Avere ancora fiducia nella vita

di Chiraz Awad

Il sistema educativo libanese è influenzato dalla situazione del paese. In modo particolare le prime agenzie educative e cioè le scuole vivono una profonda divisione tra quelle cattoliche e quelle statali. Le scuole cattoliche inoltre sono private e le tasse scolastiche sono molto care e inaccessibili per la maggior parte delle famiglie. Per cui anche se le famiglie cristiane aspirano a far studiare i propri figli in queste scuole perché esse assicurano una base solida sia nello studio delle lingue straniere sia per il catechismo, si vedono poi costrette a mandarli nelle scuole statali che di fatto non hanno né i mezzi finanziari né i criteri pedagogici per offrire allo studente una formazione della persona.

L’Educazione tra l’ Essere e l’ Avere

Nella parte che segue, proviamo a reagire di fronte ad alcune sollecitazioni contenute nella Lettera di papa Benedetto.

“Abbiamo tutti a cuore il bene dei nostri figli, adolescenti e giovani”. Qual è il senso che si dà al bene? Qual è il bene che cerchiamo per i nostri figli? Cos’è il bene per i nostri giovani? Bisognerebbe mettersi d’ accordo sul significato e il senso che diamo a questa parola. “Non possiamo dunque non essere solleciti per la formazione delle nuove generazioni, per la loro capacità di orientarsi nella vita e di discernere il bene dal male, per la loro salute non soltanto fisica ma anche morale”. Per poterlo fare, abbiamo bisogno di precisi punti di riferimento. Attualmente, i punti di riferimento non ci sono, perché la scala delle priorità è rovesciata. Esiste una confusione tra ciò che veicola i mass media e ciò che insegna la Chiesa.  Nello stesso tempo anche nella Chiesa c’è una divisione tra ciò che si vive e ciò che si dice. Si può partecipare, senza trovare pertanto il legame con la vita quotidiana: è un dovere che non ha alcuna risonanza nel vissuto. In ciò che riguarda “la loro capacità d’orientarsi”, ciò esige un’educazione all’autonomia, che fornisca tutte le caratteristiche necessarie per operare una scelta, un’educazione che metta l’alunno di fronte al concreto: conoscersi e conoscere il mondo che lo circonda.

Essere coerenti

“La libertà dell’uomo è sempre nuova e quindi ciascuna persona e ciascuna generazione deve prendere di nuovo, e in proprio, le sue decisioni. Anche i più grandi valori del passato non possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati attraverso una, spesso sofferta, scelta personale”.

Non bisogna angosciarsi sempre per questa differenza tra le generazioni poiché ogni generazione ha le sue caratteristiche e fa le sue scelte. L’importante è essere vero e coerente con i valori del Vangelo, portare in sé l’amore, la carità, la fiducia e la gioia di vivere. Si, i nostri giovani hanno bisogno della gioia di vivere, di persone che hanno fiducia in Dio e nel futuro, e che possano testimoniare e trasmettere questa fiducia. In un mondo come il nostro, fare di Dio un fondamento di vita diventa sempre più difficile. Mettere Dio nel nostro quotidiano è contro il progresso e contro la mentalità attuale. Anche nelle nostre Università cattoliche che formano gli educatori di domani, rari sono i corsi che offrono valide  riflessioni. La domanda fondamentale sarebbe quindi: dove formare gli  educatori per i nostri istituti cattolici? Educatori che siano testimoni dell’ amore di Dio? Dio l’educatore per eccellenza è il primo ed unico pedagogo. Educare è una missione, è vero ma come e dove ci si può formare per questa missione? Nella nostra formazione attuale presso un università cattolica incontriamo giovani che seguono corsi di Educazione per essere dei futuri insegnanti. Essi ricevono però una formazione scolare, provengono da un mondo incapace di dare un senso alla loro vita, da una società superficiale. Come questi giovani possano formare i nostri figli? Su quale base e secondo quale scala di valori?

L’ educatore è un testimone della verità e del bene”. Come essere un testimone della verità e del bene? Cos’ è la verità e il bene? Si dovrebbero domandare molti educatori “Quando però sono scosse le fondamenta e vengono a mancare le certezze essenziali, il bisogno di quei valori torna a farsi sentire in modo impellente”. È vero. Questo bisogno si sente in modo pressante nel Libano d’oggi. I giovani riconoscono ciò che è vero, lo cercano, sono sensibili a tutto quello che è sincero e buono. “Proprio da qui nasce la difficoltà forse più profonda per una vera opera educativa: alla radice della crisi dell’educazione c’è infatti una crisi di fiducia nella vita”. Nel Libano, questo paese che soffre da più di trent’ anni la gente vive una forte crisi di speranza. Il loro paese non è più il luogo dove possono costruire un avvenire per se e le loro famiglie. Gli educatori fanno parte di questa società. Come trasmettere questo soffio  se non esiste nella persona stessa? Oggi i libanesi guardano verso l’ estero sognano una vita stabile, i politici non danno fiducia e diciamo di più che la Chiesa è peggio. Si,  nel Libano, c’ è una forte crisi di fiducia nella vita. Si vive alla giornata. “Porre in Dio la nostra speranza”. Davvero qui c’è bisogno di testimoni, di persone che testimoniano questo amore divino. Persone che si danno corpo e anima, camminando davanti agli altri, dando cioè l’esempio e condividendo con loro questa insicurezza, questa paura dell’ avvenire e che siano pronti a trasmettere nonostante tutto questa aspettativa: la speranza. Siamo di fronte a congregazioni installate in un benessere ed a volte in un lusso che scandalizza le famiglie, che si battono per assicurare il minimo necessario ai loro figli ed al loro avvenire.




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