Da cattolica dico…

di Luisa Santolini Parlamentare

Da quando è scoppiata la polemica sulle convivenze sono state scritte una infinità di cose dai personaggi più diversi e altrettante cose sono state dette nei dibattiti televisivi come nelle Aule parlamentari. I toni sono sempre più alti e le idee, a mio avviso, sempre più confuse. È necessario fare chiarezza. È un problema che non dobbiamo sottovalutare. La battaglia  si rivela difficile e insidiosa ma, come disse una volta Giovanni Paolo II al Forum delle Famiglie, “non possiamo cedere”.

Molti accusano la Chiesa di ingerenza e di provocare divisioni insanabili nella stessa comunità cristiana. I vescovi hanno preso posizione perché il problema non è essenzialmente di natura religiosa ma una sfida antropologica e sociale, che solo dopo diventa politica o economica. Qui si contrappongono due visioni diverse della società e dell’uomo. La Chiesa non è disposta ad assistere in silenzio a questo “suicidio collettivo”. Come ha scritto Luigi Amicone sul Foglio “matrimonio e famiglia non servono per salvare l’anima nell’al di là, ma a salvare una comunità politica al di qua”. Matrimonio è famiglia sono parte integrante della storia dell’uomo, in tutte le culture, sono la base comune di tutte le civiltà. La Chiesa si espone a critiche per difendere e promuovere una società degna dell’uomo. Quando i Vescovi scrivono “Non possumus” dicono che loro non possono. Non obbligano nessuno a seguirli; dicono solo che la coscienza del cristiano si ribella non solo a una legge di bassissimo profilo ma ad una visione del mondo che aggredisce la verità e confonde libertà con libertinaggio.

A leggere certi giornali sembra che il mondo cattolico non sia compatto. Ritorna l’obiezione di coloro che un mio caro amico chiama cattoconfusi: “io credo nella famiglia, ma questo non basta perché io possa pretendere che tutti si adeguino ai miei valori, soprattutto all’interno di uno stato laico”. Se facciamo la stessa domanda ad un sindacalista cattolico o ad un ambientalista convinto, o ad un pacifista sempre cattolico le risposte sono molto diverse, anzi nessuno di loro si pone  domande o si preoccupa del fatto che le sue battaglie in caso di vittoria saranno imposte a tutti e che tutti si dovranno adeguare ai valori che loro avranno voluto scrivere nelle leggi. Sarebbe per lo meno strano che dicessero: “Io mi batto contro lo sfruttamento nel lavoro o per la pace o contro l’inquinamento, ma non permetterò che delle leggi  obblighino gli altri ad accettare i miei valori. Non potrò impedire lo sfruttamento, la guerra, il degrado ambientale”. E infatti non lo dicono.

E perché questo non deve valere per la vita, la famiglia, l’educazione? Stato laico non è uno Stato che declina una sorta di “liberi tutti” o uno Stato che sceglie per il bene comune. Lo stato non crea ma riconosce i valori. La famiglia è tra questi. La Chiesa non afferma valori suoi ma quei valori che fanno bene all’uomo. Certamente il dialogo è fondamentale per cercare di convincere e per cercare alleati, l’intransigenza non porta lontano, l’integralismo pure, ma alla fine bisogna scegliere da che parte stare e tutti lo devono fare, non solo i parlamentari quando votano ma anche gli insegnanti a scuola, i parroci davanti alla loro gente, i genitori a tavola con i propri figli, gli operai che discutono con gli amici durante la pausa pranzo.

La separazione tra vita e fede, che tanti guasti ha procurato dal Concilio Vaticano II in poi, va affrontata sapendo che ogni No è in realtà un Sì a qualcosa di più grande e più impegnativo e che la Dottrina sociale della Chiesa è la bussola che orienta. E’ questione di Fede e di coerenza, ma è anche un problema culturale e se da un lato non si può essere cattolici solo nel chiuso delle proprie case dall’altro è urgente impegnarsi per consegnare ai nostri figli una società  migliore.




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