Post aborto

“Dopo dimenticherai…”: sottovalutare l’aborto volontario

aborto

di Gabriele Soliani

Non sono considerazioni false, fuorvianti o fatte solo per “spaventare le donne purtroppo sono vere, studiate scientificamente e anche dimostrate. Stiamo parlando della “sindrome post aborto”, cioè quei sintomi psicologici e fisici che moltissime donne soffrono dopo aver abortito volontariamente. Anche le giovanissime donne.

“Dopo dimenticherai” dicono quelli che inducono, spingono o consigliano l’aborto. Sono parole all’apparenza benevole e consolatorie, ma che si riveleranno ben presto non vere. Altre parole comuni, dette da chi propone alla donna di abortire, sono: “Dopo starai meglio”. Un’ulteriore tragica bugia, che confonde la donna, già spaventata e sola, nella decisione che sta per prendere. Si pensa infatti che la donna sia “convinta” del gesto abortivo, ma si tratta solo di “determinazione” a risolvere il problema che le provoca angoscia a causa della inaspettata gravidanza. Si confonde la determinazione con la convinzione, e così ci si blocca per timore di condizionarla o ferirla. Il “dopo aborto” raccontato dalle donne stesse ci aiuta a capire bene questa sottile differenza.

La «sindrome post aborto» è stata studiata soprattutto in Canada, negli U.S.A., in Svezia e in Finlandia. Le numerose ricerche basate su dati clinici mettono in luce come, dopo un aborto volontario, la donna incontri nella sua vita numerose difficoltà. (“Aborto volontario, le conseguenze psichiche”, a cura di S. Gindro, S. Mancuso, G. Astrei, R.Bracalenti, E.Mordini, CIC Edizioni Internazionali 1996; “Post Abortion Sindrome its wide ramifications”, ed. Peter Doherty, 1995; “Dopo starai meglio”, G. Soliani, Università Ambrosiana Ed., Milano 2000). Appena fatto l’aborto si instaura una “specie di sollievo” per essersi quasi liberate di “un problema”; questo succede a molte donne, ma per moltissime, dopo questa “specie di sollievo”, inizia un cammino a tappe realmente doloroso.

La prima tappa è il dolore per aver commesso un atto violento, poi la rabbia per chi l’ha convinta o condizionata, la sfiducia per l’uomo, la disistima per se stessa quando si accorge che non può più tornare indietro. Gli studi e le ricerche sono numerosi, accurati e concordi, ma bastano questi pochi cenni per fare capire qualcosa. Spesso tutto sembra ben nascosto e superato, ma non è affatto così. Anzi!

L’esperienza comune sa che basta poco per far riemergere l’antica ferita, ed ora gli studi lo dicono chiaramente. Anche chi è favorevole all’aborto lo ammette.

Una donna che ha abortito volontariamente ha il 28% in più di possibilità di suicidarsi rispetto ad una donna che non ha abortito. Il dato è preoccupante e sconfortante.

Una adolescente che abortisce ha il 5% di probabilità di diventare tossicodipendente. I “piccoli” numeri non traggano in inganno perché stiamo parlando di donne e di adolescenti donne, e non di semplici calcoli statistici.

Si tratta di un dolore sommerso e volutamente “rimosso” dalla coscienza civile, che, legalizzando l’aborto e rendendolo un diritto, non se ne fa assolutamente carico.

La donna è lasciata sola e si pensa che con una pacca sulla spalla e con la frase “ dopo ti passerà” tutto si risolva.

Altri studi dimostrano che l’aborto per aspirazione può causare danni permanenti alla parete uterina e cicatrici che possono impedire altre gravidanze. Danno su danno.

Ritengo sia giusto dire alla donna che vuole abortire che, con questo gesto, sopprime la vita del suo bambino e che dopo potrebbe incorrere in serie conseguenze per la sua vita. La legge 194 non fa alcun cenno al riguardo. Anche per questo la legge 194 non è “a favore” della donna. Chissà quante sono, anche nella nostra città, le donne che portano dentro questo doloroso segreto! Non possiamo lasciarle sole.




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