11 Giugno 2022

“Era necessario che tu morissi, amore mio, era necessario…”

La Lettera Salvifici doloris (1984) di san Giovanni Paolo II ha un sottotitolo molto interessante: “ai vescovi, ai sacerdoti, alle famiglie religiose ed ai fedeli della chiesa cattolica sul senso cristiano della sofferenza umana”. Sul senso cristiano della sofferenza. C’è un senso cristiano davanti al dolore. Non dobbiamo e non possiamo vivere secondo le logiche del mondo.

Basterebbe questo per dire che tutto quello che la cultura oggi ci offre, ci propina, oserei dire ci vende per contrastare il dolore, per evitare la sofferenza, per mettere fine alla sofferenza non possiamo accettarlo. Noi cristiani siamo chiamati a vivere la nostra vita con gli occhi, il cuore, le labbra, le mani della fede. In termini più sintetici siamo chiamati a chiederci: Gesù come ha vissuto il dolore? Come ha sopportato il dolore? Come ha superato il dolore? Come ha vinto il dolore?

Sono domande che dobbiamo porci se vogliamo dare un senso alle pagine più oscure della nostra vita, se vogliamo dare un’opportunità a noi stessi quando il dolore bussa alla porta della nostra casa o del nostro cuore, se vogliamo dare un orizzonte di eternità alla nostra vita.

Il dolore è veramente salvifico? Il giogo che Dio mette sulle nostre spalle è davvero dolce? “Il mio giogo, infatti, è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11, 25-30) dirà Gesù nella sua predicazione. Quando penso a questa frase del Vangelo, la mia mente va ad una testimonianza bellissima che ho ascoltato in piazza san Pietro qualche anno fa al Giubileo dei malati.

A parlare è uno sposo. Lui è Enrico Petrillo, marito di Chiara Corbella, morta il 13 giugno del 2012 per un tumore sublinguale. Chiara ed Enrico sono due giovani che si conoscono ad una marcia francescana, si innamorano, si sposano. Arriva la gioia della prima figlia ma già durante la gravidanza ricevono la diagnosi di disabilità della loro bambina. La diagnosi prevedere l’”incompatibilità con la vita”. Maria Grazia Letizia è anencefalica. Decidono di portare avanti la gravidanza. La bambina nasce, il 10 giugno del 2009. È battezzata, muore dopo 30 minuti dalla nascita. Una tragedia? No, il funerale di questa bambina diventerà un annuncio di fede e di eternità.

Dopo pochi mesi, Chiara è di nuovo incinta questa volta è un maschio. Nasce Davide Giovanni ma anche lui ha una grave malformazione e muore pochi minuti dopo la nascita, sempre dopo il battesimo. Fra le patologie dei due bambini non c’è legame. A dimostrarlo ci sono gli esiti dei test genetici. Un’altra gravidanza arriva poco dopo la nascita al Cielo di Davide Giovanni. Una settimana dopo aver scoperto di essere incinta, Chiara si accorge però di una lesione alla lingua. È un brutto carcinoma, che Chiara chiamerà il drago. Da madre sceglie di rimandare le cure per non far male al bambino che porta in grembo. Anzi, sceglie da quali medici farsi seguire in base al tempo che le concedono prima di indurre il parto. Aspetta fin quando le è possibile aspettare, e anche oltre. Francesco nasce nel 2011 ed è sanissimo ma per la mamma comincia un doloroso calvario che la condurrà alla morte dopo circa un anno.

Alla testimonianza Enrico racconta che il mattino dell’ultimo giorno, verso le otto del mattino, egli chiede a Chiara: «Amore mio, ma davvero il giogo del Signore è dolce?». Respirava e parlava a fatica, ma ha risposto chiaramente, sorridendo: «Sì, Enrico, molto dolce». È morta a mezzogiorno. Un anno dopo Enrico le scrive una lettera. Riporto un passaggio secondo me meraviglioso:

“Era necessario che tu morissi, amore mio, era necessario. Perché i ciechi vedano, perché chi ha sete beva, perché i superbi siano dispersi nei pensieri del loro cuore e perché il Suo popolo sappia che la schiavitù è terminata e il Re viene nella gloria. […] Ho visto, solo per grazia, quello che molti profeti e re avrebbero voluto vedere ma non videro. Sarei colpevole se tacessi. Devo testimoniare. Io da qui e tu ora da lì, uniti in un amore per noi nuovo, diverso, ma non certo più debole”.

A questo punto uno potrebbe chiedersi: perché? Perché dopo tanto dolore non è stata data a queta famiglia la possibilità di essere felice? È Enrico a rispondere e si fa le domande che ci faremmo anche noi di fronte a tutto questo dolore: “È giusto che io sia vedovo? È giusto che Francesco non abbia la mamma? È giusto essere malati? È giusto essere disabili? È giusto che il Figlio di Dio muoia in croce? No, non è giusto. Ma questo è l’amore una meravigliosa ingiustizia. Noi siamo figli della misericordia non della giustizia”.

A quel Giubileo Enrico chiudeva la sua testimonianza con queste parole quasi gridate: “Ci dissero riguardo alla malattia di Chiara: non c’è più nulla da fare. Si sbagliavano, c’è molto da fare. È il momento di prepararsi all’incontro Dio con le lampade accese. Noi lo abbiamo fatto…abbiamo anche chiesto la guarigione fisica ma non è arrivata. Abbiamo percepito dunque che c’era qualcosa di molto più grande della guarigione ed era la salvezza. La salvezza è più importante…io l’ho vista morire felice. Sapeva benissimo dove stava andando. Chiara ci ha insegnato che Dio non è un bugiardo, bisogna fidarsi, ne vale la pena”. Basterebbe questa storia per spiegare la Salvifici doloris. Enrico e Chiara si pongono di fronte alla sofferenza ricercando come figli un senso e lo trovano. Lo trovano perché si fidano di Dio e si affidano a Lui.


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Giovanna Abbagnara

Giovanna Abbagnara, è sposata con Gerardo dal 1999 e ha un figlio, Luca. Giornalista e scrittrice, dal 2008 è direttore responsabile di Punto Famiglia, rivista di tematiche familiari. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Il mio Giubileo della Misericordia. (2016), Benvenuti a Casa Martin (2017), Abbiamo visto la Mamma del Cielo (2016), Il mio presepe in famiglia (2017), #Trova la perla preziosa (2018), Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018), Voi siete l'adesso di Dio (2019), Ai piedi del suo Amore (2020), Le avventure di Emanuele e del suo amico Gesù (2020), In vacanza con Dio (2022).

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