Rinascere genitori

di Francesco Vadilonga

Quando parliamo di bambini in affido o in adozione dobbiamo sempre tener presente la famiglia d’origine perché molto spesso genitori poco capaci sono stati dei bambini trascurati, maltrattati, abusati. È la nostra storia, è il modo in cui noi siamo stati accuditi che ci mette nelle condizioni di poter essere più o meno sufficientemente in grado di fare i genitori. Credo che sia importante richiamare le esperienze positive che facciamo durante l’infanzia, costituiscono delle risorse importanti a cui attingere nelle circostanze della vita, tristi o felici. L’affido e l’adozione sono soluzioni per permettere ai bambini di incamerare queste risorse che i loro genitori, naturali, biologici, non sono in grado di dargli.  I bambini per poter crescere bene hanno bisogno di poter avere una relazione con un adulto sensibile e responsivo. Sensibile vuol dire un adulto che sia in grado di cogliere i segnali dei bambini, di leggere i bisogni dei bambini e responsivo che sia in grado di dare delle risposte a questi bisogni. Un bambino che piange nella culla  se non ha qualcuno che durante la notte si alza e le prova un po’ tutte, prova a dare il latte, prova a cambiare il pannolino, prova a ninnare,  per cercare di capire il bisogno che sta esprimendo con il pianto, il bambino non avrà la risorsa per capire i bisogni dell’altro.

E’ fondamentale che ci sia un adeguato nutrimento non soltanto dal punto di vista materiale, ma anche dal punto di vista affettivo ed emotivo.

Grazie ad alcuni studi condotti da H. Harlow sappiamo che c’è correlazione tra come si è  stati allevati e come si alleva, le assenti o carenti scorte di cure genitoriali producono delle conseguenze sulla personalità adulta e viceversa le relazioni di tipo traumatico possano causare dei disordini e appunto delle conseguenze a lungo termine. È importante tenere presente che i genitori che non hanno potuto costruire una buona immagine di sé e delle relazioni interpersonali di solito hanno avuto dei modelli interni che si basano su figure di adulti inaffidabili, hanno vissuto di essere stati traditi, di essere stati delusi.  Al riguardo ricordo l’esperienza di una bambina di cinque anni adottata. Dopo alcuni anni la madre adottiva è rimasta incinta, è nato un fratellino, il papà alla nascita l’ha portata in ospedale da sua mamma  e la prima cosa che la bambina ha detto alla sua mamma è stata: Ma mamma che ne facciamo di questo, lo teniamo o lo lasciamo?”. Certo si può pensare all’invidia, alla rivalità tra fratelli, ma perché quell’invidia, quella rivalità si esprime  attraverso il dire “lo teniamo o lo lasciamo”, perché questa bambina ha vissuto sulla sua pelle l’esperienza che si può essere tenuti o si può essere lasciati, nel suo caso è stata lasciata, quindi, immaginiamo, se questa bambina non fosse adottata, quindi non avesse l’opportunità di un percorso riparativo, non avesse l’opportunità di cambiare i propri modelli. Quindi è importante avere come riferimento l’esperienza reale dei bambini.

Quindi chi sono questi genitori, ritorniamo un po’ alla domanda che ci siamo posti all’inizio, sono dei genitori che hanno chiaramente un’immagine di sé incompetente, inadeguata. Possono essere delle persone che hanno letto la loro storia traumatica attribuendo a se stessi la responsabilità di come sono andate loro le cose nella vita. Possono essere delle persone che hanno reagito un distacco emotivo per non provare il dolore hanno soppresso le emozioni, quindi sono persone incapaci di porsi in una relazione in maniera calma e pratica. Quindi, se abbiamo avuto dei buoni genitori, con delle buone figure di riferimento, diventeremo a nostra volta dei buoni genitori, o viceversa se non abbiamo avuto questa fortuna diventeremo a nostra volta dei genitori inadeguati, dei genitori non capaci. Credo che allora bisogna un po’ complessificare il discorso.

Rileggere  la propria storia

Noi sappiamo da numerosi studi, alcuni anche nell’ambito della teoria dell’attaccamento, che una variabile importante è la capacità di pensare, di riflettere sulla propria storia e sappiamo che c’è una relazione tra un attaccamento sicuro e questa capacità. Se il bambino si sente completo, si sente accolto, si sente in sintonia con l’adulto che se ne occupa in questa relazione fa una occorrente esperienza di rispecchiamento, viceversa se si trova in una relazione di attaccamento insicuro non avrà la possibilità di riconoscere ed esplorare la mente dell’altro, quindi non avrà gli strumenti per capire i bisogni e mettersi in una situazione di empatia.

E’ fondamentale dunque che questi genitori acquistino la capacità di darsi delle spiegazioni, di riflettere su come magari nella loro vita le cose sono andate. Questo ci interessa anche relativamente ai percorsi di aiuto che possiamo elaborare. Ciò che fa la differenza è la possibilità di essere aiutati a ripensare la propria storia e a ripensare i propri percorsi. Ecco, quindi, per concludere, noi non possiamo cambiare il significato di quello che ci è accaduto nel passato, se abbiamo avuto delle delusioni, dei traumi, in una certa misura ciascuno di noi avrà qualche scheletrino che si porterà dietro, noi non possiamo cambiare quello che è accaduto, ma possiamo cambiarne il significato, possiamo dare un significato che non ci penalizzi, che non ci fa sentire così fortemente inadeguati. L’obiettivo della valutazione è quello di comprendere i modi attraverso cui i genitori hanno attribuito un significato alla propria storia e considerare la possibilità di aiutarlo a darle un significato più plausibile ed accettabile.




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