Un medico a scuola da Madre Teresa

di Giuseppe Noia

La testimonianza del prof. Noia, ginecologo presso il Gemelli di Roma. Ha incontrato Madre Teresa nel 1981. Da quel giorno non ha mai smesso di servire l’embrione definito dalla Madre Teresa “il più povero tra i poveri”.

Lo scorso 5 Settembre ha rappresentato, per quanti difendono la Vita, una data importante: è stato il tredicesimo anniversario della morte di Madre Teresa, donna che ha volto la sua esistenza all’aiuto ai bisognosi, ai malati, ai “più poveri dei poveri”, secondo quanto il Signore ci ha insegnato.

Ed è proprio nel bambino non ancora nato che ella vedeva “il più povero tra i poveri”. Vorrei ricordarla attraverso una rivisitazione di quei momenti di grazia speciale che Dio mi ha fatto per averla potuta conoscere personalmente, essere un co-worker, un suo collaboratore nella difesa del bambino non nato e rivolgere a me stesso uno “Shemah” particolare poiché attraverso questa esperienza ho potuto comprendere cosa significhi liberare la mia vita da alcune forme di schiavitù e liberare tante donne che si rivolgono a me come ginecologo da tante schiavitù psicologiche ed angosce sia nell’accogliere la vita debole sia nel vivere il dono della corporeità e della femminilità.

Ho incontrato idealmente e spiritualmente Madre Teresa, attraverso un circuito televisivo interno, la prima volta nel dicembre del 1981 quando al momento della laurea Honoris Causa (che le ha conferito l’Università Cattolica) lei, rivolgendosi ai medici del Policlinico Gemelli, disse: “E a voi medici di questo Policlinico io dico: aiutate le mie suore e le mie ragazze madri di Casa Allegria, qui a Primavalle. E se c’è una donna che non vuole il proprio bambino give to me (datelo a me), lo prendo io”.

Ho raccolto, per grazia di Dio, questo invito e tre giorni dopo mentre una Missionaria della Carità, Sister Shalom, si aggirava con una donna somala gravida nel nostro ambulatorio, mi feci avanti “What are you looking for?(Cosa sta cercando?)” “I’m looking for a gynecologist. (Sto cercando un ginecologo)” “Eccomi”, dissi, offrendo la mia disponibilità a visitare quella donna e a collaborare per il futuro. Creammo poi una task force di medici, ostetriche, infermieri e volontari che si incontravano una volta al mese a via S. Igino Papa, sede di Casa Allegria.

Dopo la S. Messa si discutevano i problemi e le attività per aiutare le suore e le ragazze madri di quella casa. A distanza di 25 anni, nel dicembre 2006, erano più di 1.500 le mamme cha avevano rifiutato l’aborto e portato avanti la gravidanza. Madre Teresa diceva: “Noi siamo una goccia, ma senza questa goccia non può arrivare l’oceano di Dio.” Facciamoci gocce, oggi, domani, sempre!

Madre Teresa è stata senza dubbio una donna che, nelle sue parole, lasciava trapelare vistosamente la volontà del Signore, lasciando stupito ed esterrefatto l’interlocutore o la massa che la ascoltava; non faceva distinzioni di razza e cultura, prestava soccorso a chiunque, seppure in una comunità a maggioranza induista che molte volte non ha esitato ad inveire contro di lei. È proprio con il suo forte temperamento che è riuscita ad avvicinarsi a loro ed a guadagnare la loro fiducia.

A me è rimasto il suo esempio e la sua luce: “servire il più povero tra i poveri”, l’embrione, che per un ginecologo è il massimo dell’insegnamento e della testimonianza che ho cercato di raccogliere. La luce dei Santi, però, è “penetrante” come solo il dito di Dio sa fare ed ha uno stile delicato, semplice, umile, come una “brezza leggera” che ti pervade, senza farti violenza. Sviluppando la frase precedente ho pensato che se l’embrione è il più povero tra i poveri, il malformato è ancora più povero, e il feto terminale era il massimo della povertà. E allora ho pensato che al massimo della povertà si deve rispondere col massimo dell’amore.

