Aborto

“Stavo facendo un patto con il diavolo firmando per l’aborto di mia figlia”

aborto

di Anna Spinelli

Sul pianerottolo della sede della nostra Casa Editrice, c’è una stanza dove la vita e la morte si affrontano e la gioia e il dolore si intrecciano continuamente. È la stanza dei colloqui per la vita. Qui in pochi minuti spesso si consuma la scelta di portare avanti una gravidanza oppure no. Abbiamo chiesto alla responsabile di raccontarci un frammento di questa lotta…

Le mattinate trascorse in associazione sono sempre molto frenetiche: tante le cose da fare e le persone da incontrare. Dalla finestra salgono spesso le voci di mamme con i loro piccoli che si trattengono nel cortile a chiacchierare mentre le volontarie si prodigano a trovare nella dispensa cose di cui hanno bisogno.

Fa sorridere sentire donne africane che cercano di farsi comprendere da donne ucraine, mentre le mamme italiane tentano di fare la traduzione. La dispensa è anche questo: un incrocio di popoli!

Ma ci sono giornate in cui non si è disposti a dispensare sorrisi e parole rassicuranti, in cui senti il peso delle difficoltà e cerchi di non incrociare il volto di nessuno per non essere costretta ad “esserci”. Era così quella mattina quando il cellulare ha squillato; sul display un numero sconosciuto. Rispondo a fatica.

Dall’altro lato la voce di un uomo adulto che con tono prepotente mi dice che è in autostrada con la moglie e la figlia sedicenne incinta di ritorno da una clinica tristemente famosa in Campania per l’alto numero di aborti che si consumano ogni anno.

Queste le parole: “Questa mattina stavo facendo un patto con il diavolo firmando per l’aborto di mia figlia ma se lei mi promette di aiutarci potremmo cambiare idea”.

Chi è quest’uomo? Come può lasciare a me la responsabilità di salvare la vita di quel bambino! E poi perché un tono così prepotente, in fondo nemmeno lo conosco!

Trattengo il respiro per un attimo, invoco con il cuore Santa Gianna Beretta Molla, e chiedo loro di raggiungermi in associazione. Dovrei rientrare per il pranzo e invece telefono mio marito chiedendo di sostenermi con la preghiera. Per l’ennesima volta avrebbe avuto la possibilità di dimostrare ai nostri figli le sue doti da cuoco!

Non è la prima volta che incontro una donna intenzionata ad abortire ma ogni volta mi sento impotente quasi indegna a dover io difendere la vita del suo bambino. Temo sempre di non trovare parole giuste e di non riuscire a far posare lo sguardo della mamma sul volto del proprio bambino.  Non ricordo quanti grani del Rosario ho pregato nell’attesa del loro arrivo in associazione.

Che cosa avrei detto? Che cosa sarebbe successo?

Qualcosa però  mi ha scosso costringendomi ad abbandonare le mie insicurezze.

Quando sono entrati nella stanza ho visto un’esile ragazzina di appena 16 anni – potrebbe essere mia figlia! – lo sguardo perso e due profondi occhi azzurri gonfi per le lacrime. Ho visto sul suo volto la paura: paura di essere umiliata dalla gente, vivendo in un piccolissimo paese di montagna, abbandonata dal fidanzatino diciassettenne per aver scelto di tenere il bambino, paura di dover affrontare i genitori di lui che la ritengono una ragazza “di facili costumi” – il termine usato è stato un altro – , paura di dover abbandonare il suo sogno di diventare medico per andare un giorno in Africa ma soprattutto paura di vedere il suo papà soffrire ulteriormente per un lavoro che non c’è e per la difficoltà di non riuscire a sostenere la sua già numerosa famiglia di 4 figli, l’ultimo di soli 5 anni. I genitori anch’essi giovanissimi, non hanno più di quarant’anni, sono impauriti ed arrabbiati .

Queste le frasi dette a gran voce: “Me li date voi i soldi per le ecografie, per le analisi, per il mantenimento, per i pannolini? Per tutto ciò che comporta l’avere una casa, bollette da pagare e dar da vivere ad un neonato?.. Io non ho aiuti, come possiamo crescere questo bambino?”

No, questo bambino proprio non possono tenerlo. Urlavano il loro no a gran voce quasi a non voler ascoltare il no detto dai loro cuori alla scelta terribile dell’aborto.

Sono riuscita a dire semplicemente che nonostante le difficoltà quel bambino era già entrato nelle loro vite e che ero disposta a stare loro al fianco in questa straordinaria avventura.

Poi con l’aiuto di youtube  ho fatto vedere il “loro”  bambino a 11 settimane di “vita” e  ascoltare il battito del suo piccolissimo cuore.

Ho parlato loro del Progetto Gemma, delle case d’accoglienza, del nostro servizio alla maternità, del sostegno materiale che avremmo potuto garantire ma soprattutto della nostra amicizia.

Intanto vedevo che più io parlavo e più loro si rasserenavano, anche se il dolore era ancora fortemente presente.

Sentivo che lentamente iniziavano a intravedere una luce, una possibilità; era come se disperatamente cercassero di stringere forte una mano per non cadere giù, senza sapere se quella mano fosse reale o una pura illusione, ma era l’unica speranza che avevano in questo momento.

Il papà sarebbe quasi voluto andar via, stava a stento seduto sulla sedia ma poi ….. guardando negli occhi la moglie ha scelto di voler essere padre fino in fondo senza scappare di fronte a questa tremenda prova.

Quando stavano andando via si è voltato e mi ha sussurrato: “Questo bambino è anche mio nipote ed io gli voglio già bene!”

Io sono rimasta alla finestra a guardarli mentre si allontanavano senza sapere cosa pensare.

Cosa era successo? Chi sono io per influenzare una scelta così importante di persone fino a qualche ora fa a me sconosciute? Ho chiara solo una cosa: tutto ciò è stato possibile solo grazie ad una Presenza e la felicità che sento adesso per averli ascoltati in questi minuti interminabili è incredibile!

PS: Non ho capito come abbiano avuto il mio recapito telefonico, si vede che Lui  si avvale  anche del cellulare se serve a salvare un bambino e la sua mamma!




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

ANNUNCIO

1 risposta su ““Stavo facendo un patto con il diavolo firmando per l’aborto di mia figlia””

Bellissima storia raccontata alla perfezione !leggendo mi sono sentita partecipe di questa buona battaglia per la vita! Grazie Anna e grazie Dio che ci rende strumenti nelle sue mani

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.