Attacchi espliciti alla democrazia: tornando sul caso di Roccella al Salone di Torino

Ritorniamo sul caso di Eugenia Roccella al salone del libro di Torino. Le contestazioni violente dei manifestanti che volevano impedirle di presentare il suo libro devono spingerci a una riflessione più ampia dell’episodio in sé. È allarmante che si verifichino attacchi tanto espliciti alla democrazia, con il silenzio – o addirittura il benestare – di politici come la Schlein e giornalisti come Saviano. 

«Ho poi invitato chi contestava a dialogare con il ministro, muovendole in modo anche duro critiche a cui avrebbe potuto rispondere. Il gioco democratico tra cittadini e potere è fatto anche di dure critiche. Mi sembrava che i contestatori non accettassero questo tipo di invito (anche qui: chi contesta, purché in modo non violento, decide come contestare). A quel punto, colpo di scena: una deputata di Fratelli d’Italia, Augusta Montaruli (dunque stiamo parlando di istituzioni), la quale evidentemente pretendeva che dicessi quello che voleva lei, ha cominciato ad aggredirmi verbalmente con una furia e una violenza verbale abbastanza sconcertanti: “Vergogna! vergogna!” A quel punto, pieno di imbarazzo per lei, sono sceso da un palco dove tra un po’ dovevo evitare che la deputata mi si scagliasse addosso».

Sono parole affidate a Facebook da Nicola Lagioia, scrittore e direttore uscente del Salone del Libro di Torino. I fatti cui si riferisce sono noti. La ministra Eugenia Roccella doveva presentare il suo libro Una famiglia radicale, uscito quest’anno con Rubbettino. C’è da precisare che, quando scrisse il libro, l’autrice non aveva cariche politiche.

Diciamo subito che il libro è molto bello: attraversa decenni della nostra storia dal punto di vista di una donna (ma prima bambina, ragazza…) figlia del fondatore di quel Partito radicale che poi sarebbe stato di Pannella e della Bonino, per dire di due storici avversari della causa della vita nascente. Una biografia non esattamente inquadrabile in quella di una baciapile. 

Eugenia venne battezzata solo per le insistenze di un’inflessibile zia sicula ed ebbe come padrino di Battesimo l’allora segretario radicale Sergio Stanzani; madrina di Cresima invece Liliana Pannella, sorella di Marco. E chissà che, come scrisse il ‘mio’ poeta Clemente Rebora, di famiglia massonica ma pure battezzato per le insistenze di parenti, l’“ignorato Battesimo” non abbia efficacemente operato portando in entrambi i casi alla conversione. 

Fatto sta che, come sappiamo, Eugenia ha finito per combattere insieme a noi del Movimento per la vita la buona battaglia della legge 40 e del successivo referendum: con risultati che, pur in parte smantellati da interventi di tribunali e della stessa Corte Costituzionale, mantengono fermi alcuni capisaldi, a partire dall’art. 1 della stessa legge 40, che “assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”. Eccolo, nero su bianco, il diritto alla vita garantito sin dal concepimento!

Certo, Eugenia è da sempre favorevole alla legge 194, che nel 1978 ha di fatto depenalizzato l’aborto. Ma ha sempre inteso l’aborto come un male da evitare; si pensi alla sua recente uscita televisiva in cui ha sì ammesso che l’aborto sia una libertà delle donne, ma aggiungendo un “purtroppo” che le ha attirato gli strali dei settori più trinariciuti (come avrebbe detto Guareschi) del campo abortista.

Leggi anche: Gay Pride a Milano e utero in affitto: presunto “diritto a un figlio” spacca la sinistra (puntofamiglia.net)

Ma, se andiamo a vedere, quel “purtroppo” rivela una sofferenza e, insieme, il desiderio di un superamento delle cause “che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza”, come recita il testo della legge e come ribadito dalla sentenza Vassalli della Corte Costituzionale (n. 35/1997), invitando a fare il possibile per tutelare – con i diritti della madre – anche quelli del concepito.

Il punto è che ci sono oggi formazioni abortiste che ritengono inammissibile anche aiutare una donna a continuare la gravidanza. Il livello delle loro argomentazioni lo si è visto appunto al Salone di Torino: sdraiarsi per terra, inveire contro la ministra-scrittrice, insomma dar fuori da matti (ben 26 manifestanti denunciati dalla Digos per violenza privata).

