Irrimediabilmente segnata

di Tonino Cantelmi Professore di Psicopatologia, Istituto di Psicologia, Università Gregoriana.

Aborto volontario e salute mentale della donna. Le conseguenze di chi passa attraverso  questa drammatica esperienza.

Diverse ricerche hanno dimostrato che le donne sviluppano l’attaccamento emotivo verso il feto subito dopo il concepimento e questo processo, poiché è inconsapevole, avviene anche nelle donne che decidono di interrompere la gravidanza. A tal proposito, è stato riscontrato che il 20% delle donne che abortisce prova un grave stress emotivo simile a quello delle madri che soffrono per la morte del proprio figlio, con la differenza che i sensi di colpa associati alla volontarietà dell’I.V.G. possono ulteriormente complicare ed intralciare l’elaborazione del lutto.

Di conseguenza la scelta di portare a termine o meno la gravidanza è il frutto di giorni o settimane di riflessioni e determina uno stato di grande turbamento emotivo e cognitivo, che rende la donna estremamente vulnerabile a qualunque influenza, sia interna che esterna, che possa aiutarla a prendere la decisione. Tale vulnerabilità psicologica può portare a situazioni in cui genitori, partner, counselor o altre figure significative possono avere una grandissima influenza sulla decisione finale. Dunque, è possibile che la donna prenda una decisione che in realtà non corrisponde ad una scelta consapevole e che può provocare gravi sentimenti di rimpianto.

Il motivo che spinge la donna ad abortire ed il modo in cui viene presa la decisione hanno una grandissima influenza sulla risposta psicologica all’ I.V.G.. Husfeldt (1995) a tal proposito mette in evidenza un dato inquietante: se infatti il 44% delle donne esprime dubbi riguardo la decisione di abortire al momento della scoperta della gravidanza, il 30% continua ad avere dubbi al momento dell’I.V.G.. Incertezze e dubbi successivi sono stati riscontrati sia nelle donne che precedentemente erano contrarie all’aborto, sia in quelle che erano favorevoli, quindi malgrado l’atteggiamento favorevole riguardo l’I.V.G. in generale, le donne manifestano una disposizione negativa riguardo il proprio aborto. I sentimenti ambivalenti che precedono, accompagnano e seguono l’ I.V.G. rappresentano un vissuto che viene riscontrato frequentemente nelle donne che abortiscono e sono dovuti a conflitti di natura personale, relazionale, morale e/o spirituale che influenzano la decisione. Sebbene l’ambivalenza sia un’esperienza comune,  non deve essere sottovalutata perché è uno dei predittori più importanti per i disturbi psicologici dopo l’I.V.G.. Quando la donna decide per l’ I.V.G. carica di sentimenti contrastanti difficilmente riesce ad avere piena consapevolezza della sua decisione e delle relative conseguenze e successivamente è molto probabile che viva l’aborto come una grave perdita che comporta dolore, sensi di colpa, rimpianto, rabbia ed altre emozioni sgradevoli che possono sfociare in veri e propri disturbi psicologici. Ovviamente, gli effetti che l’ I.V.G. ha sulle donne molto giovani possono essere anche più gravi rispetto a quelli riscontrati sulle donne adulte, perché le adolescenti dispongono di capacità cognitive meno mature.

L’aborto volontario, fattore di rischio per la salute mentale della donna?

L’ I.V.G. può avere conseguenze sia a breve che a lungo termine. Infatti, se subito dopo l’intervento la donna sperimenta una riduzione dei livelli di ansia, per il venir meno dell’elemento ansiogeno costituito dalla gravidanza indesiderata, nel lungo periodo, una percentuale consistente di donne manifesta gravi problemi psicologici, come ansia, disturbo post traumatico da stress, depressione, abuso di sostanze e suicidio. Inoltre, i disagi psichici causati dall’ I.V.G. possono evolvere in un vissuto di dolore e di paura che comporta una serie di cambiamenti nei rapporti interpersonali e nelle relazioni sessuali, possono determinare l’incremento o l’inizio dell’assunzione di droghe ed alcol, cambiamenti del comportamento alimentare, isolamento sociale, perdita della stima di sé fino all’ideazione suicidaria ed ai tentativi di suicidio.

