Don Alberto Ravagnani: “Parliamo di sesso con i giovani. Seriamente però!”

Screenshot del video https://www.youtube.com/watch?v=K1IpOuRi_ss

di Cristiana Mallocci

Durante un incontro chiamato “E se ti dico Dio?”, don Alberto Ravagnani è tornato a parlare di un tema che gli sta a cuore: giovani e sessualità. Il sacerdote, alla presenza del Cardinal Zuppi, presidente della CEI, e di un importante numero di giovani, ha ribadito quanto meravigliosa sia questa sfera umana se vissuta nel dono di sé. Al contrario, senza adeguati strumenti, senza maturità e consapevolezza, può causare gravi ferite.

“Sesso e giovani: bisognerebbe parlarne di più; seriamente, però. Dire anche, ad esempio, che la sessualità può essere fonte di sofferenza quando è vissuta senza consapevolezza. Dire che la pornografia crea dipendenza e prende in ostaggio l’immaginazione di chi la guarda. Dire che le attese sociali sulla sessualità creano ansia da prestazione e una percezione distorta del proprio corpo. Bisognerebbe parlare di più e meglio di sessualità e non solo ai ragazzi, ma coi ragazzi perché, se vissuta bene è bellissima, ma se vissuta male può lasciare delle ferite indelebili. Però servono adulti consapevoli, risolti dal punto di vista affettivo e sessuale o perlomeno capaci di amare in maniera libera. E questo è esattamente il problema”. 

Esordisce così, nel proprio profilo Instagram, il giovane e carismatico don Alberto Ravagnani, dopo aver preso parte all’illuminante e significativo incontro denominato: “E se ti dico Dio?” 

Si è posto entusiasticamente in dialogo non solo con un numero dirompente, variopinto e considerevole di giovani, ma anche con il noto Arcivescovo Matteo Maria Zuppi.

Nel corso dell’incontro, è inevitabilmente emersa – in una modalità illuminante e limpida – una prospettiva inedita sull’affettività, che potesse sfidare sterili stereotipi e monotone convenzioni sociali.

Ci si allontana da una narrazione oscura e negativa, bensì, al contrario, se ne dispiega una estremamente propositiva e benedicente, ma realistica e non edulcorata. 

Raramente, infatti si parla di come per un cospicuo numero di ragazzi l’affettività e la sessualità costituiscano la primigenia fonte di dolore e sofferenza, soprattutto quando essa viene esperita e percepita con comune, dilagante e nociva disinvoltura. Sovente si arriva erroneamente a credere che sia del tutto innocuo, ineludibile e fisiologico sperimentarla mediante una perniciosa modalità compulsiva, senza disporre però, delle conoscenze, della maturità e degli strumenti affettivi ed effettivi adeguati per affrontare al meglio delle grandi, delicate difficoltà e fragilità.

Leggi anche: Un proposito per l’anno che viene? Lo offre don Alberto Ravagnani: benedire i giovani! (puntofamiglia.net)

Occorre prontamente precisare che tali osservazioni e riflessioni non vengono esposte con un fine inquisitorio e giudicante, si intende solo rilevare quanto accade, in modo da poter formulare e dunque adoperare soluzioni efficaci ad una dolorosa e tragica voragine educativa. La quale, purtroppo, si manifesta in modo sempre più lacerante e drammatico tra le desolanti e fitte pagine di cronaca. 

Non possiamo pertanto esimerci, anzitutto, dal considerare la significativa ed ingente responsabilità che in modo particolare i genitori nutrono nei confronti del propri figli, per quanto riguarda la loro essenziale e delicata formazione sentimentale ed intima.

È l’unico ambito della vita, questo, in cui gli educatori comodamente ed ingenuamente si illudono che non vi sia nulla da insegnare, sottraendosi così, coscienziosamente, gravemente ed imperdonabilmente al proprio indispensabile ruolo di fondante orientamento e doverosa guida. Dimenticano tragicamente, infatti, che l’amore, in tutte le sue forme e manifestazioni, si insegna e si impara, non s’improvvisa e che la nostra capacità di amare è direttamente proporzionale a quanto siamo stati e ci siamo sentiti amati. 

Se c’è questa reticenza da parte degli adulti, nell’affrontare tale tematica – che scaturisce da un’evidente soggezione ed inadeguatezza – con chi ne parleranno i ragazzi? A chi consegnano le loro domande? 

In una società che esalta ed incoraggia a gran voce l’edonismo, minimizzando ed occultando slealmente la dolorosa, ferente e significativa ricaduta che quest’ultimo determina a livello umano, psicologico, spirituale e sociale, i ragazzi si ritrovano tremendamente ed ingiustamente disorientati, soli dinnanzi a queste ripide difficoltà. 

I giovani soffrono l’indicibile, poiché nessuno li consola, ascolta e consente loro di esprimere persino un’intima e sacra tristezza. Essi a volte provano dolore per i gesti compiuti, ma avvertono che esso debba essere istantaneamente e prontamente represso, mascherato dalle menzognere fattezze di un volto sistematicamente e perennemente luminoso, positivo e sorridente, ideale per essere postato sui social. Respingono la preziosa, fondata e veritiera esistenza di una sofferenza interiore. 

Appare oggi più che mai necessario ed urgente rammentare pragmaticamente, nitidamente e coscienziosamente che ciò che accade in ambito intimo ed affettivo, è anzitutto, un significativo e potente indice del benessere integrale dell’essere umano oppure al contrario, della presenza di ferite sanguinanti e mai rimarginate che dilaniano i cuori e le anime di migliaia di giovani.




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