VITA NASCENTE
Libertà di scelta o isolamento della donna? Riflessioni sulla legge 194
Non dovrebbero esistere, secondo molte persone, luoghi e contesti in cui una donna incinta (quasi mai si parla di entrambe le parti coinvolte nella generazione della vita) possa essere ascoltata e supportata di fronte a una gravidanza inattesa e/o difficile. Si tende, nel nostro tempo, ad amplificare ed assolutizzare solo i sentimenti di quelle persone che vivono l’aborto come autodeterminazione e a non considerare tutte quelle che, invece, non lo scelgono e in un momento di difficoltà sentono semplicemente il bisogno di non essere lasciate sole.
Spesso si parte dal presupposto che la donna incinta non abbia bisogno di niente e di nessuno, solo di guardarsi dentro, di ascoltare sé stessa, di chiedersi se un figlio lo voglia o meno, per poi agire di conseguenza.
E se poi, dopo aver abortito, si pente? Se la scelta è stata “affrettata” e poco ponderata (forse anche perché presa in solitudine)? Non importa. L’importante è che lo abbia scelto lei.
Si crede che la donna (ogni donna) abbia in sé tutte le risorse. Non necessita di sapere quali alternative avrebbe oltre all’aborto: d’altronde, se le avesse volute le avrebbe già cercate e trovate… a che serve, quindi, che degli sconosciuti (volontari di Centri per l’aiuto alla vita) si intromettano?
Questi pensieri si scontrano, però, con una realtà ben diversa. E con “realtà” intendo, per la precisione, tante storie vere di donne reali che non vivono l’aborto come atto di autoaffermazione, bensì lo percepiscono come unica strada possibile. Per alcune, non è esercizio di libertà, ma scelta obbligata.
Non tutte, va riconosciuto: ci sono persone che scelgono in piena libertà – anche avendo un’altra possibilità – di interrompere la gravidanza. Ci sono donne e coppie che potrebbero, materialmente, fisicamente, economicamente accogliere quella vita ma scelgono di non lasciarsi modificare i piani.
Ciò non può, però, in alcun modo, portarci ad ignorare tutte le persone (molte!) che l’aiuto per non abortire lo vorrebbero ma non possono trovarlo in amici e familiari.
Le situazioni della vita, d’altronde, possono essere le più disparate, così come le ragioni che inducono una persona o una coppia a prendere in considerazione l’aborto: problemi economici, età, situazioni familiari difficili, pressione di un compagno, pressioni dei genitori, problemi di lavoro, problemi legati all’abitazione.
Perché acuire – per partito preso, solo seguendo un’ideologia – la percezione di questi vicoli ciechi?
Viene da domandarselo mentre si stanno consolidando, in diverse parti d’Italia, azioni volte a smantellare le associazioni pro-vita, si chiede che siano cacciati dai consultori i cosiddetti antiabortisti, i quali, secondo parte dell’opinione pubblica, forzerebbero le donne in una direzione ben precisa.
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In primo luogo, però, impedire ai volontari dei Centri di Aiuto alla Vita di mettersi a disposizione è un atto che contraddice la legge 194, dove si prevede che siano rimossi tutti gli ostacoli alla maternità.
E allora, al di là di ogni propaganda, ciascuna donna ha, per legge, il diritto di cercare e trovare vie alternative all’aborto. Da ciò consegue che lo Stato ha il dovere di offrirle o, come minimo, di non impedirle quando nascono dall’impegno della società civile.
Ne va anche del senso di umanità e di solidarietà. Se ci sono donne che affermano di non provare vergogna, dolore, pentimento dopo aver abortito, molte altre riconoscono di aver preso una decisione irreversibile per paura, in uno stato di confusione. Se per alcune donne l’aborto non crea un problema etico, altre avvertono il peso di una scelta che implica porre fine a un processo di vita già iniziato dentro di loro.
Perché non dare a queste ultime, nostre concittadine, la possibilità di approfondire la loro situazione e, se il fine è che siano libere di scegliere, di fare una scelta diversa dall’aborto?
Non è forse un atto di autentica propaganda abortista (non più nemmeno pro-choice) chiudere la possibilità ad ogni forma di dialogo, di supporto per chi vive una gravidanza difficile?
Cancellare qualsiasi forma di sensibilità prenatale dal panorama pubblico (sensibilità che tante donne anche mentre vivono gravidanze difficili conservano) non significa forse bypassare il pluralismo di vedute che tanto si decanta e ridurre, nei fatti, le possibilità di scelta?
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Non capisco tanto cosa tu voglia indicare con vista a 90 gradi dell’uomo e a 360 della donna… come anche…
Grazie! Don Silvio, esprimi la bellezza della conuglialità, quale dono meraviglioso di Amore, ma indicando sentieri di amore coniugale, nel…
sarebbe interessante aggiungere una valutazione sul comportamento dell'attuale governo