La sessuologa Thérèse Hargot: “Per stare insieme a qualcuno bisogna essere qualcuno”

Foto: https://theresehargot.com/

di Cristiana Mallocci

Nel libro “Una gioventù sessualmente liberata (o quasi)”, Thérèse Hargot fotografa le conseguenze negative di una liberalizzazione sessuale che ci ha resi schiavi. Dice che bisogna ripartire dalle basi, per aiutare i giovani a vivere una sessualità appagante e ricorda che per stare con qualcuno bisogna essere qualcuno. 

Fulgidi capelli dorati, straordinariamente bella, sguardo cristallino come il cielo, fisico mozzafiato, poco più che trentenne, tre figli, Thérèse Hargot sembra fatta apposta per sfatare clamorosamente ed efficacemente in un sol colpo tutti i monotoni e sterili luoghi comuni sulla sessualità. Questa giovane belga residente a Parigi, ma con lunghi ed indimenticabili trascorsi newyorkesi, infatti, da sessuologa laureata in filosofia, master alla Sorbona, si interroga sulle profonde ferite e gli atroci danni procurati ed inflitti della menzognera liberazione sessuale e dall’atrocità dell’aborto

Ella sostiene l’intelligenza, la ragionevolezza e l’efficacia dei metodi naturali, contrapponendosi fieramente e ferreamente alla pillola, nonché all’eccessiva e degenerante libertà sessuale dei ragazzi.

Inoltre, ella ritiene sapientemente che parlare di sesso a scuola come si fa oggi sia estremamente infecondo e pernicioso.

Ciò che colpisce è che Hargot fa tutto questo da super laica, e, si suppone, perfino da non credente: nel suo illuminante e fecondo libro, “Una gioventù sessualmente liberata (o quasi)”, infatti, Dio non appare mai neppure vagamente all’orizzonte. Eppure, l’autrice giunge esattamente alle medesime conclusioni dei cattolici. 

Se osi proferire la definizione “metodi naturali” in Italia, temo con fondata certezza che la maggior parte della gente pensi ad una straniante tecnica vegana, finalizzata a produrre efficacemente lo yogurt in casa coi fermenti. Nei cosiddetti libri di scienze che i ragazzi devono acquistare e consultare per frequentare le scuole statali (gli stessi che sovente assimilano  teorie e scienza, quali ad esempio: darwinismo e riscaldamento globale, che appunto in quanto teorie dovrebbero poter essere accolte o meno e non insegnate come verità), in quei libri, dicevamo, tra le copiose ed ardenti pagine dedicate alla contraccezione, i metodi naturali, sono poco più che una nota a piè di pagina, trattati alla stregua di un mero dato di curiosità o di una pennellata di desueto folclore.

Qui da noi è solo la Chiesa che li propone, li spiega li insegna; li diffonde e li difende. E una esigua minoranza li vive, o almeno ci prova. Nel fatiscente e tristemente depauperato immaginario collettivo odierno, la donna che conosce ed applica i metodi naturali è per definizione avvilita, tendenzialmente poco attraente e sempre in dolce attesa, non una bionda con il physique du role da attrice che parla di sesso tutto il giorno – ai ragazzi nelle scuole ed agli adulti nel suo studio privato – e ci autorizza a pensare che abbia una vita intima pienamente appagante e stabile (è sposata con un solo uomo) nonché feconda (hanno tre bambini).

Il suo “no” alla pillola, dunque, è un preziosissimo alleato del nostro “no”, intendo di quello di noi cattolici, che diciamo orgogliosamente, ostinatamente ed irrevocabilmente “no” a tutto ciò che impedisce a Dio di prendere l’iniziativa sulla nostra vita

Il “no” della Hargot è un “no” che prende le mosse solo dalla ragione, dall’attenta ed empirica osservazione della realtà – ciò che facciamo anche noi credenti, vedi la splendida ed illuminante enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II – senza neppure aver bisogno di compiere il passo ulteriore, quello della fede. Perché la pillola è nemica della donna, in quanto fa il gioco oscuro e degenerante del maschilismo; rende il corpo femminile perennemente a disposizione dell’uomo, senza che questo rischi di prendersi delle responsabilità. E poiché il desiderio della donna a causa della ricaduta ormonale della pillola viene penosamente inchiodato e ridotto al suo livello più basso ed istintivo – come quando, naturalmente, la donna è infeconda – è lei la prima a trarne evidenti ed ingiusti svantaggi. 

