Messaggio per 46ª Giornata Nazionale per la vita: “Andiamo oltre le ideologie”

“Sono numerose le circostanze in cui si è incapaci di riconoscere il valore della vita tanto che, per tutta una serie di ragioni, si decide di metterle fine o si tollera che venga messa a repentaglio”. Si apre così il messaggio per la quarantaseiesima Giornata Nazionale per la Vita, promulgata dalla Conferenza Episcopale Italiana, che si terrà il 4 febbraio 2024.

Nel testo si offrono alcuni esempi in cui la vita è umiliata. In primis, si parla della guerra, che porta a vedere “la vita del nemico” (soldato, civile, donna, bambino, anziano) come “un ostacolo ai propri obiettivi e può, anzi deve, essere stroncata con la forza delle armi o comunque annichilita con la violenza”. 

Vi è poi la vita del migrante che “vale poco”, per cui “si tollera che si perda nei mari o nei deserti o che venga violentata e sfruttata in ogni possibile forma”.

Anche la vita dei lavoratori non sempre è considerata inviolabile e talvolta è vista come “una merce”,

da “comprare con paghe insufficienti, contratti precari o in nero”: essa si può anche “mettere a rischio in situazioni di patente insicurezza”. 

L’elenco prosegue, con tante tragiche situazioni che affliggono il mondo: “la vita delle donne viene ancora considerata proprietà dei maschi – persino dei padri, dei fidanzati e dei mariti – per cui può essere umiliata con la violenza o soffocata nel delitto”, poi c’è “la vita dei malati e disabili gravi” che “viene giudicata indegna di essere vissuta” (tanto che “si arriva a presentare come gesto umanitario il suicidio assistito o la morte procurata”). Infine, “la vita dei bambini, nati e non nati, viene sempre più concepita come funzionale ai desideri degli adulti e sottoposta a pratiche come la tratta, la pedopornografia, l’utero in affitto o l’espianto di organi”. 

Ultimo, ma non per importanza, l’aborto, “indebitamente presentato come diritto”, che viene “sempre più banalizzato, anche mediante il ricorso a farmaci abortivi”.

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Tuttavia, il messaggio prosegue nel segno della speranza: “se si è capaci di superare visioni ideologiche, appare evidente che ciascuna vita, anche quella più segnata da limiti, ha un immenso valore ed è capace di donare qualcosa agli altri”.

“Quante volte – si spiega per esempio – il capezzale di malati gravi diviene sorgente di consolazione per chi sta bene nel corpo, ma è disperato interiormente”. E “quanti poveri, semplici, piccoli, immigrati… sanno mettere il poco che hanno a servizio di chi ha più problemi di loro”. 

Parlando di disabili, quante volte “portano gioia nelle famiglie e nelle comunità, dove non ‘basta la salute’ per essere felici”. 

Inoltre, “quante volte colui che si riteneva nemico mortale compie gesti di fratellanza e perdono” oppure “quanto spesso il bambino non voluto fa della propria vita una benedizione per sé e per gli altri”. 

Una domanda emerge con forza nel documento: “Quali sono i criteri certi per misurare la felicità e la realizzazione di una persona?” 

Si corre troppo spesso il rischio che “prevalgano considerazioni di carattere utilitaristico o funzionalistico”, e così “gli sbagli del passato si ripetono e nuovi continuamente vengono ad aggiungersi, favoriti dalle crescenti possibilità che la tecnologia oggi offre di manipolare e dominare l’essere umano”.

La Giornata per la vita vuol dunque essere “da parte di tutte le donne e gli uomini”, si presenta come “un forte appello all’impossibilità morale e razionale di negare il valore della vita, ogni vita”. Di fatti, “non siamo padroni” della vita.

La Giornata vuole assumere “una valenza ecumenica e interreligiosa – si spiega nella lettera – richiamando i fedeli di ogni credo a onorare e servire Dio attraverso la custodia e la valorizzazione delle tante vite fragili che ci sono consegnate, testimoniando al mondo che ognuna di esse è un dono, degno di essere accolto e capace di offrire a propria volta grandi ricchezze di umanità e spiritualità a un mondo che ne ha sempre maggiore bisogno”.




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