Risvegliarsi madre

di Ida Giangrande

Quella di Lello e Chiara è una storia a lieto fine scritta grazie al risveglio del sano istinto materno che alberga nel cuore di ogni donna.

Siamo a Napoli. In uno dei bar del centro lavora Lello, vulcanico ed estroverso un po’ come tutti i napoletani; mentre mi racconta la sua storia mostra un sorriso tenero ma consapevole ed ostinato. Sua moglie Chiara invece parla poco, qualche parolina a stento; è una giovane donna dall’espressione simpatica. Ho l’impressione che si tratti di una ragazza schiva, e in effetti lei mi conferma d’essere caratterialmente riservata mentre mi osserva con due occhi vividi e profondi, ma in quell’occasione sapeva già di dovermi raccontare la più bella delle storie, e allora si è decisa a mettere da parte ogni riserbo. Ebbene, Lello e Chiara si incontrano nel bar dove lui lavora da tantissimi anni, ovviamente a nero, ma a Napoli si fa così e tutti ci siamo talmente abituati ormai che nessuno lo nota più. Dapprima è un incrocio di sguardi, l’accenno di un sorriso e l’amore nasce tra loro senza bisogno di parole, ma si fortifica quando Chiara consente a Lello di entrare nel suo passato, raccontandogli la sua storia; figlia di una società impietosa che lascia i propri a figli a vivere in una impietosa povertà di mezzi. Lello e Chiara si innamorano ed iniziano una relazione che tra alti e bassi dura per circa cinque anni. Un periodo di crisi li separa per qualche mese, un ritorno di fiamma li riporta sulla stessa strada, ma da quell’incontro d’amore, questa volta sboccia un cuore. E’ il cuoricino tumultuoso che pulsa nascosto nel corpo di Chiara.

Chiara ha paura mentre Lello cerca di consolarla senza però riuscire a trovare le parole adatte. “Ci sono io!” è l’unica cosa che può dirle, ma lui è solo un giovane uomo, con un lavoro precario e poco retribuito. Con gli occhi schermati da un spesso velo di lacrime, Chiara si guarda intorno; la sua casa si trova al pian terreno di uno di quei palazzi enormi che sorgono nei vicoli di Napoli.

Un appartamento freddo e buio, dove il sole riesce appena a lambire le finestre, e le stanze sono separate da un piccolo cortile malcurato. Suo padre ormai ha lasciato questo mondo da molti anni, sua madre si trova all’estero anche lei da tantissimo tempo.

In casa, solo una sorella maggiore in procinto di sposarsi e un fratellino minore che, esattamente come il bimbo che cresceva dentro di lei, aveva bisogno d’essere accudito in tutto. Intanto l’addetto di un consultorio, guardandola biecamente dai suoi occhialini rettangolari, le paventa l’opportunità di abortire. “Crede che sia facile mantenere un bambino?” le chiede in una fredda mattina di gennaio. Chiara si stringe nelle spalle e lui riprende, “vuole mettere al mondo un altro dei diseredati che poi andranno ad ingrassare le file di spacciatori e di delinquenti?”. Questa volta Chiara è pallida, non piange, non parla, la sua espressione è gelida come il marmo, “siete solo due ragazzini. Fate la cosa migliore per voi e per la vostra famiglia. Abortite!”. Intirizzita da un freddo improvviso, la ragazza esce dal consultorio confusa e terrorizzata. Quell’uomo, chiunque lo avesse mandato, aveva ragione. Poche ore dopo Lello venne a farle visita; come tutti i giorni da cinque anni, le portò biscotti e latte per la colazione: quella volta aveva aggiunto anche una rosa. La trovò sul letto, distesa su di un fianco, i capelli sparsi sul guanciale, il volto pallido e lo sguardo perso. “Che cosa succede?” le domandò; non servirono parole per dare una risposta. “Non abbiamo nemmeno i soldi per pagare il ginecologo!” fu tutto ciò che riuscì a dirgli. Lello indietreggiò, per un attimo gli sembrò di scivolare all’indietro nel suo passato: aveva solo quindici anni e una madre malata di tumore, quando il medico le disse che era incinta e che doveva abortire per vie delle chemioterapie. La donna, ormai quarantenne, ritenne di non poter fare altrimenti e accompagnata dalla sua prima figlia, andò a fare l’intervento. Quando tornò a casa, Lello ebbe la sensazione di non riconoscere più sua madre. Negli anni l’aveva vista combattere contro un mostro più grande del tumore stesso, e spesso l’aveva vista soccombere. Dopo quell’aborto non c’era più stato un sorriso sul volto di sua madre, che non fosse stato accompagnato da un inesauribile senso di colpa. Reduce da quell’esperienza, Lello si slanciò al capezzale di Chiara, con il suo volto tra le mani, cercò di spiegarle cosa aveva vissuto sua madre, quale mostruosa conseguenza aveva portato quell’aborto nella loro casa, nella loro vita, ma ad un tratto si rese conto che la sua miscela indistinta di parole dolorose e confuse non facevano altro che aumentare il senso di smarrimento della ragazza. Si ritirò mestamente nel suo silenzio anche lui confuso, anche lui impaurito e cominciò ad attendere nemmeno lui sapeva cosa.

Lello continuò a lavorare con il ritmo di sempre. Al bar cercava di sorridere ai clienti, d’essere efficiente perché in fondo solo questo importava al padrone, e andò così per giorni e giorni, fin quando ecco che un uomo, uno degli amici con il quale Lello s’era confidato, gli indica una via. L’associazione Progetto Famiglia aiuta proprio le coppie in difficoltà che aspettano un bambino; Chiara era perplessa, ancora piena di dubbi e di incertezze fino a quel giorno, uno fra i tanti che forse sarebbe scivolato via nel grigiore dell’inquietudine se non fosse stato per quella ragazza. Una volontaria del Progetto Famiglia, bussa alla porta della loro casa. Nell’ascoltarla Chiara ebbe la sensazione di provare un inspiegabile sollievo. Il sorriso di quella ragazza era quello della tenerezza, nei suoi occhi brillava una luce particolare che infondeva coraggio.

La volontaria parlò loro del mistero a cui la vita umana appartiene, per la prima volta nella vita di Lello e Chiara fece capolino il nome di Dio, un nome ascoltato e riascoltato tante volte, ma mai più sentito di quel momento. Dopo aver ascoltato le sue parole Chiara si strinse il ventre inorridita: “Non posso consentire che quella cosa lì venga fatta a mio figlio” disse tra le lacrime. Era finalmente l’istinto materno a parlare, quel cuore di madre che l’aveva trattenuta fino a quel momento dal prendere una decisione.

Il bambino è nato, un bellissimo maschietto di 3,130 kg. La gravidanza direttore non è stata semplice, nel primo trimestre Chiara ha rischiato il distacco di placenta, nell’ultimo il bambino a rischiato di nascere prematuro, ma alla fine, con l’aiuto di Dio, tutto è andato a buon fine. I volontari del progetto famiglia  hanno assistito la coppia mettendoli in contatto con un ginecologo obiettore di coscienza, il quale ha seguito la gravidanza senza alcuna retribuzione. Il progetto Gemma ha contribuito alle spese del piccolo versando una quota fissa in denaro alla famiglia,  Lello e Chiara si sono sposati ed oggi vivono con il loro bambino in un appartamento grazioso e confortevole.




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