3 giugno 2021

3 Giugno 2021

Le premesse della fede

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12,28b-34)
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio».
E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Il commento

Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò” (12,28). Quando leggiamo questo brano l’attenzione è subito rivolta all’insegnamento di Gesù. Oggi invece voglio soffermarmi sulle parole introduttive in cui troviamo qui quattro verbi che possiamo considerare come le premesse dell’esperienza di fede. Non sono solo i punti di partenza ma i pilastri. 1) “Si avvicinò” [proselthōn]: venire presso significa abbattere il muro della separazione e della lontananza, passare dall’estraneità alla prossimità. Non è scontato. Molti cristiani preferiscono restare sulla soglia, si limitano a guardare da lontano, sazi di una partecipazione al rito che non li coinvolga troppo, non cercano l’intimità, non vogliono ricevere le confidenze del Signore, non hanno tempi e spazi per un dialogo orante. 2) “Li aveva uditi discutere”: il verbo akouō indica quel mettersi in ascolto che richiede al tempo stesso umiltà e fiducia, in questo caso si tratta di uno scriba, uno che conosce la Legge, eppure non è sazio né chiuso nel suo sapere, continua a cercare, si pone in ascolto. È l’immagine del credente che non si accontenta e ogni giorno scruta la Parola e chiede luce e legge gli eventi per capire quello che Dio vuole dire.

3) “Visto come aveva ben risposto”: questo vedere [horáō] in realtà significa di conoscere: lo scriba ha avuto modo di ascoltare Gesù, quello che ha udito non lo ha ancora convinto ma ha suscitato un interesse, il desiderio di approfondire quella conoscenza, ai suoi occhi quel Rabbì ha qualcosa da dire, qualcosa di nuovo rispetto alla tradizione. 4) “Gli domandò”: tutti i verbi precedenti descrivono il movimento interiore, l’ultimo verbo precede e prepara la relazione, è il verbo che fa da ponte tra l’estraneità e l’intimità, immagine di un credente che non si accosta al Signore per dire parole ma per domandare la Parola, un credente che vuole capire e chiede a Dio la luce, chiede la luce chi sa di non sapere e si fida delle parole che riceve. È questa la fede che oggi chiediamo di coltivare e custodire.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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