21 Dicembre 2022

A cosa serve vietare lo smartphone a scuola? A niente…

Una nuova circolare del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, fa il punto su un divieto che esiste di fatto da 15 anni, quello dell’utilizzo dello smartphone a scuola. Il divieto, che evidentemente in questi anni è stato disatteso nella prassi, è quello contenuto nella direttiva ministeriale del 2007 (la 104 del 30 novembre). Nel testo si legge che “Dall’elenco dei doveri generali enunciati dall’articolo 3 del DPR n. 249/1998 si evince la sussistenza di un dovere specifico, per ciascuno studente, di non utilizzare il telefono cellulare, o altri dispositivi elettronici, durante lo svolgimento delle attività didattiche”.

Questo perché ragazzi e bambini a scuola hanno il dovere “di assolvere assiduamente agli impegni di studio anche durante gli orari di lezione (comma 1); – di tenere comportamenti rispettosi degli altri (comma 2), nonché corretti e tenere con i principi di cui all’art. 1 (virgola 3); – di osservare le disposizioni organizzative dettate dai regolamenti di istituto (comma 4)”. Cosa accade se i ragazzi trasgrediscono al divieto? Sono previste sanzioni disciplinari, che però sono differenti da istituto a istituto. In nome dell’autonomia scolastica, infatti, ogni dirigente ha molto margine di intervento e regolamentazione specifica. Non è inutile ricordare che il divieto è valido anche per gli insegnanti, almeno formalmente poi si deve vedere nella prassi, e si riferisce solo ai dispositivi personali. È chiaro che l’uso delle tecnologie – computer e tablet – per usi didattici è consentito.

Non mi unirò in questa sede al coro delle voci degli esperti che ampiamente hanno analizzato e studiato gli effetti dello smartphone sulla concentrazione e sullo sviluppo di vere e proprie dipendenze nei giovani e negli adolescenti. Né sul dato oggettivo che tenere i dispositivi sotto il banco o nello zaino inevitabilmente distrae e porta a voler controllare notifiche o stati social. E mi limiterò a ricordare una notizia che qualche tempo fa mi fece molto riflettere: negli Stati Uniti, i figli dei patron di Google e Apple vanno nelle scuole montessoriane dove non è ammesso l’uso di smartphone o tablet e questo dovrebbe farci riflettere e non poco.

La mia domanda è a cosa serve vietare gli smartphone a scuola? A niente, se non ci prendiamo carico e a carico l’educazione digitale dei nostri figli a partire dal nostro modo di utilizzo dei sistemi digitali che è davvero la spia di quanto il mondo degli adulti abbia perso completamente la sua funzione educativa. Basta vedere cosa pubblicano gli adulti e come utilizzano gli smartphone, spesso in modo becero e infantile.

Ma c’è un altro punto che dovrebbe interessare la nostra attenzione: che tipo di proposta educativa abbiamo a scuola? Quelle ore passate nell’Istituto scolastico – tante rispetto agli anni di crescita di un figlio – cosa offrono di davvero attraente, intenso, educativo? Sono il laboratorio dove si formano le menti, si accendono gli animi di ideali, si rispettano le capacità, si educa al sacrificio? A me sembrano sempre più spesso ludoteche dove bisogna arginare, contenere, fare il proprio dovere e scappare via al suono della campanella. Risultato? Insegnanti frustrati e sconfitti e alunni demotivati. Per carità, lungi da me, fare di tutta l’erba un fascio ma se ci guardiamo un po’ intorno…

E poi scusatemi un’ultima considerazione: abbiamo costretto i nostri figli durante la pandemia a restare incollati ore e ore davanti allo schermo dello smartphone in un tentativo abbastanza ridicolo di riprodurre in rete ciò che non poteva avvenire in presenza, preoccupati solo che le ore previste sia per l’insegnamento che per la didattica fossero tutte soddisfatte senza provare minimamente a mettere in campo un’alternativa. Ora a quegli stessi bambini e giovani diciamo: “No, scusate, è stato tutto un errore!”.

Vogliamo poi passare alla famiglia? Al luogo educativo per eccellenza? Dove la mamma spaccia internet al figlio di due anni per farlo mangiare mettendo sul seggiolone il telefonino collegato a TikTok o a YouTube? Il problema non è internet ma i modelli che proponiamo e trasmettiamo ai nostri figli. Scusatemi se sono così tranciante ma queste circolari contenimento a me fanno un po’ sorridere. Se non siamo disposti davvero a ritornare al reale, a quell’educazione artigianale che passa per il cuore, difficilmente un divieto produrrà qualche buon frutto.


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Giovanna Abbagnara

Giovanna Abbagnara, è sposata con Gerardo dal 1999 e ha un figlio, Luca. Giornalista e scrittrice, dal 2008 è direttore responsabile di Punto Famiglia, rivista di tematiche familiari. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Il mio Giubileo della Misericordia. (2016), Benvenuti a Casa Martin (2017), Abbiamo visto la Mamma del Cielo (2016), Il mio presepe in famiglia (2017), #Trova la perla preziosa (2018), Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018), Voi siete l'adesso di Dio (2019), Ai piedi del suo Amore (2020), Le avventure di Emanuele e del suo amico Gesù (2020), In vacanza con Dio (2022).

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