SAN GIOVANNI PAOLO II

Perché Giovanni Paolo II è “il Papa della famiglia”? La parola a Padre Luca Frontali

Foto: giulio napolitano / shuttestock.com

In occasione del decimo anniversario della canonizzazione di Giovanni Paolo II, proponiamo un’intervista sul Papa polacco rivolta a Padre Luca Frontali, laureato in Filosofia presso l’Ateneo Regina Apostolorum e in Scienze della famiglia presso l’Istituto Giovanni Paolo II, attualmente dottorando in Teologia matrimoniale, collaboratore di Mistero Grande, Retrouvaille e autore per il blog Matrimonio Cristiano.

Padre Luca, grazie di cuore per la disponibilità. Ricorrono i dieci anni dalla canonizzazione di Giovanni Paolo II, chiamato anche il “Papa della famiglia”. Partiamo da tale definizione: perché il pontefice polacco ha ricevuto questo appellativo?

Era il mattino del 27 aprile del 2014, dieci anni fa, quando Papa Francesco canonizzava in Piazza San Pietro i beati pontefici Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII. Alla fine dell’omelia, Francesco definì appunto Karol Wojtyła “il Papa della famiglia”. Non sorprende l’affermazione, difatti Giovanni Paolo II – più di ogni altro pontefice – ha sviluppato la teologia e la spiritualità coniugale. I numeri parlano chiaro: un’esortazione apostolica Familiaris consortio (1981), il ciclo di catechesi sull’amore umano (1979-1984), la Lettera alle famiglie (1994), l’ideazione degli incontri mondiali delle famiglie (1994), la creazione di un Pontificio Istituto Teologico, esplicitamente finalizzato ad approfondire “il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia” (1981). In tutti questi interventi, Papa Wojtyła ha apportato qualcosa di “nuovo” nella visione cristiana riguardo all’amore sponsale. Difatti egli ebbe sempre chiaro che il matrimonio tra uomo e donna, e la famiglia che ne deriva, sono espressione della verità sull’uomo e sul suo destino ultimo. Dio, infatti, ha creato la persona maschio e femmina, imprimendo in essa il suo volto trinitario. Cosicché, vedendo una coppia noi possiamo intravedere, seppur con tutti i limiti e le distanze, qualcosa di Dio. Inoltre, Giovanni Paolo II interpretò l’amore umano non in modo orizzontale ma a partire dallo sguardo che ne ha Dio stesso, unendo ciò all’esperienza umana più genuina. Così, è nell’amore di Cristo e a partire da Lui che si comprende la verità della vocazione all’amore umano, intesa come dono sincero di sé, scevro da qualsiasi riduzione, frutto della mentalità del momento. In altre parole, solo in Gesù gli sposi possono trovare quel Bell’amore a cui sono ordinati e creati per natura.

In che modo Giovanni Paolo II ha contribuito a far emergere le peculiarità della spiritualità coniugale?

La spiritualità coniugale che Karol Wojtyła ha offerto alla Chiesa parte dal concetto di dono totale di sé, inteso come il modo più alto di riflettere l’immagine che Dio ha impresso, con la Creazione e con la Redenzione, nella persona umana e nella coppia. Affinché gli sposi possano vivere secondo il dono di sé e non soccombere all’egoismo, frutto del peccato, è necessaria l’effusione dello Spirito Santo che essi ricevono con il sacramento del matrimonio. In tal senso dobbiamo al grande Papa polacco l’aver messo in luce che la grazia nuziale porta a pienezza l’amore umano naturale: non vi toglie nulla, ma lo vuole far fiorire. Conseguenza di questo è la chiamata a vivere un amore pieno e casto. 

Leggi anche: San Giovanni Paolo II e “La bottega dell’orefice”: meditando sull’amore coniugale (puntofamiglia.net)

Il Papa polacco ha approfondito molto il sacramento del matrimonio: cosa hanno da imparare, oggi, gli sposi cristiani da San Giovanni Paolo II?

Direi sostanzialmente due grandi punti. L’amore sponsale è immagine della Trinità, cioè i coniugi sono un riflesso, sempre inteso in termini di analogia ma comunque reale, della Comunione tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo. E poi che tutto ciò è conseguenza della donazione in Croce di Cristo Sposo alla Chiesa sposa, di cui i coniugi sono memoria, attualizzazione e profezia. San Giovanni Paolo II insegna che il sacramento del matrimonio è un segno trinitario e un segno cristologico, due connotazioni che gli restituiscono quella dignità che era rimasta in ombra per lunghi secoli.

Teologia del corpo: perché il mondo ha bisogno ed ha urgenza di scoprirla?

Lo scrittore cattolico George Weigel ha definito la teologia del corpo come “una bomba ad orologeria”. Mi pare un’espressione alquanto azzeccata sotto due aspetti. Si può interpretare in due sensi. Il primo è che, ad oggi, è di fatto ancora in gran parte ignorata da sacerdoti e teologi che la considerano addirittura sorpassata o troppo rigida. In secondo luogo, che avrà prima o poi un effetto positivo e dirompente. È in effetti solo la punta dell’iceberg! Il ciclo di catechesi sull’amore umano, comunemente chiamato “teologia del corpo”, non è che una prolusione ad una riflessione che Giovanni Paolo II ha coraggiosamente iniziato ma che non è affatto conclusa. Per troppo tempo abbiamo bypassato la grandezza e la dignità del corpo umano, nientemeno che la “sede” dell’Incarnazione del Verbo e il Tempio dello Spirito Santo. Il nostro corpo sessuato ha un significato che coniuga armonicamente biologia, fisiologia, psicologia, spiritualità. La cultura moderna ha provocato una scissione tra anima e corpo ed oggi la cultura gender non ne è che l’erede. Sta a noi cristiani approfondire, insegnare – e soprattutto vivere nella testimonianza! – l’unità della persona umana, corpo e anima, spirito e carne. Con la teologia del corpo siamo solo agli inizi di una riscoperta del significato fisico e spirituale della distinzione della persona umana in maschile e femminile.

Domani, sabato 27 aprile, proporremo la seconda parte dell’intervista rivolta a padre Frontali, dove parleremo del legame tra Giovanni Paolo II e i giovani.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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