Una risorsa messa all’angolo

di Giovanna Pauciulo

L’immmigrazione  è un tema che coinvolge da vicino l’intera società italiana. Mettendo da parte polemiche e vecchi steriotipi dovremmo interrogarci sulla nostra effettiva capacità di trasformare quello che sembra il più annoso fra i problemi in una risorsa insostituibile per il bene del nostro Paese.

Non è semplice definire i contorni del tema “immigrazione”, che ha confini più complessi di quanto a prima vista si possa ritenere. Gli argomenti collegati in qualche modo con il fenomeno migratorio sono tanti: dal dialogo interreligioso, o più in generale dall’ interculturalità  a particolari situazioni (povertà o criminalità e violenza diffusa) di altri Paesi, che sono i luoghi d’origine dei flussi migratori.

Gli immigrati in Italia sono di molte provenienze e implicati in  molte situazioni dalla povertà estrema delle baracche agli immigrati che si distinguono sul piano culturale, o artistico, o a quelli, ancora più inconsueti nelle nostre immagini, che sono imprenditori o politici.  Il messaggio è forte: esistono in Italia luoghi in cui l’integrazione non solo è realizzata, ma è fonte di benessere materiale e culturale per tutti. É bene precisare che il fenomeno dell’immigrazione va affrontato con un linguaggio mai paternalistico o pietistico ma piuttosto sottolineando il positivo dell’accoglienza e dello scambio anche quando si evidenziano situazioni di disagio a volte intollerabili,  ed evidenziando la risorsa preziosa che le persone immigrate sono per molti settori del lavoro, dell’economia e del benessere italiano, nelle diverse forme. Prima fra tutte l’accudimento, esperienza largamente assolta dalle persone immigrate, e che viene a riempire il vuoto creato dalla deresponsabilizzazione degli italiani piuttosto che essere segno di reale integrazione.

La questione principale dell’immigrazione è “il soggiorno”.  Gli  immigrati si distinguono in “regolari” e in clandestini. Raramente si crea un ponte tra queste due condizioni di vita, come se tanti immigrati “inseriti” non fossero stati precedentemente clandestini. Il rischio è che questa netta separazione contribuisca ad alimentare ansie e paure. Perdura ancora la stereotipica assimilazione tra immigrazione e clandestinità, parlare di immigrati nell’immaginario comune spesso equivale  a visualizzare l’immagine di un barcone carico di immigrati.  C’è senza dubbio un’emergenza immigrazione, ma quale accoglienza è riservata agli immigrati?Cosa dire dei Centri di Permanenza Temporanea? Fatti di cronaca qualche anno fa rendevano difficile cogliere la differenza tra un CPT e un carcere, mentre l’allora Sottosegretario al Ministero degli Interni, Mantovano negava che questi centri contribuiscono all’insicurezza delle zone che li ospitano.

É raccontata in un libro la vicenda dell’affondamento di una nave maltese nella notte di Natale del ‘96 con il suo carico umano “di 283 clandestini”. Per lungo tempo non si è saputo nulla del naufragio; i pescatori continuavano a recuperare resti umani, ma non dicevano nulla per timore di vedersi sequestrare i pescherecci. La drammaticità di questo episodio è rappresentativo di una molteplicità di aspetti del fenomeno immigrazione.

Focalizzare l’attenzione sui punti di contatto e sulla somiglianza piuttosto che sulle differenze è la condizione fondamentale per approcciare rettamente il discorso sull’immigrazione. Non mancano le zone d’ombra e le responsabilità, non bisogna dimenticare il lavoro nero,  il caporalato, il modo in cui gli immigrati clandestini entrano in Italia attraverso le frontiere (un discorso che chiama in causa la possibilità della corruzione italiana). Sono questioni che chiedono risposta.

Ci sono tanti giovani che hanno un mestiere, ma non trovano lavoro a casa loro, perché le condizioni sono pessime e allora pensano: “se riesco ad andare in Francia, Spagna, Italia, magari a fare il cameriere”. É possibile fare qualcosa per queste persone che con dignità e in punta di piedi vengono a chiederci ospitalità, aiuto? I diversi Centri  di Accoglienza in cui si svolgono programmi di formazione e reinserimento sono una risposta sociale e umanizzante.




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