Questione di coscienza

di Alessandro Feo ginecologo

Il ginecologo Flamigni  ha affermato: “La 194 andrebbe modificata, ma eliminando l’obiezione di coscienza” e ha proposto come soluzione quella di non assumere più medici obiettori nei reparti ginecologici

È ormai opinione comune che ci sia stata un’insufficiente applicazione della legge 194 sull’Interruzione Volontaria della Gravidanza (IVG) e che essa vada invece “integralmente applicata”. Coloro che la difendono più energicamente intendono questa “integrale applicazione” non come un rafforzamento della prevenzione o, meglio, della rimozione delle cause che conducono all’aborto (come previsto dalla stessa legge all’art. 2, comma d), ma al contrario, come una maggiore facilitazione dell’accesso alle IVG. In questa logica vengono rivolte accuse agli obiettori. Il loro grande numero provocherebbe ritardi pesanti nell’esecuzione degli interventi abortivi e spingerebbe di nuovo le donne verso la clandestinità. Questa tesi è palesemente falsa. Basterebbe leggere l’ultima relazione del ministro della Salute Livia Turco del 2007 che fornisce i seguenti dati nazionali: in Italia i ginecologi obiettori sono il 58,7%, gli anestesisti il 57,7% e i paramedici il 36,6%.

È difficile pensare che i non obiettori, poco meno della metà del personale addetto ai servizi di ostetricia e ginecologia, non riescano a far fronte alle richieste di IVG. Si vorrebbe far credere che gli interventi abortivi costituiscano quasi la metà del lavoro di un reparto di ginecologia? Si osserva, invece, che proprio nelle regioni dove è maggiore il numero di non obiettori (Sicilia, Sardegna, Campania, Calabria) risulta più basso il numero di IVG, mentre ad un più elevato numero di obiezioni corrisponde una maggiore esecuzione di IVG (Emilia Romagna, Puglia, Toscana, Umbria). Quindi l’obiezione non c’entra affatto! Il vero motivo che irrita gli abortisti è che l’obiezione costituisce un’autorevole testimonianza sull’identità umana del concepito da parte di professionisti del settore.

Poco più di 2 mesi fa il ginecologo Carlo Flamigni  ha affermato: “La 194 andrebbe modificata, ma eliminando l’obiezione di coscienza”. Come se non bastasse, ha proposto, come soluzione, di non assumere più medici obiettori nei reparti ginecologici. Secondo l’illustre ginecologo la pratica dell’obiezione di coscienza “era pienamente giustificata solo ai tempi in cui la legge entrò in vigore: i medici cattolici che lavoravano in ospedale furono sorpresi da un’innovazione alla quale non avevano pensato nel momento in cui avevano fatto la loro scelta e avevano il diritto di dissociarsi. Attualmente, però, chi sceglie una specializzazione o decide di lavorare in un ospedale pubblico sa bene che cosa lo aspetta, altrimenti… scelga un altro mestiere.

È un po’ come dire perché non chiudiamo i reparti di ostetricia e ginecologia in ospedali universitari o di rilievo nazionale come il policlinico “Gemelli” di Roma, il San Raffaele di Milano o la “Casa Sollievo della Sofferenza”, visto che in essi non si praticano aborti?

Lo stesso ex ministro della salute Livia Turco, durante gli ultimi giorni del suo mandato, oltre a precipitarsi a modificare con un blitz le linee guida sulla legge 40 (fecondazioni artificiali) ha di fatto minacciato sanzioni nei confronti dei medici non disponibili a prescrivere la “pillola del giorno dopo” accusandoli di negare un diritto alle donne.

Ma anche in questo caso per il medico si pone un problema di coscienza analogo a quello delle IVG. A differenza di quanto si lasci credere, il termine di “contraccezione di emergenza”, e cioè l’assunzione della “pillola del giorno dopo” ha serie possibilità di determinare un effetto contragestativo o microabortivo. Infatti essa non sempre si comporta da contraccettivo, inibendo cioè l’ovulazione e quindi il concepimento, ma spesso agisce dopo che quest’ultimo è già avvenuto, determinando delle trasformazioni dell’endometrio tali da non consentire all’embrione di impiantarsi, provocandone di fatto la morte. Il medico che in coscienza voglia rispettare la vita a partire dal suo inizio, dal concepimento, non può non applicare il principio di precauzione ed astenersi dalla prescrizione di tale farmaco. Tra l’altro un medico non è mai obbligato a prescrivere una terapia se non la condivide pienamente in scienza e coscienza.

Continuiamo a sorprenderci che molti di coloro che oggi denigrano e accusano gli obiettori in tema di aborto siano gli stessi che si sono battuti in passato per l’obiezione di coscienza dal servizio militare o per la difesa dei diritti degli animali tanto che è prevista l’obiezione di coscienza nei confronti della sperimentazione animale: “Nessuno può subire conseguenze sfavorevoli, per essersi rifiutato di praticare o di cooperare all’esecuzione della sperimentazione animale” (comma 1). “I soggetti che ai sensi dell’articolo 1 dichiarino la propria obiezione di coscienza alla sperimentazione animale hanno diritto, qualora siano lavoratori dipendenti pubblici e privati, ad essere destinati, nell’ambito delle dotazioni organiche esistenti, ad attività diverse da quelle che prevedono la sperimentazione animale, conservando medesima qualifica e medesimo trattamento economico” (comma 2).

Questo principio vale per le cavie e per i girini, ma, secondo taluni paladini della scienza e della cultura laicista, non vale più quando è in gioco la vita di un embrione umano.




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