Ecce Homo

di Carlo Casini Presidente del Movimento per la Vita

A trent’anni dalla sua approvazione, la legge 194 provoca ancora paura e fastidio. A sinistra molti gridano: “la legge non si tocca”. A destra molti ripetono: “la sua modifica non è all’ordine del giorno”. Quasi tutti affermano: “la legge è stata mal gestita, va applicata integralmente”.

Ma cosa significa migliorarne l’attuazione? Rendere l’aborto più facile e garantito oppure fare il possibile affinché la nascita avvenga? L’interesse pubblico primario di fronte al “dramma” dell’aborto è la facoltà della madre di liberarsi del figlio o la vita del figlio, la cui particolarissima ospitalità nel seno materno può certo comportare mezzi di tutela nuovi e collegati al cuore e alla mente della madre?

Rileggiamo quanto Giovanni Paolo II scrisse nell’Evangelium Vitae (n.18): la dottrina dei diritti umani “giunge ad una svolta dalle tragiche conseguenze” se l’uomo non è riconosciuto titolare del diritto alla vita “nelle fasi più emblematiche della sua esistenza, quali sono il nascere e il morire”.

Nel 1995 il Movimento per la Vita presentò una proposta di legge di iniziativa popolare (la n°5) costituita da una sola richiesta: si modifichi l’ art. 1 del Codice Civile per riconoscere la capacità giuridica di ogni soggetto fin dal concepimento. E’giunto il momento di accogliere quella proposta e porre la pietra fondamentale per risolvere la questione antropologica a livello politico: “Ecce Homo”.

Stabilito il principio, a chi non vuol toccare la legge indichiamo sia la strada di semplici disposizioni attuative, sia quella di leggi collaterali che toccano indirettamente la legge 194.  Quanto al primo livello, chiediamo che il Ministro della Salute riferisca, nell’annuale relazione al Parlamento, su aspetti finora trascurati: sulle cause delle I.V.G; sui bambini sottratti all’aborto dall’opera dei consultori familiari; Sulla collaborazione stabilita con il volontariato; sui particolari interventi effettuati in alternativa alla I.V.G; sulla natura delle anomalie o malformazioni che hanno determinato l’I.V.G. oltre il terzo mese e sulla loro effettiva sussistenza; sulle ragioni per le quali viene dichiarata l’urgenza nei primi tre mesi di gest-azione.

La ristrutturazione della relazione implica una riorganizzazione dei servizi. E’ necessario: documentare la causa della richiesta d’aborto e le attività compiute per offrire alternative; prescrivere procedure di sostegno al volontariato; disporre il riscontro diagnostico dei feti abortiti quando la causa dell’I.V.G. é la previsione di anomalie o malformazioni; finanziare gli “speciali interventi” già attribuiti dalla legge ai consultori familiari; concedere adeguato finanziamento pubblico al “Telefono Rosso”, che fornisce consulenze altamente specializzate nei casi in cui l’orientamento verso l’I.V.G. è determinato dal timore di anomalie o malformazioni; prevedere campagne informative ed educative per sostenere il volontariato e rafforzare nella coscienza collettiva il valore della vita.

Questa correzione di rotta è forse realizzabile attraverso circolari o apposite linee guida, ma un intervento legislativo fornirebbe maggiori garanzie.

Quanto al secondo livello, urge una riforma dei consultori familiari attraverso la riscrittura della legge 405/1975. I consultori vanno ripensati come strumento con cui lo Stato, nel momento in cui rinuncia a punire l’aborto, non rinuncia a difendere la vita nascente. Occorre che la rete consultoriale manifesti in modo trasparente e univoco questo obiettivo. C’è un problema di composizione, inquadramento, controllo e raccordo con la legge 194 e a tale riguardo il Forum delle Famiglie ha già da tempo predisposto un valido progetto di legge.

Le proposte formulate ci collocano in una visione realistica, che tiene conto delle posizioni delle principali forze politiche. Ma, infine, bisogna pur stigmatizzare l’illogicità del grido: “La legge non si tocca”. Basti un esempio. Rispondendo ad una donna di Napoli, il Presidente della Repubblica ha segnalato la contraddizione tra l’idea di Stato sociale e l’aborto effettuato per cause economiche. Eppure la legge 194 prevede, all’art. 4, che le cause economiche-sociali-familiari possono essere dichiarate da una donna per ottenere la I.V.G.

Non sarebbe il caso di cancellarle dall’art. 4, quantomeno per ottenere la responsabilizzazione della donna, della famiglia e della società nel suo insieme?




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