Qualche anno fa, esattamente nel 2013 abbiamo pubblicato un piccolo testo inedito, Costruire la casa sulla roccia, come Editrice Punto Famiglia che racchiude gli esercizi spirituali per fidanzati che Karol Wojtyla faceva loro quando era vescovo ausiliare di Cracovia nel 1960.

È stato molto interessante per me entrare nella esperienza di quegli anni per comprendere poi tutto il pensiero di Giovanni Paolo II sul matrimonio e la famiglia. Siamo nei primi anni ’50, il regime comunista, imposto dopo la Seconda guerra mondiale, minacciava la società polacca sul terreno più sensibile, ossia quello della libertà dell’uomo, della verità della famiglia e dell’educazione delle nuove generazioni.

Era esattamente in quel periodo che il futuro Papa svolse il suo lavoro pastorale in Polonia, a cominciare dalla piccola parrocchia a Niegowić. Il desiderio di camminare, passo dopo passo, con coloro che gli furono affidati lo portò a dedicarsi, in particolar modo, alla preparazione e all’accompagnamento degli sposi e delle famiglie. Da un lato, egli imparava ed esercitava il suo ministero in un gruppo informale chiamato Środowisko (Ambiente). Quella comunità, composta dagli studenti e poi dalle famiglie, anzi prolungata nella seconda e terza generazione, continuò a segnare la vita di Wujek (Zio) anche nei tempi del Pontificato, praticamente fino alla fine della sua vita.

Dall’altro lato, il contributo del sacerdote, vescovo e cardinale Wojtyła raggiungeva le comunità familiari di tutta l’arcidiocesi di Cracovia. Già all’inizio degli anni Cinquanta, il vicario della chiesa di San Floriano organizzò uno dei primi corsi prematrimoniali. Oltre alle conferenze, il programma prevedeva spesso un giorno di ritiro, con lo spazio pensato per la preghiera e il dialogo più intensi.

Le prime esperienze di preparazione al matrimonio convinsero il vescovo Wojtyła a promuovere un simile progetto sul territorio di tutta l’arcidiocesi. Con l’andare del tempo, gli incontri per i fidanzati presero forma di un percorso che durava due o tre mesi, e diventarono un modello pastorale per tutta la Polonia. Ogni volta, la riflessione e la condivisione partivano dalla questione del matrimonio come sacramento. Su questo fondamento si poggiava l’insegnamento dell’etica coniugale, della procreazione responsabile e dell’educazione in famiglia. In seguito si passava ad approfondimento della preghiera, del sacramento della penitenza e dell’Eucaristia, per concludere con il tema dell’apostolato della famiglia nella Chiesa. In questo modo nacque un vero itinerario formativo, non solo dal punto di vista psicologico, culturale e sociale, ma soprattutto religioso e spirituale.

Da quella esperienza maturata e accompagnata negli anni da una profonda e stretta amicizia con alcuni sposi che è continuata ed attestata anche da lettere si è poi sviluppato tutto quel pensiero che oggi è arrivato anche a noi. Una condivisione che si esprimeva in un’amicizia attenta, un tempo di preghiera e di ascolto, con dei ritiri in preparazione al matrimonio. Tutti elementi che ci fanno dire che il tempo del fidanzamento è in sé un tempo importante e non solo in vista del matrimonio.

Oggi, nonostante gli indubbi passi in avanti, dobbiamo purtroppo registrare che il fidanzamento non ha ancora acquistato pieno diritto di cittadinanza nella Chiesa, rimane una terra abbandonata che pochi s’impegnano a coltivare, invece di essere il giardino di Dio sembra la terra di nessuno. Ma fino a che noi non daremo alla parola fidanzamento il diritto di cittadinanza noi operatori di pastorale familiare battiamo l’aria.

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