SACRAMENTO DEL MATRIMONIO

Quando Gesù spiegava che la donna non è una “cosa” e la meta dei coniugi è il Paradiso

Di chi sono l’uomo e la donna? Gesù risponde: di Dio. Tante volte ho potuto vedere questo: è il Signore che si serve di mio marito per amarmi e si serve di me per amare lui, proprio come chiede ad un missionario o ad una suora di accogliere i suoi figli più piccoli e dimenticati su questa nostra terra. Qualunque sia la nostra vocazione cristiana, è l’amore di Dio che ci precede, ci riempie, ci manda. 

Tempo fa, mi colpì ciò che disse un sacerdote, durante la sua omelia, commentando il passo del Vangelo in cui i sadducei chiedono a Gesù “di chi sarà” la donna rimasta vedova di sette fratelli nel giorno della Resurrezione.

Ecco il brano, dal Vangelo di Luca (20, 27-38)

In quel tempo si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda:

– Maestro, Mosè ci ha prescritto: «Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello». C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie.

Gesù rispose loro:

– I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per Lui.

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“Gesù fa notare che la domanda è posta male – disse il don, durante quella celebrazione – Non solo perché i suoi interlocutori guardano all’eternità con categorie terrene, ma perché pensano che la donna sia proprietà dell’uomo, sia una ‘cosa’ dell’uomo. Di chi sarà questa donna, invece, alla fine della sua vita? Di Dio. Noi, tutti, siamo di Dio. L’uomo e la donna si accolgono, si donano, si appartengono reciprocamente nell’amore, ma sono figli di Dio, entrambi. E nessuno è proprietà di qualcun’altro, la donna non è proprietà dell’uomo e ovviamente vale anche il contrario. I sadducei, quindi, non erano in errore solo perché non credevano nella vita dopo la morte, ma anche perché pensavano che una persona, creata per l’eternità, possa essere proprietà, cosa, di un’altra persona. Gesù smaschera questa mentalità e mette in guardia da essa, spiegando che lo sposo dell’anima di ognuno di noi è Dio”.

Mi colpì questa omelia perché mi ricordò che il matrimonio è, a tutti gli effetti, una via per andare in cielo, ma sia io che mio marito apparteniamo prima di tutto ad un Dio che ci ama più di noi stessi: il mio sposo, oggi, è il tramite di Dio per me, come io sono il tramite di Dio per lui. Siamo consacrati l’uno all’altra, ma la meta di entrambi è l’incontro definitivo con Dio, sposo eterno dell’anima.

Il Signore che si serve di mio marito per amarmi, nella quotidianità, proprio come si serve di me per amare lui. Allo stesso modo il Signore si serve di un missionario o di una suora per amare i suoi figli più piccoli e dimenticati su questa nostra terra. 

Qualunque sia la nostra vocazione – consacrazione, sacerdozio, matrimonio – è l’amore di Dio che ci precede, ci riempie, ci manda, ci invia in missione. E questo vale senza dubbio anche per il matrimonio, anche il matrimonio è una missione! 

Io, come sposa, sono chiamata a ricordare, con i miei gesti, con le mie parole, con le mie preghiere, a mio marito di quale amore – un amore di predilezione – è amato anzitutto dal Signore. 

Siamo consapevoli che con il sacramento delle nozze siamo diventati ambasciatori dell’amore di Dio nella vita del nostro sposo, della nostra sposa? 

Abbiamo accolto questa vocazione sapendo che l’altro non è “nostro”, per questo non possiamo e non dobbiamo “usarlo” come una cosa, ma ci è affidato, perché possa essere felice anche grazie alla cura che gli doniamo? 




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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