Diritto al figlio o diritto ai genitori?

di Marco Giordano

Sempre più frequentemente negli ultimi anni il tema della semplificazione del percorso dell’adozione, è stato posto al centro di denunce giornalistiche, di slogan elettorali, di proposte di legge. Ma è proprio questa l’esigenza? Beh, certamente dal punto di vista di coloro che desiderano adottare un bambino spesso vale il principio del prima si fa meglio è! Ma l’ordinamento giuridico, e più in generale lo Stato, possono affrontare la questione delle adozioni a partire dalle aspirazioni genitoriali degli adulti?

La risposta, sia della normativa in materia che degli operatori e degli studiosi del settore è chiaramente e fermamente negativa. Pur riconoscendo la legittimità del desiderio adottivo degli adulti, lo strumento dell’adozione viene disciplinato con il principale scopo di garantire a bambini e ragazzi la tutela del loro diritto alla famiglia.

Non solo! In quest’azione di tutela si pongono alcune priorità. Innanzitutto quella mirante a garantire tale diritto attraverso la permanenza del minore nella sua famiglia. A tal fine nel 2001 il legislatore, nel riformare gli istituti dell’adozione e dell’affidamento familiare, ha stabilito in capo ai Servizi pubblici il compito di sostenere “con idonei interventi .. i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l’abbandono e di consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia” (art. 1, legge 184/83 e ss.mm.).

Al fine poi di sgomberare il campo da qualsiasi dubbio la legge, nel medesimo articolo, ha precisato che “le condizioni di indigenza dei genitori … non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia” e che a tal fine “… a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto”.

Un’ulteriore attenzione è posta dalla legge nella gestione di quelle situazioni familiari in cui le difficoltà genitoriali permangono nonostante gli interventi di sostegno realizzati dai servizi. Ebbene solo in alcuni casi la situazione evolve verso l’adozione. E comunque sempre a partire dalla valutazione di cos’è meglio per il minore!

Infatti la legge prevede la dichiarazione di adottabilità solo per quei bambini e ragazzi che siano risultati in situazione di abbandono, cioè “privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori … non … dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio” (art. 8). Il legislatore saggiamente non fa una lista delle situazioni e rimette alla magistratura minorile la valutazione dei singoli casi.

Un po’ più netta è la dottrina in materia. Alcuni studiosi si soffermano nell’elencare le problematiche che determinano l’abbandono. Quelle più frequentemente richiamate sono l’abuso sessuale o il maltrattamento grave del minore, la tossicodipendenza di lunga durata, le patologie fisiche o mentali gravemente invalidanti, …

Per le forme di difficoltà genitoriale meno gravi l’ordinamento giuridico pur puntando ad assicurare al minore le condizioni necessarie per lo sviluppo della sua personalità (cura, educazione, istruzione, relazioni affettive) non rinuncia a custodire il legame con la famiglia d’origine. Legame che sarà tanto più intensamente tutelato e sostenuto quanto meno gravi e meno prolungate nel tempo saranno le difficoltà. Ricadono in quest’ambito innanzitutto i casi di temporanea inidoneità dell’ambiente familiare (art. 2) quali ricoveri ospedalieri per periodi brevi o medi, forme leggere di incapacità educativa, lievi difficoltà mentali, l’assenza per lavoro stagionale.




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