Amare Gesù è il cuore della nostra fede. Amare Lui al di sopra di tutto e di tutti: come si fa? Io personalmente ho trovato e trovo ancora nella inesauribile vita così breve da un punto di vista terreno, nelle sue parole condensate fondamentalmente in tre manoscritti e alcune lettere e poesie, una sorgente che non si estingue, un fuoco sempre vivo. Quest’anima così innamorata, così luminosa è quella di Teresa Martin, carmelitana scalza che visse in questo mondo solo 24 anni, alla fine del XIX secolo e che 26 anni fa è stata proclamata da san Giovanni Paolo II, dottore della Chiesa. Poche altre donne nella Chiesa hanno ricevuto questo titolo: santa Caterina da Siena, santa Teresa d’Avila, santa Ildegarda di Bingen e lei la piccola Teresa di Gesù Bambino del Volto Santo.

Perché? Perché proprio lei che è rimasta nascosta al mondo nella clausura di un Carmelo della sperduta Normandia? Cosa mai avrà capito questa fanciulla morta quando doveva cominciare per lei la vita adulta secondo i canoni di questo mondo? Giovanni Paolo II la definì “esperta della scientia amoris” (Novo Millennio ineunte, 27). Teresa aveva compreso il segreto della vita di fede. E dove esprime questa scienza? Nei trattati? In saggi? In esperienze mistiche? No, Teresa la esprime principalmente nel racconto della sua vita, pubblicato un anno dopo la sua morte sotto il titolo di Storia di un’anima. Un libro che tutti dovrebbero leggere, un libro scritto con autenticità, freschezza, immediatezza. Parole di una donna innamorata e decisa, una donna che nei pochi anni della sua esistenza ha imparato e vissuto le tre dimensioni fondamentali dell’esistenza: essere figlia, essere sposa, essere madre.

Chi è la sorgente di tanto amore e di tanta sapienza? Teresa non ha frequentato università; eppure, è onorata con il titolo di dottore. È un punto di riferimento per dotti, sapienti, teologi. Come ebbe a dire san Giovanni Paolo II nell’omelia del 19 ottobre 1997: “Teresa di Lisieux non solo intuì e descrisse la profonda verità dell’Amore quale centro e cuore della Chiesa, ma la visse intensamente nella sua pur breve esistenza. Proprio questa convergenza tra dottrina ed esperienza concreta, tra verità e vita, tra insegnamento e prassi, risplende con particolare evidenza in questa Santa, rendendola un modello avvincente specialmente per i giovani e per quanti sono alla ricerca del senso autentico da dare all’esistenza”.

E continua: “Di fronte al vuoto di tante parole, Teresa indica come alternativa l’unica Parola di salvezza che, compresa e vissuta nel silenzio, diventa sorgente di vita rinnovata. Ad una cultura razionalistica e troppo spesso permeata di materialismo pratico, ella contrappone con semplicità disarmante la “piccola via” che, rifacendosi all’essenziale delle cose, conduce al segreto di ogni esistenza: la divina Carità che avvolge e permea ogni umana vicenda”.

L’essenziale era per Teresa amare Gesù. Sul letto di morte alla sorella che le domandava se pensasse spesso al Signore, rispose: “credo di non aver mai passato tre minuti senza pensare a Lui”. E le sue ultime parole furono: “Mio Dio, ti amo”. Teresa è dottore perché è “uno dei “piccoli” del Vangelo che si lasciano condurre da Dio nelle profondità del suo Mistero”. Basterebbe dire questo per capire che nella logica di Dio dobbiamo proprio fare il contrario di quello che il mondo vuole da noi. Il mondo ci vuole grandi, affermati, ricchi, belli. Il Vangelo ci dice che il segreto della santità è nel faticoso cammino per diventare piccoli. Vale anche per noi sposi che immersi nel mondo rischiamo di perdere la prospettiva celeste. Teresa ci invita a mettere Dio al primo posto. Non è semplice ma è questa la strada della felicità.

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