Ricordo altre sue parole, direttamente rivolte a me, in un lungo colloquio serale il 2 dicembre 1986 dopo che ero stato chiamato da lei a S. Gregorio al Celio. Parlò delle “nuove povertà” che nessuno guarda e che esistono veramente, spesso molto vicino a noi e dentro di noi, ma che distratti, non riusciamo a vedere. La povertà delle persone che ci sono vicine: la povertà della solitudine e dell’angoscia, la povertà di mancanza di salute delle persone anziane, l’angoscia, la povertà della mancanza di progetti e di speranza delle persone depresse, la povertà dell’animo inquieto, invidioso, calunniatore, la povertà del cuore che non sa darsi perché pieno di sé. “Queste povertà nell’occidente opulento sono molto più diffuse che in India e in Africa”.

Che chiave di lettura per la nostra giornata! Gli occhi del nostro cuore devono cercare di vedere queste povertà nella realtà di ogni giorno, nelle persone che incontriamo e con cui lavoriamo quotidianamente, rispondendo con piccoli (ma grandi) gesti di amore, comprensione, affabilità, fraternità, disposizione ad ascoltare ed aiutare; piccoli gesti agli occhi degli uomini, grandissimi agli occhi di Dio. Dobbiamo invertire i nostri punti di riferimento.

In un incontro con gli studenti della Facoltà di Medicina mi fu rivolta questa domanda:  “Prof. Noia, lei è docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, nella facoltà di Medicina e Chirurgia; lei insegna a studenti che, in qualche modo, hanno la volontà di esercitare la loro futura professione tenendo soprattutto conto degli insegnamenti di Cristo, operando a servizio della vita umana. Qual è stato dunque il messaggio che Madre Teresa le ha lasciato? E soprattutto, quale messaggio ha lasciato questa Santa dei nostri giorni, anche a noi, giovani studenti di Medicina, impegnati in difesa della Vita?”.

Il 25 maggio 1996 dopo l’invito a rivisitare l’Istituto di Ginecologia che le avevo rivolto (era già venuta da noi nel 1986 pregando intensamente nel nostro Day Hospital) per ringraziare i medici e le ostetriche che avevano assistito le ragazze madri, mi disse personalmente: “Voi medici siete dei privilegiati, dei contemplativi in azione. Quando con le parole toccate il cuore e con le mani il corpo dei vostri pazienti sofferenti, voi toccate in loro Gesù Cristo Sofferente”. Che privilegio toccare Gesù 24 ore su 24!

Quale  più grande messaggio potevo desiderare di avere? E quale più grande messaggio mi sento di trasmettere ai giovani studenti e futuri medici? La nostra missione quotidiana è dunque incontrare Gesù in ogni persona che soffre e lenire le sue sofferenze: vi pare poco? Ma per farlo dobbiamo preparare il nostro cuore e gli occhi del cuore a riconoscerLo. Credo sia molto pertinente ciò che diceva Giuseppe Moscati, il medico santo: “Beati noi medici tanto spesso incapaci di allontanare una malattia. Beati noi se ci ricordiamo che, oltre al corpo, abbiamo di fronte della anime immortali e divine per le quali urge il precetto evangelico di amarle come noi stessi.” Madre Teresa mi salutò quel sabato di maggio lasciandomi una regola, che io mi permetto di trasmettere.

Essa riguarda ogni azione della nostra giornata ed è fruibile da tutti, poiché tutti abbiamo quotidianamente delle scelte da fare e per chi farle. Ella mi disse: “Quando devi far qualcosa… ”, e alzò la sua mano rugosa allargando le dita, “… ricordati la regola della cinque dita (five fingers rule): I do it for Jesus (Io faccio questo per Gesù)” Ecco il messaggio per noi impegnati in difesa della vita. Dobbiamo sentire queste parole come dono e responsabilità, ma poi dobbiamo concludere: “Siamo solo gocce”.




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