Incontro

Torneremo a baciarci e ad abbracciarci? Sì, ma come?…

guanti

di Ida Giangrande

Ho incontrato un’amica. Le ho teso una mano ma il lattice dei guanti ha impedito all’una di assorbire il calore dell’altra. Quanto dolore nella solitudine! Questa storia non durerà per sempre, ma alla fine avremo recuperato il senso autentico dell’incontro con l’altro?

Negli ultimi tempi, complice anche la quarantena e il molto tempo a disposizione, mi sono accostata, (in punta di piedi e da profana a dire il vero) alle opere di uno dei nostri fiori all’occhiello: Antonio Canova. 

Le sue opere scorrono spesso sulla timeline di Facebook e ormai siamo talmente abituati a vedere la grazia di quei marmi viventi impressa nelle sue sculture, che nemmeno ci facciamo più caso. Eppure quelle statue apparentemente mute, sembrano quasi voler dire qualcosa al nostro tempo. 

Dal gruppo delle Grazie opera composta tra il 1812 e il 1817 ad Amore e psiche che invece risale 1793. Da Dedalo e Icaro del 1779 a Venere e Marte del 1816 è tutto un tripudio festante di uomini e donne che si cercano, si abbracciano, si incontrano. Si incontrano, ecco il punto. Se provo a sfogliare, una ad una, le opere di questo strabiliante scultore del Trevigiano, mi sembra di vedere la parola incontro, rappresentata magnificamente in un caleidoscopio di soggetti umani. Mi sbaglierò, ma per Canova sembra che nessuno sia veramente solo, nemmeno Paolina Borghese, che nella sensualità delle sue fattezze sembra stia parlando o sorridendo con qualcuno al di fuori del dipinto. Almeno da quello che vedo io, per Canova è sempre tutta una questione di relazioni interpersonali, che presuppongono un incontro di anime fatto per passare anche attraverso il corpo: non è forse proprio questo di cui siamo stati privati a causa della pandemia?

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L’isolamento non appartiene all’uomo, Canova nelle sue stupende sculture dal sapore immortale ce lo insegna. Non ci basta sentirci al telefono, il cuore chiede di poter vedere colui o colei che ama, chiede di poter gustare l’espressività del viso, il profumo della pelle. L’altro giorno mi è successo di vivere un’esperienza bellissima eppure conturbante. Mi sono voltata e ho incontrato un’amica, non una qualsiasi, una di quelle che definisco sorelle. Ci eravamo sentite tante volte durante la quarantena, ma quando ci siamo viste non abbiamo potuto fare a meno di toccarci per poi scoppiare in lacrime perché entrambe indossavamo i guanti e attraverso il lattice freddo e incolore, penetrava solo una piccola parte di quel calore umano di cui avevamo entrambe bisogno. È stata una sensazione terribile. Ci siamo dette che sarebbe passata presto e anche qui abbiamo voluto proteggerci a vicenda perché sapevamo entrambe che passerà quando avremo un vaccino, fino ad allora l’incontro tra le persone sarà inquinato dalla paura e dalla minaccia di questa ombra oscura saltata fuori da chissà dove.

Sono tornata a casa piena di rabbia. Chi lo avrebbe mai detto che nel 2020 avremmo dovuto uscire di casa in guanti e mascherine! E mentre la prostrazione stava prendendo il sopravvento, Facebook mi ha riproposto un taglio della scultura delle Grazie.  Aglaia, Eufrosine, e Talia, figlie di Zeus, secondo la mitologia classica. Tre divinità che diffondevano nel mondo splendore, gioia e prosperità. Grazie incarnate, manco a farlo apposta, nel corpo di tre bellissime donne. Nella scultura, di cui esistono due versioni, l’una tocca l’altra, i volti sono dolcemente accostati, il tocco è appena appena accennato, la leggiadria che ne emerge fa vibrare il respiro. Ti sembra davvero di vedere raffigurato il senso della presenza di qualcuno nella tua vita, il bisogno di acquisire energia e solidità dal contatto con l’altro. Mi sono commossa rispetto a quell’immagine e ho capito il significato nascosto in quel messaggio: quella dell’incontro tra le persone è una bellezza senza tempo. Una pausa come questa che stiamo vivendo non serve a scalfirne l’importanza ma al contrario, aiuta a rivalutarne il valore profondo. Quante carezze senza senso abbiamo dato prima della pandemia, quante volte abbiamo sprecato abbracci vani motivati dall’ipocrisia più che da un sincero slancio del cuore. Quante volte abbiamo toccato con avidità, baciato per capriccio, abbiamo incontrato l’altro offendendolo senza accorgercene, magari senza nemmeno volerlo. Avevamo forse perso il senso più autentico dell’incontro? Forse sì! E, forse, rivalutare la pienezza dei gesti, delle emozioni, dei momenti… dell’altro sarà un’occasione per non “sprecare” la pandemia. 




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