Papa all’udienza: “Indossiamo maschere anche con noi stessi: impariamo a scavarci dentro”

(Foto: giulio napolitano / Shutterstock.com)

Conoscere sé stessi e capire come agiscono in noi le tentazioni, sarebbero le basi di un buon discernimento, secondo papa Francesco. A questo tema ha dedicato l’udienza mattutina del mercoledì nella giornata di oggi, 5 ottobre. Al termine, l’ennesimo accorato appello a pregare per la pace nella “martoriata” Ucraina.

“Sono giunto alla convinzione che l’ostacolo più grande al vero discernimento (e ad una vera crescita nella preghiera) non è la natura intangibile di Dio, ma il fatto che non conosciamo sufficientemente noi stessi, e non vogliamo nemmeno conoscerci per come siamo veramente. Quasi tutti noi ci nascondiamo dietro a una maschera, non solo di fronte agli altri, ma anche quando ci guardiamo allo specchio”: sono le parole di Papa Francesco, pronunciate nella mattinata di oggi, 5 ottobre, durante l’udienza del mercoledì. Il discorso del pontefice ruotava intorno ai requisiti essenziali del “buon discernimento”.

La dimenticanza della presenza di Dio nella nostra vita, per il vescovo di Roma, è legata alla non conoscenza di sé stessi. Conoscere sé stessi, a suo avviso, non è difficile, ma è faticoso, perché “implica un paziente lavoro di scavo interiore. Richiede la capacità di fermarsi, di disattivare il pilota automatico, per acquistare consapevolezza sul nostro modo di fare, sui sentimenti che ci abitano, sui pensieri ricorrenti che ci condizionano, spesso a nostra insaputa”. “’Sento’ non è lo stesso di ‘sono convinto’; ‘mi sento di’ non è lo stesso di ‘voglio’”, ha puntualizzato Francesco.

Il papa ha poi offerto una metafora prendendo in prestito delle parole utilizzate nel mondo dell’informatica: “Sappiamo quanto sia importante conoscere le password per poter entrare nei programmi dove si trovano le informazioni più personali e preziose. Ma anche la vita spirituale ha le sue “password”: ci sono parole che toccano il cuore, perché rimandano a ciò per cui siamo più sensibili”. 

Il papa ha poi citato il demonio apertamente, spiegando quale ruolo abbia: “Il tentatore, cioè il diavolo, conosce bene queste parole-chiave, ed è importante che le conosciamo anche noi, per non trovarci là dove non vorremmo”. 

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La tentazione, secondo Francesco, “non suggerisce necessariamente cose cattive, ma spesso cose disordinate, presentate con una importanza eccessiva. In questo modo ci ipnotizza con l’attrattiva che queste cose suscitano in noi, cose belle ma illusorie, che non possono mantenere quanto promettono, e così ci lasciano alla fine con un senso di vuoto e di tristezza”. “Possono essere, per esempio, il titolo di studio, la carriera, le relazioni, tutte cose in sé lodevoli, ma verso le quali, se non siamo liberi, rischiamo di nutrire aspettative irreali, come ad esempio la conferma del nostro valore”.

È essenziale, allora, di fronte a questi pericoli, fare un buon esame di coscienza, che significa chiedersi: “Cosa è successo nel mio cuore in questa giornata?” “Sono accadute tante cose … Quali? Perché? Quali tracce hanno lasciato nel cuore?” 

Fare l’esame di coscienza significa per il pontefice avere “la buona abitudine a rileggere con calma quello che capita nella nostra giornata, imparando a notare nelle valutazioni e nelle scelte ciò a cui diamo più importanza, cosa cerchiamo e perché, e cosa alla fine abbiamo trovato. Soprattutto imparando a riconoscere che cosa sazia il mio cuore”.

La verità è che, conclude il pontefice, “solo il Signore può darci la conferma di quanto valiamo. Ce lo dice ogni giorno dalla croce: è morto per noi, per mostrarci quanto siamo preziosi ai suoi occhi. Non c’è ostacolo o fallimento che possano impedire il suo tenero abbraccio”. 

Al termine dell’udienza, l’ennesimo appello a pregare per la pace nella “martoriata” Ucraina.




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