Basta vivere insieme per realizzare un matrimonio? Come rispondeva Francesco

Abbiamo pensato di proporre, a più riprese, una riflessione che aiuti a sviscerare il pensiero di Papa Francesco sul matrimonio e sulla famiglia e che ci permetta di portare alla luce il vero contributo, ancora inesplorato, di Amoris Laetitia. Di seguito la seconda parte del nostro percorso.

Nell’omelia dell’apertura del Sinodo del 4 ottobre 2015 il Santo Padre Francesco così ebbe a dire: «Dio non ha creato l’essere umano per vivere in tristezza o per stare solo, ma per la felicità, per condividere il suo cammino con un’altra persona che gli sia complementare (…). [Dio] Unisce i cuori di un uomo e una donna che si amano e li unisce nell’unità e nell’indissolubilità. Ciò significa che l’obiettivo della vita coniugale non è solamente vivere insieme per sempre, ma amarsi per sempre! Gesù ristabilisce così l’ordine originario ed originante. […] solo alla luce della follia della gratuità dell’amore pasquale di Gesù apparirà comprensibile la follia della gratuità di un amore coniugale unico».

Nel ricordare il disegno primordiale di Dio Padre sull’uomo (confermato con forza dal figlio Gesù) ribadisce l’unità e l’indissolubilità del matrimonio chiarendo l’obiettivo della vita matrimoniale che è amarsi sempre. Un sempre che ha il sapore d’infinito, di eterno.

Il cammino scandito dai due sinodi è confluito nell’esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia. Questa non si presenta come un testo di teologia ma, piuttosto, come un orientamento per una rinnovata tappa dell’evangelizzazione della coppia e della famiglia. L’uso di un linguaggio semplice e diretto rivela l’intento di parlare ai lontani, a coloro che hanno smarrito la strada. Un testo, dunque, non rivolto ad una piccola élite capace di comprendere discorsi teologici, ma a tutti coloro che si sforzano di vivere il Vangelo nella quotidianità della vita. Ciò ha fatto in modo che, almeno nelle prime settimane di grande dibattito, si uscisse dalla palude dove era stata confinata la pastorale familiare. Anche se l’esortazione, fin dalla sua pubblicazione, è stata accompagnata da numerose critiche, essa racchiude in sé una grande novità per quanto riguarda la spiritualità coniugale e familiare. La troviamo nel capitolo nono, breve, ma denso, la cui sventura è stata l’essere posizionato dopo l’ottavo sul quale, invece, i media puntarono i riflettori provando a far dire al Papa ciò che non è contenuto nel documento. Il documento ha il grande merito di auspicare una spiritualità propria della vita familiare che scaturisca dallo stato di vita matrimoniale, nato e consacrato il giorno delle nozze. Non tutti nella Chiesa sono concordi nel riconoscere questo stato già ipotizzato da san Giovanni Paolo II. 

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Gli sposi vengono confusi nel gran calderone dei laici e non riconosciuti come viventi uno stato proprio. Esso, invece, si innesta sul battesimo e origina una spiritualità tipica delle attività feriali ordinarie della vita familiare che comprende come componente propria (e non come “cose” estranee o addirittura di ostacolo alla santificazione dei coniugi) quelle azioni che normalmente sono state percepite come allontanamento dalla vita in Dio. Ancora oggi, in molti ambienti ecclesiali, fare catechesi è considerato come aspetto di dignità maggiore dell’accudire un familiare. L’esortazione sottolinea che gli sposi sono chiamati alla santità grazie al matrimonio e, soprattutto, vivendo nel mondo. A questo serve il capitolo quarto, dall’emblematico titolo l’amore nel matrimonio, che si apre con questa citazione: «La grazia del sacramento del matrimonio è destinata a perfezionare l’amore dei coniugi» (Al, 89). L’affermazione del papa riprende quanto già aveva affermato il Vaticano II nella Gaudium et spes, 48: «L’autentico amore coniugale è assunto nell’amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla forza redentiva di Cristo». La grazia che scaturisce dal sacramento del matrimonio eleva e trasforma l’amore dei coniugi rendendoli immagine dell’amore di Dio, di quell’amore testimoniato da Paolo nell’inno della carità in 1Cor 13, 1-13. Secondo quanto afferma san Paolo, ogni amore risulta inutile e vuoto se vengono a mancare Dio, sorgente del vero amore e il dono del suo Santo Spirito. «Nella vita familiare c’è bisogno di coltivare questa forza dell’amore che permette di lottare contro il male che la minaccia» (Al, 119). La riflessione di Francesco a partire dall’inno alla carità rappresenta un piccolo trattato di teologia spirituale della coniugalità. Nemmeno san Giovanni Paolo II era arrivato a tanto.

Francesco, riprendendo Familiaris Consortio, 94, mette ben in risalto che gli sposi, in virtù dello Spirito Santo, vivono una dimensione totalmente diversa da quella che andrebbero a vivere nel matrimonio naturale. Il loro amore è innalzato a vette altissime, aldilà della coppia e, perciò, va vissuto per santificarsi e santificare la Chiesa. «Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l’uomo e la donna capaci di amarsi come Cristo ci ha amato. L’amore coniugale raggiunge quella pienezza cui è interiormente ordinato, la carità coniugale» (Al, 120). In forza dello Spirito Santo l’amore umano dei due sposi viene assunto nell’amore di Dio, trasformandosi nel riflesso dell’alleanza indistruttibile di Cristo con la Chiesa, rendendo i due una sola carne: «Quando un uomo e una donna celebrano il sacramento del matrimonio, Dio, per così dire, si rispecchia in essi, imprime in loro i propri lineamenti e il carattere indelebile del suo amore. 




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Assunta Scialdone

Assunta Scialdone, sposa e madre, docente presso l’ISSR santi Apostoli Pietro e Paolo - area casertana - in Capua e di I.R.C nella scuola secondaria di Primo Grado. Dottore in Sacra Teologia in vita cristiana indirizzo spiritualità. Ha conseguito il Master in Scienze del Matrimonio e della Famiglia presso l’Istituto Giovanni Paolo II della Pontificia Università Lateranense. Da anni impegnata nella pastorale familiare diocesana, serve lo Sposo servendo gli sposi.

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