Ordine e Matrimonio

Troppo spesso critichiamo i nostri parroci, non siamo disposti a vivere la sfida della comunione tra sposi e sacerdoti

matrimonio

di fra Vincenzo Ippolito

Sposi e presbiteri insieme, se accettano la sfida della reciprocità, costruiscono la comunità ecclesiale con il fuoco della carità che estingue il giudizio e apre il cuore all’accoglienza.

Cari Beatrice e Lorenzo,

ultimamente mi diletto a spegnere gli incendi nella vostra parrocchia … e che incendi! Come faccio a saperlo? Don Luca è venuto da me, sembrava un fiume in piena e mi ha travolto nelle acque vorticose dei suoi pensieri. Molti del vostro “Gruppo famiglie”, venuti per gli auguri di Pasqua, mi hanno trovato ancora fradicio, ma non si sono fatti scrupolo a rigettarmi nella tempesta dei loro cuori. Stremato come un naufrago che ha raggiunto la spiaggia, vorrei riposare, ma il mio cuore desidera tanto parlarvi. Sapevo che non sareste venuti per non arrecarmi dolore. Soffro sì e tanto nel sapervi dispersi, lontani dall’unità per cui Gesù pregò il Padre, spenti nel desiderio di ricercare il bene e di attuarlo. Satana ha propagato tra voi la fiamma della discordia, la peste della mormorazione serpeggia dovunque: “Troppo giovane ed inesperto”, dicono alcuni, “Così impacciato da far tenerezza!”, sentenziano altri.

Quanto dolore soffre il Cuore di Cristo dal quale, la sera della consegna, è scaturito il dono del sacerdozio ministeriale! Cari amici, il vero problema non è don Luca, ma siete voi. Credete che un sacerdote debba essere perfetto, pronto a rispondere ad ogni domanda, sempre all’altezza di ogni situazione. Spiacente, ma non è così! La Grazia del sacramento dell’Ordine, come del matrimonio, non elimina i nostri limiti, ma abita misteriosamente la nostra debolezza. Ogni presbitero è impastato di luce e di ombre, di grandezza e di fragilità. Non siamo poi così diversi da quei primi che Gesù ha chiamato ed amato, accolto e sempre perdonato. Siamo testardi come Pietro e semplici come Andrea, inclini al tradimento come Giuda e pronti alla corsa come Giovanni. Eppure l’umanità nostra contiene il dono di Dio per ogni creatura: per sua grazia, noi rendiamo presente Gesù sull’altare; noi immergiamo i vostri piccoli nell’acqua perché riemergano figli di Dio.

Sì, noi, così fragili e pieni di colpe, in nome Suo, rimettiamo i peccati e la nostra voce, temprata dallo Spirito, ha la potenza di Cristo: scaccia i demoni, consola gli affranti, ridona la vita e apre ai morenti le porte del Cielo. Come questo avvenga, resta per noi un mistero e viviamo avvolti dallo stupore, nella lotta continua, a tutti nascosta, di offrire a Dio l’obbedienza non semplice di un’ umanità spesso ribelle. Lorenzo, figlio mio, don Luca è uguale a te, che non sempre riesci a dialogare con il tuo Francesco e a far comprendere ad Angela, la tua primogenita, che chi viene prima nella generazione, lo deve essere anche nel dono. Beatrice, piccola mia, il tuo parroco è proprio come te, delicato e sensibile, generoso nell’offerta ma pronto a chiudersi a riccio, se non accolto ed amato. Don Luca è come l’Eucaristia che insieme ricevete ed adorate, un Pane piccolo e fragile da stringere tra le mani, ma che, mangiato con fede, dona la vita di Dio. Imparate a vedere Dio nel vostro sacerdote, a considerarlo specchio della tenerezza del Padre, segno della compassione di Gesù, orma della Presenza consolatrice dello Spirito. Amatelo quando la sua fragilità impedisce alla Grazia di agire e comprendetelo quando la sua umanità vi è di inciampo: tutti abbiamo ereditato da Adamo il peso della creaturalità. Stategli accanto con carità perché, consumato dalla Scrittura, sia incisivo nel parlare, profetico nel guardare il mondo, maturo nel confermare i fratelli, misericordioso con i lontani, compassionevole verso i sofferenti, pronto a riconoscersi servo inutile, sempre. Una sola cosa dovete pretendere da lui, che sia santo e che le fragili fibre del suo cuore siano per voi perfetta immagine del petto squarciato del bel Pastore.

Ma perché questo si realizzi, dovete pregare per lui ogni giorno, consumarvi nella supplica, presentarlo al Padre nella preghiera. E poiché: “Il digiuno ottiene ciò che la preghiera chiede”, sarebbe buona cosa astenersi dalla mormorazione e mortificarsi con il digiuno. Metodi arcaici? Non direi proprio, li ha vissuti e consigliati per primo Gesù! È ormai tardi, Grisù si ritira nella sua caverna, dopo aver dismesso l’elmetto e deposto la giubba. Non fatevi vedere ancora con carte e fiammiferi, mi raccomando e industriatevi di bruciare nell’intimo, come ammonisce san Francesco, per amore delle fragilità del fratello. Solo lo Spirito può infiammare i cuori con la carità che accoglie e perdona, aiuta e pazientemente attende. Vi affido a Maria, invocandola Regina della famiglia e Madre di Gesù sacerdote.




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1 risposta su “Troppo spesso critichiamo i nostri parroci, non siamo disposti a vivere la sfida della comunione tra sposi e sacerdoti”

Non è vero che solo i preti giovani sbagliano…noi in parrocchia abbiamo un vice parroco giovane, si impegna molto…certo deve maturare ancora spiritualmente…però ha molte belle qualità, ma a me le delusioni peggiori le hanno date quelli con almeno 30 anni di sacerdozio alle spalle…meno male che pure il Papa parla di mondanità! Si vede che conosce bene i preti…

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