Leggi anche: “Una gioventù sessualmente liberata”, un’atea innamorata del cristianesimo (puntofamiglia.net)

Quella della Hargot è dunque la legittima e dirompente rivendicazione di una sessualità vissuta in pienezza ed in modalità soddisfacente per entrambi, non solo a favore dell’uomo. 

In sintesi, insomma: la pillola non è una conquista femminista, ma una fuorviante ed eclatante menzogna: “eredi di un femminismo che si ritorce oggi contro le donne stesse, perché invece di modificare la società patriarcale le si è totalmente sottomesso, incoraggiando le donne a modificare il proprio corpo al fine di adattarvisi”. Esattamente quello che succede con l’aborto e con la costrizione di lavorare come gli uomini, come se non avessimo ritmi, specificità ed esigenze differenti. 

Per non parlare – sempre in riferimento alla pillola – dei casi di morte (una ventina all’anno solo in Francia) o di paralisi (che coinvolgono 2500 francesi ogni anno). Inoltre, tra le controindicazioni troviamo nientedimeno che: aumento del rischio di cancro al seno, possibilità maggiore di contrarre tumori al fegato, infezioni vaginali, alterazioni della libido, vomito, acne ed eruzioni cutanee, variazioni di peso, dolori mammari, cefalee, asma, secrezioni dai seni, depressione, emicranie, nausee, perdita dell’udito. 

Per quale motivo ci condanniamo a vivere tutto questo? E per cosa? Solo per non aprirci alla possibilità di concepire un figlio? (Peraltro, neppure così immanentemente minacciosa: conosco più persone che fanno fatica a concepire che il contrario, purtroppo).

Perchè rischiamo la pelle, o almeno la salute, e ci neghiamo il piacere di una sessualità vissuta in feconda e benedicente pienezza? (Il calo della desidero nel bugiardino della pillola è elencato come solo uno dei molteplici effetti collaterali, come se fosse un dettaglio irrilevante). 

Il discorso sui metodi naturali è efficacissimo nella pars destruens di tutti i metodi contraccettivi artificiali, anche se, a dire il vero, il libro è privo proprio della pars construens, ovvero di tutta la ricca ed arricchente riflessione sulla bellezza di una sessualità accolta e donata, come insegna la teologia del corpo di Giovanni Paolo II. Proprio per questo, forse, il testo è singolarmente efficace e pragmatico, in quanto parla nitidamente alla dilagante confusione del mondo con gli stessi argomenti di quest’ultimo. 

Con la medesima modalità, peraltro, critica con sincera autorevolezza la libertà sessuale degli adolescenti e quella alla pornografia: “in sei anni, l’umanità ha guardato l’equivalente di 1,2 milioni di anni in video pornografici e ha visitato 93 miliardi di pagine porno su piattaforme gratuite. Ciò che era sulfureo è diventato all’improvviso banale”. L’autrice si limita a fotografare ed esporre in modo obbiettivo e preciso le conseguenze, le ripercussioni negative che certi comportamenti hanno sul desiderio, sul piacere sessuale, senza alcun giudizio morale. 

È questo che rende il libro praticamente inattaccabile. Di fronte alla felicità e alla libertà apparente diffusa nella sessualità – la Hargot ha ascoltato migliaia di storie a riguardo – è ora che il mondo si ponga qualche quesito. La presunta liberazione ci ha lasciati solamente con l’animo vuoto, il cuore in frantumi e niente in mano, provocando peraltro una desolata e desolante voragine educativa ed affettiva. Bisogna ripartire dalle basi. Prima di reclamare la banale e monotona libertà di compiere qualsiasi atto ci venga in mente, bisogna ricordare che “per stare insieme a qualcuno, bisogna innanzitutto essere qualcuno”. Perché la sessualità non è quella specie di ginnastica finalizzata a banale ad effimero esercizio di piacere a cui purtroppo l’ha mestamente ridotta il mondo oggi, ma ha a che vedere con l’ambito più profondo, intimo ed unitario dell’individuo, cioè la persona, e può essere molto, molto più bella di quanto ci hanno fatto erroneamente credere.




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