Rileggere l’umano a partire dal divino

di Giovanna Abbagnara

Giovanni Paolo II, nel suo pontificato approfondisce il senso della dottrina dell’Humane vitae, ritornando sul tema a lui caro: la responsabilità procreativa.

Domenica 5 gennaio 1969 “L’Osservatore Romano” pubblicò in prima pagina un ampio articolo del cardinale arcivescovo di Cracovia che – a distanza di cinque mesi – rileggeva e spiegava l’enciclica di Papa Montini.  Il persistente magistero petrino non impedisce  a Giovanni Paolo II di affrontare il tema della paternità responsabile in modo nuovo e  brillante. L’enciclica Humane Vitae parte dai principi per arrivare alle conclusioni. Giovanni Paolo II invece fa appello all’esperienza per poi trarre le conclusioni. Evidentemente questo approccio è più attraente per la mentalità del nostro tempo. La sua visione originale della Scrittura e la sua teologia del corpo, in cui la sessualità è presentata  al servizio dei rapporti umani, fecondi e duraturi, in cui solo attraverso l’atto unitivo di un uomo e una donna nel matrimonio essi giungono ad una nuova consapevolezza di chi sono, ha certamente contribuito al gradimento delle indicazioni magisteriali contenute nell’enciclica di PaoloVI.  L’enciclica Humanae Vitae contiene non solo evidenti ed esplicite norme concernenti la vita matrimoniale, la conscia paternità e la giusta regolazione della natalità, ma attraverso queste norme indica anche i valori,  un aspetto questo molto caro al pontefice Wojtyla, consapevole che la gerarchia dei valori proposta dall’enciclica si dimostra essenziale e decisiva per tutto il problema della paternità responsabile. Se per risolvere il problema non si può capovolgere questa gerarchia e non si può mutare il giusto ordine dei valori. Se si sceglie di  partire da aspetti parziali e non invece “dalla integrale visione dell’uomo e della sua vocazione” si rischia una inversione e mutamento dei valori.

Fedele al suo predecessore, il papa Giovanni Paolo II, approfondisce il senso della dottrina dell’Humane vitaedando ancora una volta al suo pontificato un volto umano. La Chiesa è responsabile della difesa dell’integralmente umano e l’enciclica si riferisce a questa responsabilità, al di là delle incomprensioni  e delle critiche, in essa è in gioco la difesa dell’umano in una delle dimensioni essenziali.

La regolazione delle nascite – spiega nel gennaio del 1981 – può essere considerata adeguatamente solo nel contesto più ampio del disegno di Dio per la famiglia e per la creazione di una nuova vita. Il Papa non perde occasione per affermare che la procreazione responsabile è uno dei punti essenziali della dottrina cristiana sul matrimonio. Ma la sua non è una voce rivolta solo agli sposi, egli con la sua forza morale parla agli uomini di scienza, ai responsabili pastorali, agli insegnanti. Per il papa della teologia del corpo, per il papa della vita approfondire le ragioni dell’insegnamento contenuto nell’Humanae vitae e nella Familiaris Consortio è uno dei doveri più urgenti. Tale insegnamento consiste nella difesa della verità intera dell’amore coniugale, poiché di questo amore esprime le imprescindibili esigenze… “quando il vostro insegnamento è fedele al Magistero della Chiesa, voi non insegnate qualcosa che l’uomo e la donna non possano capire […] scoprire le ragioni del Magistero della Chiesa, non significa forse che volete avere sempre più chiare le vie su cui condurre gli sposi alla verità profonda di sé stessi e del loro amore coniugale?” (Allocuzione 3 luglio 1982). In diversi interventi e rivolgendosi a diversi interlocutori il Papa segnala l’uno o l’altro elemento di questa dottrina costante a quanti si occupano di procreazione responsabile. E avverte che parlare di “conflitto di beni” nella composizione tra la trasmissione della vita e l’amore coniugale non è moralmente corretto e genera confusione. Quanto è stato insegnato dalla Chiesa sulla contraccezione non è materia su cui discutere liberamente tra teologi. Insegnare il contrario equivale a indurre nell’errore la coscienza morale degli sposi

Le parole del Papa riflettono una conoscenza realistica del problema del rifiuto della dottrina di Paolo VI “per ragioni di coscienza”. Ed è consapevole che l’esitazione o il dubbio circa la norma morale insegnata nellaHumanae Vitae ha coinvolto anche altre fondamentali verità di ragione e di fede. Giovanni Paolo II avverte del pericoloso stato di chi “non tiene conto di ciò che il Magistero insegna, equiparandolo a qualunque altra forma di conoscenza, costituendosi suo proprio giudice e nel dubbio segue più la propria opinione. La regolazione naturale della fertilità ha un carattere morale contenuto nella verità dell’amore umano nel piano divino. L’orizzonte morale della regolazione naturale della fertilità è quello della castità coniugale. La cultura contraccettiva si oppone a questa pedagogia della vita umana. Si tratta di una deformazione della logica del dono propria dell’amore sponsale”. Il Papa pone questa problematica nella prospettiva del VI ciclo delle Catechesi, nell’ambito della riflessione delineato dalla antropologia di “Persona e atto”. E se Paolo VI con l’enciclica Humanae Vitae “obbedendo a Dio prima che agli uomini”, si fece interprete della verità integrale dell’uomo, difendendo il senso e la dignità dell’amore coniugale alla luce del progetto divino, laddove il principio di responsabilità è frutto della donazione generosa dell’amore coniugale. Giovanni Paolo II nell’enciclica Veritatis Splendor volle sottolineare “le esigenze obiettive della legge morale e la intrinseca relazione tra verità e libertà”.




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