Liguria, prendi il largo

di Eraldo Ciangherotti Vicepresidente Federvita Liguria

Da una recente indagine ISTAT, lo sconfortante dato sulla denatalità della regione Liguria.

In Liguria c’è bisogno di un serio e bilanciato progetto per ridare vita alla vita. Non bastano i progetti regionali per sostenere le famiglie con quattro o più figli. Aprendo il sito dell’Istat, l’Istituto nazionale di statistica, si perde un po’ di entusiasmo nel raccogliere numeri e dati sulla natalità nella nostra regione Liguria, soprattutto se si valuta la popolazione in un range di anni compreso tra la fine degli anni 70 e lo scorso 31 dicembre. Contro un livello medio di popolazione ligure, che nel tempo si è drasticamente abbassato, passando da più di un milione e ottocento mila abitanti nel 1980, per arrivare, a chiusura anno 2006, ad una popolazione, maschi e femmine, pari a 1.607.878, è necessario darsi da fare e trovare mezzi “sociali” di ogni tipo, per favorire le nascite: mancano all’appello presso gli uffici anagrafici della Regione Liguria oltre 200.000 unità in poco più di trent’anni. E così, mentre la popolazione diminuisce, il livello numerico delle nascite dal 1980 al 2007 si stabilizza intorno a valori pressoché identici, tanto che nel 1982 sono nati 11.820 bambini, nel 1991 ne sono nati 11.237 e infine nel 2007 ne sono nati 12.363. A questi numeri poi, per dovere di cronaca, vanno aggiunte anche le interruzioni volontarie di gravidanza che si aggiravano nel 1979 a 8.442 per arrivare nel 2007 ad un totale di 3.519. Ogni quattro bambini che nascono, ancora oggi, uno viene abortito: dato allarmante, che non ci aiuta per niente a contrastare il triste fenomeno della denatalità ligure. Tutto questo per dire che potrebbero essere anche buoni e utili i propositi della Regione Liguria che, oltre al provvedimento per il sostegno economico alle famiglie con il quarto figlio al seguito, da qualche giorno si è impegnata pure per una migliore applicazione della Legge 194/78. L’assessorato alla Sanità ligure attraverso la valorizzazione della attività dei consultori familiari, intendesostenere e rinforzare l’attività stessa dei consultori, garantendo l’apertura di spazi-adolescenti in numero e in orari adeguati, prevedendo l’offerta a basso costo dei metodi contraccettivi per la fascia giovanile della popolazione e promuovendo infine attività di counselling e informazione sulla tutela della salute sessuale e riproduttiva per una procreazione responsabile. In tutto questo programma però manca qualcosa alla piena realizzazione dello spirito della legge 194/78 su cui concorda la maggior parte della gente comune; manca cioè una seria politica di “tutela sociale della maternità” come invece prevede l’articolo 1 della legge; manca cioè l’impegno concreto, materiale ed economico, per offrire strumenti efficaci che possano fornire valide alternative all’aborto e che incentivino alla procreazione cosciente e responsabile, garantendo di conseguenza anche un adeguato ricambio generazionale.

Siamo nel 2008, oramai in pieno terzo millennio: non è pensabile che una donna, in condizioni disagiate nel primo trimestre della sua gravidanza, in dubbio se interromperla o meno, per ragioni strettamente economiche, si debba rivolgere ai Servizi Sociali del Comune di appartenenza, per ricevere, nella migliore delle ipotesi, scarsi contributi da riscattare comunque a lunga scadenza o, peggio ancora, che venga inviata alla Caritas diocesana per approfittare di un urgente strumento di sostegno. Capita ad Albenga, comune di 25.000 abitanti, e non solo qui. I Comuni e la Regione devono rispondere all’impegno della Legge 194/78, come ha ribadito qualche giorno fa il Sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, che insieme a Paola Binetti sono intervenuti al convegno “Politiche per un contrasto all’interruzione di gravidanza nelle donne a rischio”, organizzato in Senato dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), dall’Osservatorio nazionale sulle abitudini sessuali e le scelte consapevoli e dall’Associazione degli operatori ospedalieri del settore (Aogoi).

Le Istituzioni facciano la loro parte anche in Liguria, e mentre non perdono tempo a stanziare capitoli di spesa per finanziare un ambizioso Centro giovanile ingauno piuttosto che per erogare un contributo, pari a 10 mln euro, per l’ internazionalizzazione delle imprese, si diano anche da fare per reperire i fondi necessari ad una seria tutela della maternità. In Liguria ce n’è bisogno, per tante ragioni: la più scontata, per garantire un ricambio generazionale attualmente in perdita e per contrastare la triste “previsione istat” sulla variazione percentuale della popolazione tra il 2005 ed il 2025 dove si evidenzia, per l’intera regione Liguria, un valore in meno pari quasi all’11%, che tradotto in numeri vorrebbe dire da 1.610.134 di ieri a 1.433.019 persone nel 2025, perdita troppo negativa per il futuro della nostra terra.




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