Nelle ultime settimane gli impegni si sono moltiplicati e le responsabilità raddoppiate. Sento la fatica ma non è questo a spaventarmi quanto la paura di non saper rispondere a tutte le necessità. Mentre pregavo il Rosario, ieri sera, ho ripensato ad un’esperienza interiore vissuta nell’estate del 2021 ad Assisi, nel Santuario di san Damiano insieme ai miei amici consacrati.

Al mattino don Silvio, ci aveva proposto una riflessione sulla piccolezza e la minorità in Teresa di Gesù Bambino e Francesco di Assisi. Quel pomeriggio, nel cuore dell’esperienza clariana, si aggiungeva anche Chiara d’Assisi, l’umile pianticella di Francesco, che serviva le sue sorelle a mensa o si chinava per lavare loro i piedi. L’indomani avrei dovuto proporre ai consacrati una riflessione sul protagonismo femminile e l’audacia delle donne. E ripensando a cosa dire mi ponevo questa domanda: scegliere di occupare il primo posto ci fa diventare meno piccoli? È esattamente il contrario.

È proprio la piccolezza che mette nel cuore desideri grandi. Teresa si definisce “un piccolo uccellino”; eppure, dice: “ho il cuore e gli occhi dell’aquila”. È una carmelitana eppure desidera essere missionaria, apostola, guerriera. Non dobbiamo sforzarci di essere piccoli, lo siamo già, nella misura in cui ci lasciamo amare da Lui e pacifichiamo il nostro cuore inquieto che è sempre alla ricerca di qualcuno o qualcosa che dia un senso alla nostra vita. Francesco scopre di essere piccolo perché amato. Teresa scopre di essere piccola perché amata. Chiara scopre di essere piccola perché amata. È l’amore di Dio che ci riveste dell’abito della piccolezza. Non è un’opera dell’uomo.

È una dinamica che possiamo applicare anche alla nostra vita spesso incastrata tra le maglie dell’idealità e dell’emotività. Quando si convertirà mio marito? Quando i miei figli capiranno l’amore di Dio? Mai probabilmente, almeno fino a quando non comprenderemo che questa è un’opera di Dio. A noi il compito di amare queste persone con lo stesso amore di cui ci sentiamo rivestiti. La più grande forma di amore verso quel marito, quella moglie, quel figlio, quell’amico, è accogliere e donare la tua vita proprio a quel marito, a quella moglie, a quel figlio, che non saranno mai come tu vuoi. E ti feriranno, ti faranno del male, minacceranno di andarsene ma tu continuerai ad amarli perché non puoi fare altrimenti. Noi per amare abbiamo le viscere di Dio. È l’amore che cambia il cuore delle persone.

Perché gli altri facciano esperienza di questo amore, a noi è chiesto di lasciarci amare da Dio, di restare cioè piccoli. Perché se noi ci lasciamo amare da Lui, purifichiamo il nostro cuore. L’egoismo, la superbia, l’arrivismo non riescono a raggiungerci vengono rimbalzati via lontano. Muoiono le opere della carne, restano e vivono le opere di Dio. Per questo abbiamo bisogno dei santi, ci indicano la strada verso la pienezza della gioia.

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