Piccoli passi a favore della vita

di Salvatore Caracciolo

Gli ultimi casi di bambini nati prematuri tenuti in vita anche alla ventiduesima settimana grazie alle nuove e sofisticate tecniche di neonatologia, e non meno i casi di quei bambini nati vivi da abortiti tardivi, così come la legge prevede, hanno indotto, senza ombra di dubbio, a una riflessione sulla rianimazione dei prematuri. Già l’articolo n.7 della legge 194/78 così recita: “Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l’interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell’articolo 6 (quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna) e il medico che esegue l’intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto”; ma queste indicazioni, in questi anni, sono state soggette ad una serie di condizioni che nella quasi totalità dei casi, soprattutto quando trattasi di aborti tardivi, ha portato ad una mancanza d’intervento da parte dei medici. Ma una svolta storica si è avuta dal  Consiglio Superiore di Sanità che ha prodotto un documento nel quale si è deciso di slegale la rianimazione dei piccolissimi dalla “qualità della vita” o dal parere vincolante dei genitori.
Ma cosa assai più importante senza sottostare a rigidi schematismi in funzione delle settimane di gestazione del feto.
L’assistenza ai prematuri deve essere identica a quella prestata a qualsiasi persona, bambino o adulto che si trova in pericolo di vita, senza limiti fissati dall’età gestazionale.» Il medico deve decidere caso per caso e soprattutto mettere in atto sempre la rianimazione, proprio per consentire un’appropriata valutazione delle capacità vitali del neonato. Una dichiarazione dove finalmente al centro c’è il pieno riconoscimento dell’identità e dignità del feto come persona umana!




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