce la faceva più. Mi sentivo divisa: una parte di me voleva assecondare la sua richiesta di morire, l’altra mi chiedeva di resistere a tale richiesta. Mio marito è morto il 20 dicembre 2006, il 17 venne a casa Ignazio Marino. Gli chiese di resistere, ma lui rispose che non ce la faceva più. Il giorno dopo venne a visitarlo il dottor Mario Riccio, l’anestesista che lo avrebbe aiutato. Ho capito che dovevo aiutare Piergiorgio a morire. Due giorni dopo la morte di Piergiorgio partecipai a una conferenza stampa, organizzata dai Radicali. Non so come potei trovare tanto coraggio e tanta forza. Più tardi, quando rimasi sola, piansi. Era da molto che non lo facevo”. Da quel momento Mina è diventata l’icona vivente della battaglia per l’eutanasia. “Io e Piergiorgio abbiamo fatto una lotta comune. Abbiamo comunicato il nostro pensiero su una morte dignitosa a tante persone. Lo sento vicino a me e sono felice”.

Non mi interessa in questo momento affrontare tutta la questione etica, giuridica del tema dell’eutanasia che chiaramente non è e non sarà mai in linea con una visione cristiana del vivere. Mi interessa però sottolineare che pur comprendendo l’amore di questa donna e il suo desiderio di proteggere e di realizzare tutti i propositi del marito in realtà ella stessa fino alla fine non credeva alla strada eutanasica. Solo che il suo amore, chiaramente grande per Piergiorgio le ha impedito di perseguire quella verità che era chiara in fondo al suo cuore: l’eutanasia non è la risposta al senso del dolore.

Gli sposi sono chiamati a vivere il dolore e la morte con uno sguardo di fede: attraverso la malattia vissuta o curata gli sposi esprimono l’amore di Gesù. Nel prendersi cura dell’altro che soffre c’è uno spendersi, un donarsi, un dimenticarsi di sé, un dare la vita… questa è la passione di Gesù per l’uomo! La morte è il termine della vita terrena e questa consapevolezza ci obbliga a guardare la vita in modo diverso: far memoria della nostra mortalità serve a ricordarci che ci è dato un tempo limitato per realizzare la nostra esistenza. Oggi vi è una assolutizzazione tale della vita terrena, da provocare il rifiuto di ogni discorso inerente la morte e la vita terrena va riempita nella certezza che in essa possa venire saziata ogni fame e ogni sete. Nell’ottica cristiana è esattamente il contrario: non è la vita che va incontro alla morte mentre noi vorremmo evitarla ad ogni costo, ma è il morire che va incontro alla vita, quella vera.

Maria Pia Bonanate, giornalista e scrittrice racconta la sua vita accanto al marito Danilo che all’età di 69 anni, dopo 35 anni di matrimonio viene colpito dalla sindrome di Locked-In che lo lascia ai confini fra la vita e la morte, la corteccia cerebrale vigile, inerte il corpo in un’immobilità che ha tolto la parola, la deglutizione, anche il più piccolo movimento. Nutrito attraverso la macchinetta della PEG collegata con tubo nello stomaco, la tracheotomia per respirare. Scrive la moglie: “Che senso ha un’esistenza ridotta ad una sopravvivenza vegetativa? Sono domande umanamente comprensibili, angosciose, ma l’amore è più forte di ogni interrogativo perché “lui c’è”. Esiste, noi lo amiamo nel mistero di una condizione che non ci è dato di capire. Ma se non possiamo capire, possiamo scegliere di vivere nell’amore. Una scelta che sfida le logiche del mondo e quel Dio inconoscibile che ci chiede di fidarci di Lui. “Mistero della fede”, ho recitato per anni nella Messa. Ora ho capito che questo mistero deve inciderti nella carne, deve passare attraverso l’impotenza totale e la spogliazione di te stesso, per svelarti il suo profondo significato rivoluzionario che sovverte le esistenze”. Già l’amore…


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