L’ I.V.G. può rappresentare un evento estremamente traumatico. Questo aspetto potrebbe essere imputabile al fatto che la donna percepisce l’aborto come l’uccisione violenta del proprio bambino, cosicché la paura, l’ansia, il dolore e la colpa associati alla procedura dell’intervento si mescolano alla percezione di una morte violenta. Una ricerca svolta da Barnard (1990) ha riscontrato che il 18.8% delle donne cinque anni dopo l’I.V.G.  presenta tutti i sintomi principali del Disturbo Post Traumatico da Stress, il 46% delle donne manifesta sintomi da stress elevato quali disturbi del sonno, elevata reattività fisiologica e stati dissociativi durante i quali rivive l’esperienza di aborto, ed il 16.9% presenta ricordi ricorrenti ed intrusivi dell’evento, mentre il 23.4% presenta l’evitamento persistente degli stimoli associati  all’aborto.

L’incidenza della depressione nelle donne che abortiscono una gravidanza indesiderata è superiore rispetto alle donne che la portano a termine. Secondo uno studio recente le donne che abortiscono la loro prima gravidanza incrementano del 65% le probabilità di ammalarsi di depressione, rispetto alle donne che la portano a termine e tale rischio tende ad aumentare al diminuire dell’età. I sintomi depressivi maggiormente riscontrati sono: umore triste, insonnia, difficoltà di concentrazione, disturbi sessuali e problemi relazionali con il partner, pensieri di suicidio, episodi di pianto improvviso ed incontrollato, perdita della stima di sé, perdita dell’appetito e perdita della motivazione. Dal 30 al 50% delle donne va incontro a problemi di natura sessuale, di breve o lunga durata, che iniziano subito dopo l’I.V.G. Essi comprendono: perdita del piacere nei rapporti sessuali, dolore, avversione verso il sesso o verso gli uomini in generale, o, al contrario, sviluppo di un comportamento sessuale promiscuo.

Abuso di sostanze e suicidio

Lo stato di fragilità e di grave disagio psichico successivo all’I.V.G. oltretutto aumenta la messa in atto di una serie di comportamenti autodistruttivi come l’abuso di sostanze ed il suicidio.

L’I.V.G è correlata ad un incremento del 6.1% dell’abuso di sostanze, che per lo più inizia entro tre anni dall’aborto. Le sostanze utilizzate sono di vari tipi e vengono impiegate o per alleviare lo stress, oppure per tenere lontane dalla consapevolezza le emozioni negative che erano state represse al momento dell’I.V.G..

Uno studio svolto nel 1986 dall’Università del Minnesota ha riscontrato che un’adolescente ha il 10% di probabilità in più di tentare il suicidio se ha abortito negli ultimi sei mesi, rispetto ad una coetanea che non ha abortito. Simili percentuali di rischio sono state riscontrate anche nelle donne adulte. Qualche volta il tentato suicidio dopo l’aborto è un atto impulsivo di disperazione, mentre altre volte può nascere da anni di repressione, depressione e perdita della stima di sé. È stato riscontrato che il 60% delle donne che presenta disturbi psicologici correlati all’aborto pensa di suicidarsi, il 28% tenta il suicidio, ed il 18% tenta il suicidio più di una volta, spesso diversi anni dopo l’evento.

L’aborto, dunque, può avere un impatto estremamente negativo sulla salute psichica. Tali disturbi possono manifestarsi anche diversi mesi o anni dopo l’evento, nell’anniversario della data dell’I.V.G. o dell’ipotetica data di nascita del bambino, oppure accade di frequente che vengano alla luce durante una successiva gravidanza.

Per superare i problemi psicologici correlati all’aborto procurato occorre senz’altro un aiuto terapeutico ma sarebbe opportuno avere una maggiore attenzione verso la tutela della salute mentale della donna ancor prima dell’intervento, attraverso una strategia di prevenzione che la accompagni durante la fase decisionale e che fornisca informazioni adeguate riguardo i rischi psicologici che derivano dall’interruzione volontaria di gravidanza.




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