La cosa che dispiace, e un po’ anche diverte, è la reazione tra il Pilato e il don Abbondio del direttore Lagioia, cui sui riferisce lo stralcio qui sopra riportato: si notino espressioni come “muovendole in modo anche duro critiche a cui avrebbe potuto rispondere” o come “anche qui: chi contesta, purché in modo non violento, decide come contestare”; e infine: “nelle democrazie la contestazione ne fa parte [sic] ma perché non trasformare questa occasione in un dialogo tra uno di voi e il ministro?” (con conciliante risposta delle contestatrici e dei contestatori: “Noi del loro pensiero ce ne freghiamo”, cfr. La Stampa del 20 maggio). 

Non una parola di condanna sul fatto che, a una presentazione, conferenza ecc., è inammissibile impedire di parlare a chicchessia, a prescindere dalle sue idee, che naturalmente potrebbero essere criticate civilmente in fase di dibattito. 

Sorprende poi nell’intervento di Lagioia la contraddizione tra la prima parte, dedicata alle contestazioni verbali alla Roccella, e la seconda, in cui passa invece alle contestazioni mosse a lui stesso dall’onorevole Augusta Montaruli, proveniente dal movimentismo universitario di destra. A un mio studente avrei fatto notare che – secondo logica – le aggressioni verbali (vere o presunte che siano, ma non è questo il punto) di quest’ultima dovrebbero pesare almeno quanto le prime, che invece vengono arzigogolatamente giustificate da Lagioia, in barba ai 26 denunciati per violenza privata (dunque mica solo di parole si tratta!). 

Insomma, una pagina penosa per il Salone e per la cultura stessa. Tuttavia, dispiace, e ancora una volta un po’ diverte, anche la reazione irragionevole della segretaria PD Elly Schlein, di Roberto Saviano e di Michela Murgia che, come altri e altre, hanno voltato la frittata accusando di intolleranza la Roccella. Mah…

Per fortuna alla nostra Eugenia non è mancata solidarietà anche a sinistra. Per esempio, da parte di Carlo Calenda e Matteo Renzi, oltre che del sindaco di Torino Stefano Lo Russo (PD). Del resto, libertà e democrazia sono valori universali e trasversali. E bene ha fatto Avvenire, in un elzeviro non firmato (che esprime dunque la linea del giornale) a bollare l’accaduto come “Un gesto illiberale nel tempio dei libri”, evocando opportunamente lo spettro di Fahrenheit 451, il romanzo distopico di Ray Bradbury in cui leggere o anche solo avere dei libri è reato, tanto che esiste un corpo di vigili del fuoco che ha il compito di bruciare ogni volume in circolazione. 

Sarà questo l’ideale dei contestatori di Torino? E lo scrittore Lagioia non ha colto il pericolo?

Concluderei con la chiosa dello stesso elzeviro di Avvenire: “Roccella avrebbe voluto presentare la sua autobiografia ideale, politica e umana, la storia di una donna libera: un libro, appunto. Che paura fa?”.

Una domanda da girare ai contestatori e alle contestatrici, dentro e fuori Parlamento.




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Gianni Mussini

Gianni Mussini, quinto di otto figli, è nato a Vigevano nel 1951. Laureato a Pavia, alunno dell’Almo Collegio Borromeo fondato da san Carlo (e citato da Manzoni nei Promessi sposi). Docente di Lettere (da ultimo al Liceo classico “Ugo Foscolo”), ha anche insegnato per 12 anni alla Scuola interuniversitaria lombarda per la formazione degli insegnanti. Autore di due libri di poesia (tra cui Rime cristiane eccellentemente recensito dal Corriere della sera e da Avvenire) e di molti studi ed edizioni specialmente sul poeta Clemente Rebora, ma anche su altri autori (tra cui Jacopone da Todi, Cesare Angelini, Manzoni), per Garzanti, Scheiwiller, Piemme, De Agostini, Storia e Letteratura. Ha collaborato a testi scolastici (La Scuola, Le Monnier, De Agostini) e raccolto in volume testimonianze di Vite salvate (Interlinea, Novara, con prefazione di Claudio Magris), ora moltiplicate nel volume Donne in cerca di guai, uscito nel 2018. Per 8 anni è stato presidente dei Centri di aiuto alla vita della Lombardia e per 12 vicepresidente nazionale del Movimento per la vita. Dal 2005 al 2012 ha invece presieduto il Consultorio familiare onlus di Pavia (dedicato al servo di Dio Giancarlo Bertolotti), del quale è stato fondatore. Ha organizzato diversi convegni, nazionali e internazionali, sui temi della vita e della famiglia, e anche corsi di aggiornamento, anche letterari, rivolti a insegnanti. Per 17 anni ha infine organizzato il Festival nazionale “Cantiamo la vita”, con la partecipazione di ospiti di fama internazionale. Last not least. È sposato con Maria Pia, e con cui ha generato Cecilia, Giacomo e Lorenza.

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