Cercare la speranza, sempre

di Padre Arturo A. Tuiz Freites

La lettera che Sua Santità ha inviato sul compito urgente dell’educazione, evidenzia una “emergenza educativa”, richiamando l’attenzione su una crisi profonda, ma nello stesso tempo ci dona anche la speranza perché ci presenta l’educazione come sempre nuovo e rinnovato “incontro di libertà”. Nella mia  esperienza sacerdotale e di docente, e nondimeno nell’esperienza che la nostra giovane congregazione religiosa (IVE) ha, in Argentina per primo, ma anche in tanti paesi dei cinque continenti, dove la vita religiosa e l’apostolato ci ha messi in contatto con ogni tipo di realtà umana, io credo che è possibile questo rinnovamento che con tanta speranza propone il Santo Padre.

I giovani: una risorsa

I giovani sono sempre alla ricerca della luce che orienti la loro vita. E in questo cammino di discernimento tanti scoprono la bellezza del progetto di Dio che si fida della capacità di responsabilità dell’uomo, della capacità di vincere la propria fallibilità e d’impegnarsi nell’amore autentico. Ci sono giovani splendidi! Nelle nostre parrocchie, nelle case per orfani e per i diversamente abili, negli ambienti universitari, nelle case di formazione delle vocazioni, nei nostri seminari minori, noviziati, ci incontriamo con bambini, ragazzi, giovani splendidi, capaci di sviluppare al massimo le capacità di responsabilità, di virtù, di donazione generosa. Giovani capaci e desiderosi di pienezza umana, e che hanno dunque bisogno di autentici educatori, padri e madri, sacerdoti e religiosi, maestri e professori, formatori, modelli o paradigmi che con l’autenticità evangelica sappiano condurli “all’età dell’uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo” (Ef. 4,13). Così ci esorta il Santo Padre: “L’educazione non può dunque fare a meno di quell’autorevolezza che rende credibile l’esercizio dell’autorità. Essa è frutto di esperienza e competenza, ma si acquista soprattutto con la coerenza della propria vita e con il coinvolgimento personale, espressione dell’amore vero. L’educatore è quindi un testimone della verità e del bene: certo, anch’egli è fragile e può mancare, ma cercherà sempre di nuovo di mettersi in sintonia con la sua missione”.

Dopo l’appello alla responsabilità di educatori ed educandi, Benedetto XVI ci esorta fortemente, ricordando la sua recente enciclica Spe Salvi, a fondarci nella speranza: “Non posso dunque terminare questa lettera senza un caldo invito a porre in Dio la nostra speranza. (…) La speranza che si rivolge a Dio non è mai speranza solo per me, è sempre anche speranza per gli altri: non ci isola, ma ci rende solidali nel bene, ci stimola ad educarci reciprocamente alla verità e all’amore”. Il richiamo alla speranza mi fa qui ritornare al ricordo di mio padre, Francisco Ruiz Sánchez, esimio teorico di quel meraviglioso accadere che è l’educazione delle persone. Mio padre ebbe dieci figli, tra i quali una carmelitana scalza e tre sacerdoti, due dei quali, religiosi dell’ Istituto del Verbo Incarnato, uno dei quali sono io. Accompagnandolo da piccolo una volta in uno dei suoi viaggi mio padre mi fece aprire la sua piccola Bibbia di tasca e leggergli il Salmo 22(23): “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla;… Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me…”. Mi disse, per ogni commento, che era il suo Salmo preferito, perché lo riempiva di consolazione. Io gli continuai a leggere e con lui pregando: “Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca. Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni”. Ecco la speranza dei Pedagoghi!




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