LA FEDE IN FAMIGLIA

Trasmettere la fede ai figli? La mia vita cambiò quando iniziammo a pregare in famiglia

pregare con i figli

di Angela De Tullio

Fino ai miei undici anni ho coltivato il rapporto con Dio da me, in base a quello che ascoltavo al catechismo o a scuola. Ho sempre sentito questo filo conduttore con Dio. Era un balsamo per me. Mio padre, però, non voleva saperne di pregare. A undici anni, successe un fatto che cambiò tutto, per il quale oggi posso dire davvero quanto sia importante pregare insieme in famiglia…

Voi, che ricordo avete del rapporto con Dio durante la vostra infanzia? Vi invito a riflettere su questo, poi capirete il perchè. 

Io ricordo una me bambina che provava sollievo nel rivolgersi a Dio come ad un Amico. Un Amico con cui sentirmi libera di parlare delle mie paure. Crescendo ho compreso come Lui fosse un Padre a cui rivolgermi in ogni momento, senza mai sentirmi giudicata. Da bambina no, era il mio Amico, ci dialogavo quando mi sentivo un po’ triste, prima di addormentarmi o durante la notte se mi svegliassi senza riuscire subito a riaddormentarmi. Sono stata una bambina molto ansiosa e rivolgermi a Lui mi tranquillizzava. 

Ovvio, mi tranquillizzava anche correre nella camera dei miei genitori nel cuore della notte. Avete presente la classica scena del genitore che si sveglia e si ritrova il figlio o la figlia con i capelli scombinati lì in piedi, accanto al lettone? Da infarto, esatto!

Fino ai miei undici anni ho coltivato questo rapporto con Dio da me, in base a quello che ascoltavo al catechismo o durante le ore di scuola perché frequentavo una scuola privata gestita dalle suore maestre Pie Filippini. 

Ho sempre sentito questo filo conduttore con Dio, la consapevolezza che Lui, tramite gli angeli, fosse accanto a me e mi proteggesse. Era un balsamo per me.

A 11 anni successe un fatto che cambiò tutto. Mio padre era lontanissimo dalla chiesa anni luce, mia madre gli chiedeva da anni di accompagnarla ad ascoltare delle catechesi “speciali” che si svolgevano in parrocchia in un preciso periodo dell’anno. Quell’anno, il 1996, mio padre disse un “Sì”, come quello detto da Maria all’angelo Gabriele. 

Durante quelle catechesi gli è stata fatta una domanda: “Vuoi essere felice? Vuoi la vita eterna?”.

Stava avvenendo un miracolo e io non lo sapevo ancora. 

Abbiamo iniziato a pregare insieme come famiglia, mio padre, mia madre, mio fratello e io. Dopo due anni, è nata mia sorella, una figlia che probabilmente non sarebbe mai nata perché: “due figli sono sufficienti!”. 

La nostra vita è cambiata. Quel “sì” ha permesso che, come famiglia, crescessimo nella fede e ha dato ai miei genitori il dono di capire l’importanza della trasmissione della fede ai figli.

Torniamo alla domanda iniziale: che ricordo avete del rapporto con Dio durante la vostra infanzia?

State spiegando ai vostri figli che, come diceva san Gregorio Nazianzeno “è necessario ricordarsi di Dio più spesso di quanto si respiri?”.

Leggi anche: Studenti scapestrati in gita a Parigi pregano Maria: ottengono miracolo per il loro professore (puntofamiglia.net)

Gesù, nel suo essere uomo, ha imparato a pregare dai suoi genitori e dalla tradizione ebraica, gli è stata trasmessa la fede.

La famiglia cristiana costituisce il primo focolare dell’educazione alla preghiera, accompagnata dagli educatori del catechismo e dalla maestra/professoressa di religione a scuola.

In forza della loro dignità e missione, i genitori cristiani hanno il compito specifico di educare i figli alla preghiera, di introdurli nel colloquio con Lui. 

L’elemento fondamentale è l’esempio concreto, la testimonianza viva dei genitori: solo pregando insieme con i figli, il padre e la madre portano a compimento il proprio sacerdozio regale, scendono in profondità nel cuore dei figli, lasciando tracce che i successivi eventi della vita non riusciranno a cancellare. Saranno per loro un fondamento indelebile. 

Fin dalla tenera età potremmo parlare ai nostri figli del miracolo della loro nascita, di come Dio li ha creati perfetti così come sono. Dell’importanza di dare un nome al loro angelo custode per farli sentire al sicuro anche quando noi genitori non siamo accanto a loro fisicamente. 

Anche i nonni possono avere un ruolo fondamentale in questo senso.

Io e mio marito abbiamo tre figli e da quando sono piccoli, la sera, li abbiamo abituati a pregare prima di addormentarsi, a rivolgersi all’angelo custode con la semplicissima preghiera: “Angelo di Dio che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi governa me che ti fui affidato dalla pietà celeste, Amen”. 

Si potrebbe fare una preghiera prima di arrivare a scuola, magari nel viaggio in macchina, per affidare a Dio la giornata scolastica. A volte vi risponderanno che è una noia, soprattutto se grandicelli, ma vi garantisco che si abitueranno a farlo e custodiranno questo seme nel loro cuore e nei loro ricordi.

Il vero senso della vita sta nella forza dei propri ideali. Se gli ideali sono forti, diventa forte anche il proprio modo di stare al mondo. Nei momenti di difficoltà verrà loro spontaneo rivolgersi a Dio e si sentiranno meno soli. E di questo, i ragazzi di oggi, hanno davvero tanto bisogno!




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