La prerogativa per uno sviluppo armonioso

di don Emmanuel Ntabomenyereye

Il messaggio di Papa Benedetto XVI, del 21 gennaio 2008, ai fedeli della diocesi di Roma, è stato accolto con grande attenzione e interesse in tutto il mondo. L’interesse suscitato rivela l’importanza dell’argomento e cioè l’educazione delle giovani generazioni, speranza per il futuro sia della Chiesa che della società in generale.

Molte sono le sfide lanciate dal Santo Padre, che interpellano in modo particolare i genitori, gli educatori, l’intera comunità umana, sfide proposte in un tono amichevole e affabile e che riguardano tutte le sensibilità e tutte le comunità sia dei paesi occidentali che dei paesi in via di sviluppo.

Il Santo Padre ha sottolineato che il compito di educare non è facile, e non bisogna prenderlo alla leggera, perché riguarda una dimensione fondamentale per il pieno sviluppo della persona, cioè lo sviluppo di una forte personalità, capace di collaborazione con gli altri e di dare un senso alla Vita.

Un post-1994 genocidio

In Rwanda, la sfida dell’educazione si presenta alla stregua degli altri paesi, perchè la nazione si confronta con i modelli di globalizzazione della cultura contemporanea, e quindi con tutto ciò che ha valore e anti-valore.  L’educazione in Rwanda ha in più, oggi, una missione particolare, se pensiamo al contesto storico del dopo guerra e del genocidio del 1994, eventi che hanno portato una forte disintegrazione del tessuto sociale e la distruzione dei fondamenti della famiglia come base della società umana in generale, e della chiesa in particolare.

In un tale ambiente, a lungo afflitto dal virus della divisione, dove il monopolio del potere e del benessere regna incontrastato, l’educazione si propone come una via obbligata per l’affermazione e la formazione di forti valori, dal rispetto della vita e della persona umana, dell’unità, della pace, della verità, della giustizia, del perdono e della riconciliazione. Di fronte alla tragedia della guerra e del genocidio e le sue conseguenze, l’educazione significa diffondere l’eco della rinascita del “Mai più, nessun altro genocidio”.

Rispetto per la vita e il desiderio di sviluppo

Nonostante le enormi perdite di vite umane durante il genocidio, il Rwanda si trova di fronte ad una situazione di sovraffollamento dovuto al massiccio ritorno dei profughi (nel corso della sua storia, il Ruanda ha sperimentato varie ondate di rifugiati al di fuori del paese), e al tasso di natalità elevato rispetto alle ridotte dimensioni del paese.

Di fronte a questa sfida, politiche diverse, ispirate dallo spirito della globalizzazione, impongono all’educazione metodi e pratiche che sono in contrasto con il primato della vita. Questi nuovi pensieri e comportamenti sono guidati dalla politica della salute riproduttiva che si propone di diffondere una cultura della permissività e che conduce alla perdita del senso del peccato in favore della protezione contro le malattie a trasmissione sessuale, primo fra tutti il  virus dell’HIV.

La famiglia

I primi autori dell’educazione sono i genitori. Essi sono coloro che danno ai bambini l’educazione di base: il linguaggio, l’integrazione nella società e l’apertura al mondo. I genitori sono i garanti della conservazione dei valori morali che contribuiscono alla nascita e allo sviluppo della personalità. In Rwanda, il bambino rimane sotto l’autorità dei genitori e della famiglia, in generale, fino al matrimonio o alla scelta di una altro tipo di vita.

Oggi, le conseguenze del genocidio, il cambiamento sociale, la scuola, il lavoro aiutano a ridurre la presenza dei genitori con i loro figli e la loro influenza nell’educazione ai valori.

La scuola

Inizia dalla scuola primaria all’età di 7 anni e dura circa 6 anni. Essa è obbligatoria e aperta a tutti i bambini. L’asilo nido è ancora nella sua germinazione. La scuola secondaria rappresenta una percentuale del 10%. Per quanto riguarda l’università, sono ammessi coloro che hanno superato la scuola cn voci eccellenti. La recente creazione dell’università private offre l’accesso ad un numero maggiore.

La Chiesa

La Chiesa svolge un ruolo dominante per la sua presenza tra i giovani e con il suo impegno per l’educazione dei valori evangelici sia nelle loro famiglie che nelle scuole.  Per le famiglie, la Chiesa ricorda il dovere dei genitori nell’educazione ai valori dei loro figli per il sviluppo della pastorale di prossimità, attraverso le Comunità Ecclesiali di Base (CEB). A livello della scuola, è presente soprattutto nelle scuole primarie e secondarie, che è a maggioranza di proprietà o in cui si prevede la cappellania. In ogni parrocchia vi è un sacerdote cappellano, a livello diocesano e nazionale, c’è sempre un sacerdote rappresentante della dottrina cattolica.

Il messaggio del Santo Padre è ben accolto in Ruanda. Si tratta di una sfida e un incoraggiamento a consolidare i pilastri di una sana educazione e di uno sviluppo armonioso. È inoltre un conforto per una società e per una Chiesa che si ricostruiscono sulle rovine di un genocidio, la cui causa principale è stata la negazione dei valori della vita.




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