Illusioni a portata di mano

di Michela di Gennaro

Contraccezione e aborto non sono conquiste della civiltà ma vengono presentate come tali. Di sicuro generano un ulteriore disorientamento per adolescenti e giovani che vivono la loro sessualità senza responsabilità.

La cultura dominante ha completamente sovvertito il vero significato della maternità e paternità responsabile, riducendola a diritto individuale. Si  considera la relazione sessuale come un bene utile e piacevole, slegata dalla generazione della vita e si fa passare l’idea che è un diritto della donna o dei coniugi accogliere o no una nuova vita. Tale diritto è anche codificato dalle due leggi, la L. 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita e la L. 194/78 sull’interruzione volontaria della gravidanza, rendendo possibile i due estremi e cioè il “figlio a tutti i costi” o “il figlio rifiutato”.

In questo contenitore trovano spazio tutte le forme di contraccezione, o definite tali, anche quando non lo sono. È il caso della pillola del giorno dopo, oggi così tanto sulla scena e inquadrata nel capitolo della “contraccezione d’emergenza”. Essa, assunta entro 72 h. dal rapporto sessuale presumibilmente fecondante, blocca l’ovulazione, perciò contraccettiva, se il rapporto sessuale avviene nella fase pre-ovulatoria; agisce come antinidatorio se il rapporto sessuale avviene in periodo fertile. L’antinidatorio ha la precisa funzione di impedire l’annidamento in utero del figlio che ha cominciato ad esistere già dal momento del concepimento, eliminandolo. Ebbene nel 2007 si sono vendute 270 mila confezioni pari a 50 mila confezioni in più rispetto al 2006 e oltre la metà delle confezioni (il 55%) sono state vendute ai giovanissimi di età compresa tra i 14 e 20 anni. Sono dati diffusi dai ginecologi europei riuniti a Praga per il X congresso della Società Europea di Contraccezione. Personalmente rimango profondamente disorientata dinanzi alla estrema facilità e semplicità con cui sempre più adolescenti, per i quali non è difficile eludere la sorveglianza dei genitori, chiedono di utilizzare la pillola del giorno dopo (Norlevo e Levonelle sono i due farmaci venduti in Italia). Gli adolescenti, pur se non adeguatamente informati, si fanno sostenitori della tanto sperata distribuzione libera e gratuita, che, però, porterebbe ad una difficoltà di controllo del fenomeno, anche solo dal punto di vista sanitario, considerate le diverse controindicazioni e le possibili complicanze di questa pillola.

Questa tendenza denuncia il fallimento di un’educazione sessuale che ha proposto il tanto decantato preservativo, ora messo in soffitta dagli adolescenti, quale arma sicura per la prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse (m.s.t.).

È noto che la maggior parte dei cosiddetti corsi di educazione sessuale si preoccupano di informare solo su come fare sesso senza incorrere nel rischio di m.s.t. o di gravidanza. E così il primo rapporto sessuale è sempre più anticipato: il 38% de i quattordicenni hanno rapporti sessuali. Questi adolescenti dovranno percorrere una lunga strada di contraccezione, prima di giungere al matrimonio, con possibili ripercussioni sulla salute sessuale e riproduttiva. I genitori sono i grandi assenti: il 5% di essi pensa che i propri figli adolescenti possano fare sesso. Oggi è più che mai necessario educare alla responsabilità  le giovani generazioni, i padri e le  madri del domani. È fondamentale concedere ai giovanissimi l’opportunità di scoprire la bellezza del linguaggio corporeo, il valore della mascolinità e della femminilità e il mistero del dono della vita come massima espressione dell’amore di una coppia coniugale. Una scoperta che si attua giorno dopo giorno nel grembo di una famiglia che non demanda ma accompagna, educa e propone, essendo la famiglia luogo della generazione e laboratorio di umanità.

Genitori, docenti di sessualità

Tanti, forse troppi libri si sono scritti sull’educazione sessuale. Ma perché nonostante fiumi di inchiostro, ancora persiste un disagio tra genitori e figli? Che i genitori lo vogliano o meno, è impossibile non parlare di sessualità con i propri figli, tanto questo tema è onnipresente nei discorsi quotidiani e permea la vita di tutti i giorni.

Come coniugare la richiesta del figlio di accettare la «fidanzata» già a tredici-quattordici anni e pensare che non sperimentino i primi rapporti sessuali? Cosa dire? Si può parlare di contraccezione? C’è «un tempo» per avere i rapporti sessuali? Ciò non risulterebbe un implicito invito a provare? I dubbi che affiorano sono molti. La paura di sbagliare è tanta.

A partire dal momento in cui un giovane ha la prima relazione sessuale non è più educabile, sarà guidato solo dalla sua esperienza, dai suoi desideri! Perciò le regole, a cui quel giovane si conformerà, potranno basarsi solo sulle acquisizioni dei primi anni di vita: potrà fare riferimento solo a ciò che ha interiorizzato. Quindi, appare ovvio domandarci che tipo di comunicazione c’è stata tra i genitori e figli. È stato un dialogo aperto, fatto di riconoscimento e stima reciproca, di calore e affetto, di attenzione e di ascolto? O vi è stato solo accudimento materiale, fatto di soddisfacimento di bisogni, di presenze distratte, di attenzioni superficiali, di ascolti negati? Le modalità della relazione costruita lungo il percorso educativo ci permette di poter dare una risposta autorevole, sapendo che saremo ascoltati, sicuri di un dialogo costruito sulla fiducia reciproca. Se siamo stati interlocutori validi, persone significative, riferimento forte nella vita, il nostro giudizio di adulti sarà tenuto in grande considerazione. Sarà il figlio a scegliere, ma terrà conto del punto di vista dei genitori.

L’adolescente spesso attraverso discorsi anche indirettamente legati al sesso si fa un’idea sul modo dei genitori di vivere la sessualità. Un atteggiamento imbarazzato o banalizzante non giova all’importanza del tema, che ha a che fare non tanto con una semplice pratica, ma piuttosto con ciò che ognuno ha di più intimo sul piano fisico e psichico.

Il figlio anzitutto desidera non risposte farmacologiche, o accademiche, men che meno anatemi moraleggianti,  egli con il suo bisogno di sapere vuole essere aiutato. Anche porre dei limiti può servire a garantire la libertà dell’adolescente di raggiungere la maturità nella sfera sessuale e affettiva necessaria per vivere al meglio la propria sessualità.




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