Sacramenti in famiglia

I genitori hanno un alleato nel compito educativo, a patto che…

genitori

di Giovanna Pauciulo

Come spiegare ai nostri figli lo Spirito Santo? Cosa significa vivere in famiglia una vita secondo lo Spirito?

Il segno di croce è tra i primi segni che insegniamo ai nostri figli, poi pian piano cercando di spiegarne il significato, ci accorgiamo che, se è facile presentare il Padre e il Figlio un po’ più difficile è spiegare chi è lo Spirito e perché è un alleato dei genitori nel compito educativo.

Negli Atti degli apostoli, leggiamo che i discepoli di Gesù erano riuniti con la Maria in preghiera nel cenacolo. Attendono. Maria era già esperta dello Spirito. Lo Spirito che discese su di Lei a Nazaret è lo stesso Spirito che scese sulle acque nei giorni della Creazione ed è lo stesso che discende sugli apostoli che sono riuniti con Lei nel cenacolo. Ora come non vedere in tutto questo un’analogia con la famiglia che prega insieme e invoca il dono dello Spirito? Nell’ambiente familiare ciascuno è esperto dello Spirito perché ha ricevuto i sacramenti e la casa in cui la famiglia si riunisce per pregare non è forse il cenacolo in cui ancora si ripete la grazia della Pentecoste?

La casa di una famiglia di battezzati, di una famiglia santificata dal sacramento del matrimonio è dimora dello Spirito, perché ci avverte san Paolo “Non sapete che siete tempio dello Spirito e che lo Spirito di Dio abita in voi? ( 1 Cor 3,16-17). Lo Spirito è il principio della comunione e di unità nella fede e nell’amore vicendevole. È come il cordone ombelicale per il bimbo nel grembo materno,  la via attraverso cui fluisce l’essenziale per la sopravvivenza. Come potremmo conoscere Dio se non attraverso lo Spirito?

“Mamma, ma Dio lo concede a tutti?”, mi ha chiesto un giorno mio figlio. “Sì”, è la risposta convinta del genitore e dell’educatore, a patto che la casa assuma le caratteristiche del cenacolo e cioè un luogo in cui ci si riunisce per pregare. Ma non saltuariamente e con stanchezza. Degli apostoli si diceva che erano “assidui e concordi nella preghiera (At 1, 14).

Il primo suggerimento pedagogico ai genitori dunque è quello di dare importanza alla preghiera familiare. Non basta, la preghiera personale occorre vivere l’esperienza della piccola comunità riunita nel nome del Signore. E poi i due aggettivi risuonano come  sentieri educativi:

assidui – ricorda la fedeltà, di cui sono tanto esperti i genitori uniti in matrimonio, anche quelli che vivono particolari stagioni della vita matrimoniale si misurano sulla fedeltà e dunque sono ancora di più stimolati a non perdere occasioni per rivolgersi a Dio, per chiedere ispirazioni sull’agire, per riconoscere mancanze e fragilità, per ricevere coraggio e ricominciare

concordi – ricorda l’amore, con lo stesso cuore. Avere il cuore aperto alla volontà di Dio, aiutarsi a comprendere la volontà di Dio a partire da situazioni diverse, da maturità di fede diversa.

In questo clima, ogni famiglia può fare esperienza della Pentecoste. La preghiera familiare assidua e concorde inaugura la stagione della vita secondo lo Spirito. La preghiera accompagna la vita della famiglia ma deve diventare più intensa in certi periodi, come l’attesa della Pentecoste o per esempio questi sono i mesi delle tappe sacramentali, più che in tutto l’anno liturgico molte sono le famiglie che si preparano a ricevere la prima Eucaristia, a celebrare il sacramento della Confermazione, il tempo dei matrimoni. Le tappe sacramentali sono sempre occasioni di crescita spirituale se ben preparate. Non sono mai una esperienza privata ma sempre comunitaria e principalmente perciò anche familiare. Ascoltiamo l’esperienza di una giovane ragazza che si è preparata al sacramento della Confermazione, in un tempo di prova molto difficile ma animato dalla testimonianza di fede del suo papà che non c’è più.  

“Mi chiamo Serena ho 20 anni. Appartengo al movimento Fraternità di Emmaus: i miei genitori intrapresero il cammino quando io avevo appena compiuto un anno. Sono dunque cresciuta in questa meravigliosa realtà facendo esperienza dell’incontro con Cristo… Ricordo che partecipavo agli incontri settimanali dei miei genitori, alle messe domenicali e soltanto dopo aver ricevuto il sacramento della prima Eucarestia ho avuto la possibilità di far parte di una comunità tutta mia, dove poter nutrirmi della Parola del Signore e condividerla con i miei fratelli di comunità. Qualche anno dopo però, tutto è diventato più complicato. Nel giugno del 2009 mio padre si è ammalato di un tumore ai polmoni e le cure, le preghiere non bastarono, solo due mesi dopo Lui non c’era più!

E quale grande sofferenza per una ragazzina di appena 13 anni veder volare via il proprio papà, nonostante le mille preghiere rivolte a quel Dio cui mi ero sempre affidata. È iniziato  un periodo oscuro nel quale mi sono allontanata dal Signore, ma Lui non mi ha abbandonato.  Ho capito che i tempi del Signore non sono i miei e che la volontà del Signore non è la mia.  Il mio papà aveva fatto troppo bene sulla terra ora era necessaria la sua presenza lassù, il Signore aveva bisogno di un nuovo Angelo!

Ho ripreso il mio cammino in Fraternità, con un cuore colmo di amore, fede e speranza, un cammino che continua tutt’ora e grazie al quale riesco a sopportare una sofferenza così grande, a colmare un vuoto così immenso. Penso che la fede sia il dono più grande che potessi mai ricevere, una sicurezza, una certezza. E nella piena convinzione di quanto detto ho deciso di intraprendere due anni fa il percorso per la Confermazione, decisione maturata successivamente ad una lungo periodo di discernimento, durante il quale chiaramente ho messo più volte me stessa in discussione. Guardando indietro sono felicissima di aver dato il mio sì al Signore, fidandomi e affidandomi  a lui proprio come fece Maria all’annuncio dell’angelo Gabriele, nella speranza di poter essere una matita nelle sue mani”.




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